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Droni, gas urticanti e bombe sonore sulla Flotilla, Saverio Tommasi: "Vele in fiamme e cavi bruciati, ma non molliamo: arriveremo in Palestina"
Il racconto del giornalista Saverio Tommasi che si trova a bordo della barca Karma

Flotilla sotto attacco, l'intervista al giornalista Saverio Tommasi
“Questa notte eravamo tutti svegli e l'abbiamo passata guardando il cielo. Era un cielo meraviglioso, con un sacco di stelle cadenti, e fin qui tutto bene. Però non c’erano solo le stelle cadenti: era zeppo di droni. Ed era il motivo per cui noi abbiamo passato la notte con gli occhi rivolti in alto”. Queste le parole di Saverio Tommasi, giornalista di Fanpage, che ad Affaritaliani racconta la notte di paura che ha vissuto dopo che la Flotilla, la nave diretta verso Gaza, è stata colpita da innumerevoli droni e gas urticanti.
“I droni erano tanti, incalcolabili, continuavano a girare; talvolta si fermavano sopra le barche e, in almeno 11 casi, hanno lanciato delle bombe cosiddette sonore. Queste bombe sono sì sonore, ma non sono solo, in quanto mirano a procurare danni strutturali alle imbarcazioni, in particolare ai cavi di acciaio che sorreggono l’albero maestro, che a sua volta regge le vele e permette la navigazione", continua Tommasi.
“Queste bombe sonore hanno effettivamente provocato dei danni, bruciando in parte le vele e alcuni cavi d’acciaio, però non sono riuscite a intaccare la stabilità degli alberi maestri. La navigazione è stata molto rallentata durante la notte. Da questo punto di vista, purtroppo, hanno raggiunto il loro obiettivo. Abbiamo ripreso a navigare con le prime luci del giorno", sottolinea Tommasi. Che poi aggiunge: "Oltre alle bombe sonore, ci sono stati anche attacchi con materiale urticante non identificato, segnalati da diverse barche. La nostra barca - io sono sulla barca Karma - non ha subito attacchi diretti.”
Alla domanda se avesse provato paura e quale fosse il clima a bordo, Tommasi dichiara: “Il clima era di paura ragionata. ‘Non avere paura’, diceva un partigiano fiorentino, ‘è da imbecilli’, perché la paura ti deve stare addosso come il coraggio. Perciò certo, abbiamo avuto un po’ di tensione e di paura - e l’abbiamo anche ora, che pure non abbiamo i droni sopra - ma sappiamo qual è la situazione. Sappiamo che sarà un’escalation, cioè un peggiorare della situazione. Però è una paura, appunto, ragionata: sapevamo di andare in una situazione complicata".
"Non vogliamo essere né martiri né eroi, e non lo siamo assolutamente, sottolinea ancora il giornalista, però proviamo, fin quando è possibile, a continuare a navigare, non dimenticando il motivo per cui noi ora siamo qui, sia io come giornalista di Fanpage e sia le persone più direttamente attiviste. La nostra missione è chiara: arrivare in Palestina, aprire un corridoio umanitario e portare anche simbolicamente i primi aiuti umanitari non dipendenti dalle scelte di Israele. E poi, in questa maniera, aprire davvero un varco navale per rifornimenti alimentari e medici necessari”, conclude Tommasi.