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Cronache
Fase 3, gestione delle spiagge libere da parte dei Comuni: è caos

Fase 3, la gestione delle spiagge libere da parte dei Comuni

Con l’avvio della stagione balneare, se permangono le misure anti COVID19, per i Comuni sarà difficile gestire le spiagge libere. Per gli stabilimenti balneari, infatti, le linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive, adottate dalla Conferenza delle regioni e già recepite in tutte le aree del Paese, prevedono che l’accesso alle spiagge sia effettuato attraverso le prenotazioni, richiedendo l’obbligo di mantenere l’elenco delle presenze, per un periodo di 14 giorni.

Questo adempimento risulta gravoso per gli stabilimenti balneari e richiederà impegni e risorse che si trasferiranno sui costi dei servizi agli utenti e renderà più selettiva la possibilità di fruire di uno spazio agognato, in riva al mare.

Ma il vero problema, di difficile soluzione riguarda le spiagge libere che sono aperte al pubblico perché concesse in gestione ai Comuni, sui quali, quindi, graverebbe l’onere dei controlli.

In teoria, se applicassimo alla lettera le disposizioni vigenti, ogni Comune dovrebbe organizzare un servizio di prenotazione per l’accesso alle spiagge libere, verificarne l’accesso e conservare l’elenco dei bagnanti. Ma sappiamo bene che gli enti locali non dispongono di un numero adeguato di operatori di polizia locale (i cosiddetti vigili urbani), tanto da non riuscire nemmeno ad assolvere i compiti istituzionali. E forse non tutti sanno che eventuali altri soggetti volontari, ammesso che siano disposti senza alcun compenso a rimanere tutto il giorno a presidiare l’accesso a una spiaggia libera, non avrebbero alcun potere, né di ordinare, né di vietare e tanto meno di richiedere l’esibizione di documenti. Quindi chiunque potrebbe accedere liberamente, fornire generalità di fantasia e adottare comportamenti in modo arbitrario.

E’ per questa ragione che le linee guida della conferenza delle regioni affermano che, limitatamente alle spiagge libere, bisogna fare ricorso a informazioni adeguate e alla responsabilizzazione individuale dei frequentatori. Che non vuol dire che chiunque possa fare come crede, né che i Comuni non abbiano alcun ruolo da esercitare. Ogni Comune, infatti, è tenuto ad apporre cartelli che informino sulle prescrizioni, soprattutto riguardo alla distanza interpersonale e al divieto di fare attività ludiche che possano comportare assembramenti, come le partite di pallone o di volley beach.

Qualche Comune ha scelto, a proprie spese, di attivare sistemi di prenotazione e tracciamento della presenza nelle spiagge, anche con l’utilizzo di una app. In questo caso c’è da augurarsi che siano adottati formalmente i provvedimenti opportuni per evitare che qualche bagnate possa rifiutarsi di rispettare indicazioni o prescrizioni che risultino non obbligatori.

Certamente l’organizzazione delle prenotazioni e la limitazione dell’accesso alle spiagge libere è una questione di non facile gestione per i Comuni che potrebbe risultare complessa da gestire o generare situazioni di conflitto o contenzioso. Basti pensare a cosa può succedere se, una volta attivato l’accesso selettivo solo ai prenotati, una spiaggia rimanga incustodita, anche solo per un po’ di tempo. Senza escludere i problemi che riguardano la identificazione di chi accede alla spiaggia o la limitazione nel numero per nuclei familiari numerosi o soltanto la complessa gestione dei dai personali di minori, per esempio amici dei figli, in assenza dei loro genitori.

Probabilmente è più semplice la soluzione, adottata da molti enti, che consiste nel presidio con il posizionamento di cartelli, con l’allestimento di segnali per il distanziamento nelle spiagge e con l’attivazione di controlli periodici. E perché i controlli abbiano senso debbo essere effettuati direttamente dai vigili, in grado di elevare contravvenzioni o di richiedere lo sgombero, in quanto pubblici ufficiali.

 

 

 

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