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Cronache
Messina Denaro, tra pizzini e vecchi racconti: strane coincidenze
Matteo Messina Denaro

Messina Denaro e i pizzini ritrovati nella sedia a casa della sorella

Rosalia Messina Denaro, la sorella del boss ex latitante, aveva nascosto il “Padre di tutti i pizzini” nell’incavo di una sedia di casa sua. È stato proprio lì che i carabinieri –penetrati per mettere una cimice- lo hanno trovato il 6 dicembre 2022 e grazie ad esso hanno capito come si stava muovendo il boss e poi lo hanno catturato.

La vicenda è già troppo nota per raccontarla ulteriormente. Ma una cosa non è stata notata è che questa storia ricorda stranamente un racconto di Edgar Allan Poe che si chiama La lettera rubata. Poe è conosciuto come uno scrittore del terrore ma in realtà scrisse anche dei racconti polizieschi, molto interessanti. Anzi fu un iniziatore di un genere che ha ancora molto successo.

Poe nacque a Boston e per mantenersi fece vari lavori tra cui appunto lo scrittore, il giornalista, l’editore ma anche il militare. La lettera rubata è un racconto poliziesco che fu studiato pure da Freud per i suoi profondi risvolti psicologici relativi alla personalità.

La storia si svolge a Parigi nell’Ottocento in una piovosa serata invernale, dove il protagonista della vicenda, il cavalier Auguste Dupin si trova a fumare la pipa con un suo amico quando entra un suo conoscente, un prefetto di polizia che racconta loro una storia e chiede loro aiuto. Si tratta del furto di una lettera molto compromettente da parte di un ministro francese, identificato stranamente proprio con “D.”, l’iniziale di Denaro, una ulteriore coincidenza che rende ancora più coinvolgente la vicenda.

Questo ministro riesce a sottrarre la lettera proprio davanti agli occhi del destinatario impossibilitato ad intervenire per la presenza di una terza persona, molto influente, che non deve conoscerne il contenuto. Tale lettera era assai lesiva dell’onore di una nobildonna molto vicina alla corte e il possesso di tale lettera conferiva un grande potere di ricatto allo stesso ministro che lo aveva cominciato a sfruttare politicamente.

Si sa che la lettera deve essere in casa del ministro ma mesi di perquisizioni accurate da parte del prefetto G. non portano ad alcun risultato, cosicché G. è disperato perché gli è stata offerta una forte somma per recuperarla e quindi si reca da un investigatore privato di sua conoscenza, appunto Auguste Dupin, che gli risolverà il caso.

L’investigatore ci pensa qualche giorno e poi chiede al prefetto di preparargli l’assegno promesso di 50.000 franchi. Il sorpreso poliziotto esegue immediatamente e si vede subito dopo consegnare la famosa lettera che lo stesso Dupin aveva recuperato con uno stratagemma. L’investigatore nel finale racconta dettagliatamente dove si possa nascondere in una casa una lettera che non si vuole fare trovare.

Lo fa studiando due tipologie di possessore: la prima di intelligenza semplice, la seconda di intelligenza elevata. Secondo Dupin una persona normale nasconderebbe la lettera proprio nell’incavo vuoto di una sedia ed infatti proprio questo il primo posto dove la polizia cerca documenti. Nel racconto di Poe la polizia parigina per mesi cerca la lettera in tutte le sedie della casa, utilizzando addirittura un microscopio per individuare eventuali tracce di polvere derivate da una trivella necessaria a scavare il legno. Tuttavia non trova niente.

Inoltre, il ministro viene anche “perquisito” per strada da finti ladri che sono in realtà degli agenti travestiti e anche sulla sua persona non viene trovato assolutamente nulla. Quindi il prefetto deduce che la lettera deve essere necessariamente ancora nella casa. Ed ha ragione. Infatti il diabolico ministro nasconde la lettera rubata dove –dice Poe- a nessuno verrebbe in mente di cercarla e cioè opportunatamente camuffata in un contenitore di fogli stropicciati, pizzini appunto, vicino alla porta di ingresso.

Dunque il finale della vicenda è diverso da quello che è accaduto nella realtà ma tutto il racconto verte proprio nella ricerca negli incavi delle sedie. Invero, non crediamo che se Rosalia Messina Denaro avesse nascosto il pizzino compromettente nel portacarte non sarebbe stato trovato subito dai carabinieri, ma magari qualche possibilità poteva pure esserci ed era stata prevista in un racconto del 1845 dal grande scrittore americano.

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