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Garlasco, la difesa di Sempio: “L’impronta 33 è solo sudore, non sangue”
I consulenti dei legali di Andrea Sempio depositano le loro conclusioni nell'ambito dell'incidente probatorio. L'analisi dell'impronta 33

“È solo sudore, non sangue”: la difesa di Sempio sull’impronta 33
Prosegue l'incidente probatorio in seguito alla riapertura del caso sull'omicidio di Garlasco, il delitto del 13 agosto 2007 costato la vita a Chiara Poggi. Anche l'impronta sul muro che porta al seminterrato della villetta di via Pascoli attribuita ad Andrea Sempio aò centro delle analisi nell'ambito della nuova inchiesta a carico dell'amico di famiglia. Ma dopo le analisi della spazzatura dell'ultima colazione, quelle sul tappetino del bagno e sul dispenser del sapone, resta ben poco da analizzare per cercare eventuali nuovi colpevoli, visto che per quel delitto è stato condannato a 16 anni Alberto Stasi. Tutto adesso si concentra sulle tracce sotto le unghie di Chiara, il tentativo di difendersi dal killer è l'ultima e decisiva carta nelle mani degli inquirenti.
Secondo la difesa di Andrea Sempio, la cosiddetta impronta “33”, rinvenuta sul muro della scala che conduce alla cantina dove è stato trovato il corpo di Chiara Poggi, non rappresenterebbe una traccia ematica, bensì un segno lasciato dal sudore a seguito di un normale contatto fisiologico. A dichiararlo sono Luciano Garofano e Luigi Bisogno, i due esperti incaricati di supportare la strategia difensiva dell’indagato, in un’integrazione alla perizia depositata oggi. Essi hanno ribadito la loro opposizione alle conclusioni raggiunte dai periti della Procura, che attribuiscono l’impronta 33 proprio a Sempio. I legali di quest’ultimo, Massimo Lovati e Angela Taccia contestano la ricostruzione dell’accusa, evidenziando come la macchia possa originare solo da sudore e non da sangue, in contrapposizione a quanto affermato dai consulenti nominati dal pubblico ministero.
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Parallelamente sarà molto difficile - riporta Il Giornale - ritrovare i dati grezzi prelevati nel 2007, potrebbero essere stati distrutti come altri reperti dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi. Tuttavia, la genetista Denise Albani, che ha avuto l'incarico dal gip nell'ambito dell'incidente probatorio vuole andare a fondo della questione e non vuole limitarsi a rivalutare i grafici che sono presenti nella perizia del 2014 ma sta cercando di ottenere i dati grezzi estratti dal perito nel 2007.