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Cronache
L'Esa manda nello spazio il primo astronauta disabile: non è una buona idea

L'Esa manda nello spazio il primo astronauta disabile: non è una buona idea

Ormai non ci si deve più meravigliare di niente. Una sorta di “stupidismo” mondiale ha avvolto il mondo, nello specifico la società Occidentale. Il fine è quello di ribaltare completamente qualsiasi tipo di valore o di ovvietà per il solo amore del sorprendere e trarne -possibilmente- dei vantaggi. L’ultimo caso è quello della nomina del primo astronauta disabile al mondo.

Infatti l’Agenzia spaziale europea (ESA) ha nominato –per la prima volta al mondo- “astronauta” una persona con disabilità e cioè il chirurgo britannico John McFall che ha una gamba amputata da 19 anni. Si tratta di un programma dell’ESA per studiare gli alloggi degli astronauti con disabilità. Nel 2021 era stato avviato il processo di selezione su 257 persone con disabilità per superare i test attitudinali. Il “parastronauta” inizierà la prossima primavera un corso di formazione di 12 mesi presso l’European Astronaut Centre di Colonia, in Germania.

David Parker, direttore dell’esplorazione umana e robotica dell’ESA, era apparso in TV tutto gongolante dichiarando: “Rappresentare tutte le parti della nostra società è una preoccupazione che prendiamo molto sul serio. La diversità all’ESA non dovrebbe riguardare solo l’origine, l’età, il background o il genere dei nostri astronauti ma forse anche la disabilità fisica. Per trasformare questo sogno in realtà, insieme al reclutamento degli astronauti, sto lanciando il Parastronaut Feasibility Project”.

McFall ha invece dichiarato: "Spero di poter essere di ispirazione per altre persone con disabilità, la scienza e lo spazio sono per tutti". Questi i fatti. Qualche considerazione è però d’obbligo. Premesso che la disabilità è un problema molto serio che merita il massimo rispetto è proprio in nome della serietà che sorge spontanea una domanda: ma sono impazziti tutti?

Già il discorso delle paraolimpiadi è –a mio parere- opinabile, ma ora addirittura mandare astronauti nello spazio è una vera pazzia. Ed il motivo è presto detto. Nello spazio, ma anche nell’alta competizione sportiva, occorrono doti meccaniche assolutamente superiori a quelle medie dell’uomo non disabile figuriamoci per chi invece –purtroppo- lo è. Vi sono rischi enormi alla incolumità propria ed altrui.

In realtà dietro a tutto questo c’è il solito politically correct che poi serve sempre a propagare qualche vantaggio per qualcuno che sfrutta la cosa. Ad esempio, in questo, caso l’ESA si fa un bel “disabledwhashing” cioè ci si “lava” nella disabilità come le aziende si “lavano” del verde con il famigerato “greenwashing”.

Così l’ESA ora pensa di fare bella figura nei confronti dell’opinione pubblica mondiale per drenare consenso e fondi magari per coprire i sostanziali fallimenti del suo programma spaziale che in decenni di cospicui investimenti pubblici ha portato ben poco ad esempio rispetto alla NASA. Quindi un’ESA arcobaleno punta stelle e soli, ma per ora resta a Terra un po’ come la Germania con la bocca tappata che poi perde con il peregrino Giappone.

In realtà occorrerebbe indignarsi per quello che è accaduto ed invece una visione superficiale del mondo, appunto dettata dal politically correct, porta esattamente al contrario.

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