Cronache
Il Papa in visita a Torino: vicino ai disoccupati e cassaintegrati. "I migranti? Vittime"

La prima visita di Francesco a Torino da quando è diventato Papa inizia dall'immigrazione e dal lavoro, una visita di due giorni dal sapore particolare per Francesco perché nel capoluogo piemontese ci sono le sue radici famigliari. Nella chiesa di Santa Teresa infatti è stato battezzato suo padre. "L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’ inequità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce", ha spiegato il Papa iniziando dagli immigrati. Prima di pregare davanti alla Sindone - nessun discorso: resta a lungo in silenzio, il capo chino, nella penombra della cattedrale, poi si alza e rimane in piedi a guardare la Sindone assorto - Francesco comincia la sua visita a Torino incontrando il mondo del lavoro, in Piazzetta Reale. In prima fila lo ascoltano il sindaco Piero Fassino e Sergio Marchionne. "In questa situazione, che è globale e complessa, non si può solo aspettare la ripresa. Il lavoro è fondamentale! Ci vuole coraggio!". Bergoglio ascolta il racconto di un imprenditore tessile, di un’operaia e di un agricoltore. "Anzitutto esprimo la mia vicinanza ai giovani disoccupati, alle persone in cassa integrazione o precarie; ma anche agli imprenditori, agli artigiani e a tutti i lavoratori dei vari settori, soprattutto a quelli che fanno più fatica ad andare avanti".
L’intervento di Francesco è una summa del suo pensiero: "Il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e per l’inclusione sociale", dice. "Torino è storicamente un polo di attrazione lavorativa, ma oggi risente fortemente della crisi: il lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari". È a questo punto che parla anche di immigrazione. Niente guerre tra poveri, niente capri espiatori. Piuttosto, Francesco pronuncia quattro “no”, li sillaba uno ad uno: "Siamo chiamati a ribadire il “no” a un’economia dello scarto, che chiede di rassegnarsi all’esclusione di coloro che vivono in povertà assoluta, a Torino circa un decimo della popolazione. Si escludono i bambini: natalità zero!; si escludono gli anziani, e adesso si escludono i giovani: più del 40 per cento di giovani disoccupati! Quello che non produce si esclude a modo di usa e getta". E ancora: "Siamo chiamati a ribadire il “no” all’idolatria del denaro, che spinge ad entrare a tutti i costi nel numero dei pochi che, malgrado la crisi, si arricchiscono, senza curarsi dei tanti che si impoveriscono, a volte fino alla fame. Siamo chiamati a dire “no” alla corruzione, tanto diffusa che sembra essere un atteggiamento, un comportamento normale. Un “no” non a parole, con i fatti: no alle collusioni mafiose, alle truffe, alle tangenti e cose del genere". Quindi conclude: «Solo così, unendo le forze, possiamo dire “no” all ’inequità che genera violenza. Don Bosco ci insegna che il metodo migliore è quello preventivo: anche il conflitto sociale va prevenuto, e questo si fa con la giustizia".
Poi l'invito al mondo dell'imprenditoria: non ci si può limitare ad aspettare la ripresa. "Il lavoro è fondamentale – lo dichiara fin dall’inizio la Costituzione Italiana – ed è necessario che l’intera società, in tutte le sue componenti, collabori perché esso ci sia per tutti e sia un lavoro degno dell’uomo e della donna", scandisce Francesco. "Questo richiede un modello economico che non sia organizzato in funzione del capitale e della produzione ma piuttosto del bene comune". Francesco ha ascolta le testimonianze del mondo del lavoro. Filiberto Martinetti, imprenditore tessile con 200 dipendenti, viene applaudito dalla piazza quando racconta: "Molte sono state le offerte di produrre all’estero, alcune decisamente allettanti, ma francamente non potevo pensare di licenziare coloro che per tanti anni sono stati al mio fianco; di qui la scelta di rimanere in Italia andando certamente contro le logiche della finanza e dell’economia". Poi saluta Bergoglio nel dialetto dei suoi nonni: "Che nusniur al cunserva per tanti ani!". Un’operaia, Alexandra, un marito disoccupato "che ha imparato il ruolo del mammo", gli sorride: "Grazie Padre Santo per aver spesso sottolineato il lavoro della donna, i suoi ritmi, gli orari e il salario, unito al nostro compito di “regista” della nostra famiglia, che, con l’aiuto dei nostri mariti, svolgiamo con dedizione affrontando un giorno alla volta". Francesco la ascolta intento, poi riflette: "A proposito delle donne, i loro diritti vanno tutelati con forza perché le donne, che pure portano il maggior peso nella cura della casa, dei figli e degli anziani, sono ancora discriminate, anche nel lavoro".
Quella del lavoro è insomma "una sfida molto impegnativa, da affrontare con solidarietà e sguardo ampio", prosegue il Papa. "Torino è chiamata ad essere ancora una volta protagonista di una nuova stagione di sviluppo economico e sociale, con la sua tradizione manifatturiera e artigianale e nello stesso tempo con la ricerca e l’innovazione. Per questo bisogna investire con coraggio nella formazione, cercando di invertire la tendenza che ha visto calare negli ultimi tempi il livello medio di istruzione, e molti ragazzi abbandonare la scuola". Così Francesco conclude: "Oggi vorrei unire la mia voce a quella di tanti lavoratori e imprenditori nel chiedere che possa attuarsi anche un patto sociale e generazionale. È giunto il tempo di riattivare una solidarietà tra le generazioni, di recuperare la fiducia tra giovani e adulti". Senza scartare nessuno: "Una crisi non può essere superata, non se ne esce senza i giovani e gli anziani. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo".
