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Cronache
Doping, Lamberto Boranga: "Ho visto colleghi prendere valanghe di Micoren"

Doping, l'ex portiere Lamberto Boranga racconta: "Ho visto colleghi prendere valanghe di Micoren"

Continuano le testimonianze di ex calciatori, che affermano di aver paura per la loro salute per aver preso, mentre erano nel pieno delle loro carriere, aiuti per ottenere delle migliori performance in campo. Al coro ora si è aggiunta la testimonianza di Lamberto Boranga, lo storico portiere di Serie A, ma anche dottore specializzato in medicina sportiva, cardiologia e medicina interna. L'ex giocatore parla di sostanze simili all’anfetamina chimica, creatina a fiumi e corticosteroidi e afferma di averle viste prendere ai suoi colleghi.

Il sito Open ha intervistato Lamberto Boranga, l'ex portiere classe 1942, spiega: "Ai nostri tempi si prendevano in continuazione pasticchine e pasticcone". Prima degli anabolizzanti (arrivati negli '80) era il Micoren la sostanza che veniva data regolarmente ai calciatori per aumentarne le capacità respiratorie: "Si tratta di un analettico respiratorio, in grado di aumentare l'atto respiratorio, aumentando così la resistenza. Ma il vero problema è quanto si sceglieva di acquisirne: alcuni giocatori prendevano anche 10 pasticche tutte insieme. Sta lì il punto. Di Micoren c'erano anche le gocce, se ne mettevano 10 sulla zolletta di zucchero. Il problema anche lì e che molti calciatori ne prendevano oltre 20 e 30. Quando giocavo a Brescia ho visto compagni che ne prendevano una valanga" ha quindi denunciato l'ex portiere e medico che ha poi ricordato come "l‘utilizzo smodato può avere effetti nocivi anche dal punto di vista epatico e del pancreas".


Mentre con l'arrivo di nuove sostanze dopanti (non inserite al tempo nella lista di quelle vietate dall'antidoping), la situazione è andata addirittura peggiorando, Lamberto Boranga racconta: "Lo stesso meccanismo riguardava anche la creatina: se è accertato che 3 grammi al giorno migliorano l’attività muscolare, 20 grammi cominciano a fare lo stesso effetto di un anabolizzante. Poi negli anni ’80, più o meno anche negli anni stessi di Vialli, arrivarono i corticosteroidi, molto usati: un gruppo di ormoni steroidei sintetizzati nella corteccia del surrene, diventati doping soltanto tempo dopo. Sono farmaci che attivano anche la parte del fegato e del pancreas. Il cortisone è un antinfiammatorio potente, che si somministra in maniera intra-articolare senza grossi effetti nocivi. Ma se si somministra intra-muscolo, come spesso succedeva, entra in circolo in maniera molto più pervasiva. Senza dimenticare il problema delle quantità" ha difatti aggiunto Lamberto Boranga finendo di dipingere l'inquietante quadro di ciò che avveniva negli spogliatoio delle squadre italiane tra gli anni '60 e la fine degli anni '80".


Lamberto Boranga ha raccontato delle dinamiche che c'erano dietro le somministrazioni di sostanze dopanti ai calciatori con la responsabilità che, secondo quanto raccontato da chi ha vissuto la vicenda in prima persona prima come calciatore e poi come medico, sarebbe stata dei preparatori atletici e delle società. "Alla base c'era l’incapacità del medico di tenere sotto controllo la situazione. Poi erano gli stessi calciatori che una volta percepiti gli effetti positivi di dosaggi standard sceglievano di prendere quantità del tutto arbitrarie e non certo al ribasso. Il medico viene nello spogliatoio, ti dice ‘questo ti fa bene', tu sei spesso ignorante, non hai un approccio di verifica anche delle controindicazioni e quindi assumi fin quanto pensi ti faccia bene. Ma in molti casi c’è da dire che erano i preparatori atletici il reale problema. Si ergevano a medici, aggirandosi nelle squadre quasi come santoni: 'Questo fa bene, prendine un po' di più. Spesso le società erano le prime a spingere affinché venisse dato 'qualcosina' agli atleti. 'Questi ragazzi li vedo un po' spenti, diamogli qualcosa', era una delle frasi più tipiche".

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Tags:
calciodopinglamberto boranga
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