Cronache
Mafia, sequestrato il tesoro di Riina: "Impone il suo volere dal carcere"

Ros: "Riina ha continuato a imporre il proprio volere dal carcere"
Mafia: sequestrato tesoro Riina, ville e conti per 1,5 mln
Colpo al tesoro del boss Toto' Riina. Carabinieri del Ros, coadiuvati da quelli dei comandi provinciali di Palermo e Trapani, hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo su proposta della Procura, nei confronti del capo di cosa nostra e del suo nucleo familiare per un valore complessivo di circa un milione e mezzo di euro. Le indagini patrimoniali condotte dal Ros costituiscono il completamento della piu' generale attivita' di contrasto condotta dai carabinieri nei confronti del potente mandamento mafioso di Corleone, uscito depotenziato negli ultimi cinque anni dagli esiti delle indagini "Patria", "All Stars" e "Grande Passo", e ha consentito di individuare e colpire il patrimonio occulto riconducibile a Salvatore Riina, alla moglie Ninetta Bagarella e ai figli, Giuseppe Salvatore, Maria Concetta e Lucia. Quest'ultima aveva chiesto recentemente al Comune di Corleone il bonus bebe' e i commissari glielo avevano negato provocando la sua risentita reazione. I beni, sequestrati nel giorno del 25esimo anniversario della strage di via D'Amelio, di cui Riina e' stato mandante, sono localizzati prevalentemente nelle province di Palermo e Trapani, e sono costituiti da tre societa', una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni di cui si e' accertata l'attuale disponibilita' da parte del capo mafia corleonese.
Punto cruciale dell'indagine patrimoniale e' rappresentato dalla evidente sperequazione tra i redditi dichiarati negli anni da Riina e dai suoi congiunti. In tale quadro, e' emersa la significativa e continuativa disponibilita' di denaro contante della famiglia, ed in particolar modo della moglie la quale, malgrado i molteplici sequestri di beni mobili subiti nel tempo ed a fronte dell'assenza di redditi ufficiali, e' riuscita a emettere nel periodo 2007-2013 assegni per un valore di oltre 42.000 euro a favore dei congiunti detenuti. Il sequestro comprende, inoltre, la villa di 5 vani a Mazara del Vallo in cui, in passato, nei periodi estivi Riina avrebbe trascorso la latitanza con il proprio nucleo familiare. Le indagini hanno ricondotto l'effettiva proprieta' dell'immobile, intestata a un prestanome, al capomafia il quale, dopo la sua cattura avvenuta nel gennaio del 1993, la cedeva al fratello Gaetano che l'ha occupata ininterrottamente attraverso un fittizio contratto di locazione. In passato, nel gennaio del 1984, Gaetano Riina aveva gia' subito la confisca dell'abitazione a lui intestata, in contrada Banno Miragliano di Mazara del Vallo, da parte del Tribunale di Trapani, nella persona del Giudice Alberto Giacomelli che proprio per questo motivo subi' la vendetta dei corleonesi che l'uccissero il 14 settembre 1988 e per il quale Salvatore Riina e' stato condannato all'ergastolo. Le intercettazioni hanno rivelato come l'abitazione oggetto dell'attuale sequestro fosse stata oggetto di disputa tra Gaetano Riina e la cognata, Ninetta Bagarella, che ne rivendicava la proprieta' per se' e i suoi figli. Il provvedimento si estende alle province di Lecce e Brindisi, ove sono stati localizzati i beni aziendali formalmente intestati ad Antonino Ciavarello, genero di Riina (Societa' a responsabilita' limitata Rigenertek, AC Service e Clawstek) tutte operanti nella vendita al dettaglio di autovetture e, stando agli esiti delle indagini patrimoniali, costituite, spiegano i carabinieri, con proventi illeciti. Infatti, l'esame incrociato della contabilita' di queste aziende ha evidenziato una sperequazione di 480 mila euro, immessi per lo piu' in contanti ed in numerose tranches nei patrimoni sociali senza alcuna giustificazione legale. Sottoposta ad amministrazione giudiziaria per sei mesil'azienda agricola dell'ente Santuario Maria Santissima del Rosario di Corleone. In particolare e' stata accertata l'ingerenza di Salvatore Riina e della sua famiglia nel controllo e nella gestione di un vasto appezzamento di terreno del santuario, esercitati inizialmente attraverso Vincenzo Di Marco, storico giardiniere e autista del nucleo familiare di Riina e dal 2001 per il tramite del figlio,Francesco Di Marco.
Ros, Riina ha continuato a imporre il proprio volere
Le dinamiche attorno alla gestione dei beni del capomafia Toto' Riina, colpito oggi da un sequestro del Ros, per i carabinieri "rappresenta un ulteriore elemento sintomatico di come l'anziano e malato capo di Cosa nostra, nonostante la lunga detenzione, sia riuscito nel tempo ad imporre il proprio volere riguardo dinamiche criminali non solo interne al mandamento di Corleone, ma anche nei piu' generali assetti di Cosa nostra".
Le mani anche su azienda Santuario Corleone
Nell'ambito dell'operazione dei carabinieri del Ros che ha fatto scattare i sigilli ai beni di Toto' Riina e della sua famiglia, il Tribunale di Palermo, contestualmente al sequestro, ha sottoposto ad amministrazione giudiziaria l'azienda agricola dell'ente Santuario Maria Santissima del Rosario di Corleone. In particolare e' stata accertata l'ingerenza di Salvatore Riina e della sua famiglia nel controllo e nella gestione di un vasto appezzamento di terreno del santuario, esercitati inizialmente attraverso Vincenzo Di Marco, storico giardiniere e autista del nucleo familiare di Riina e dal 2001 per il tramite del figlio,Francesco Di Marco. Le indagini hanno posto in luce l'irregolare gestione dell'azienda agricola, di fatto amministrata per conto della famiglia Riina alla quale spettava ogni decisione sia sull'utilizzo dei terreni che sulla distribuzione delle rendite, esautorando il legale rappresentante dell'azienda. Per tali motivi e' stata disposta l'amministrazione giudiziaria per sei mesi allo scopo di consentire la rimozione degli ostacoli al libero esercizio delle attivita' aziendali depurandole dalle infiltrazioni mafiose. Decisivi riscontri in tal senso sono stati ricavati dagli esiti delle indagini della Compagnia Carabinieri di Corleone che, nel 2012, ha documentato l'esistenza di una controversia per la gestione di tali terreni tra il figlio del capo mandamento, Leoluca Lo Bue, e Francesco Di Marco che aveva costretto quest'ultimo a rivolgersi prima a Giuseppe Salvatore Riina e successivamente alla madre Antonina Bagarella. La questione, dopo un lungo e aspro confronto, era stata risolta a favore di Di Marco, rimanendo vincolante l'iniziale decisione di Salvatore Riina che il capo mandamento pro-tempore Rosario Lo Bue non si era permesso di modificare.