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Cronache
"Manipolata, seviziata e violentata", parla la vittima dello psichiatra romano

La vittima dello psichiatra romano Cogliati-Dezza rilascia un'intervista con rivelazioni choc: "Mi legava, mi picchiava con un bastone, mi obbligava a rapporti sessuali estremi"

È apparsa sulle maggiori testate nazionali l'intervista rilasciata dalla vittima dello psichiatra romano Cogliati-Dezza, condannato all’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno, alla sospensione dell’esercizio della professione medica, nonché dai pubblici uffici per cinque anni. Per l’imputato, il pm Alessia Natale aveva chiesto una condanna a sei anni e mezzo di reclusione. Alla fine è stato condannato a 4 anni e 6 mesi.

Stefano Maria Cogliati-Dezza era finito ai domiciliari nel febbraio 2022 con l’accusa di violenza sessuale sulla giovane paziente. Lei ai pm aveva raccontato: "Una volta ha cominciato a chiedere di spogliarmi, per vedere come dimagrivo. Mi faceva togliere la maglia e il reggiseno, ma a villa Giuseppina non mi ha mai fatto togliere le mutande perché c’erano le suore. Mi poteva fare quello che voleva, purché dimagrissi. Però speravo che la smettesse, non dormivo la notte, ho tentato anche il suicidio". 

La terapia dimagrante e la sudditanza psicologica

La terapia dimagrante per la giovane, in una prima fase aveva funzionato. La ragazza aveva perso peso ma in realtà il medico l'aveva spinta fin da subito a una sudditanza psicologica nei suoi cofronti, costringendola a rapporti sessuali estremi e dolorosi, con frustate e cera calda sulla schiena, tanto da spingerla, poi, a sottoporsi a una terapia per abbassare la soglia del dolore, che lui stesso le somministrava. Sarebbe andata avanti così per mesi, fino a quando la 27enne ha deciso di raccontare tutto ai genitori e denunciare.

Nel 2019, la vittima, che comincia la terapia per risolvere i problemi di peso, ha 25 anni è affetta anche da un disturbo bipolare e spera che Cogliati Dezza, già direttore sanitario della casa di cura Villa Giuseppina, dal 2014 convertita dalla Regione Lazio in struttura residenziale psichiatrica, trovi una soluzione.

Leggi anche: La denuncia choc di una modella: "Drogata e obbligata a prostituirmi"

La ragazza comincia a prendere dei farmaci e perde peso. Ma proprio per questo risultato importante sviluppa un legame di soggezione nei confronti del medico. L’uomo ne approfitta: la lega al letto, la benda, la frusta, le versa cera bollente sulla schiena. I dolori provocati dalle pratiche estreme spingono Cogliati-Dezza a sottoporre la paziente a una terapia di iniezioni per abbassare la soglia del dolore. La relazione patologica con il medico, secondo la ricostruzione dell’accusa, è andata avanti da dicembre 2019 a ottobre 2020.

Per due volte ha tentato il suicidio ed è stata ricoverata, dopo avere trovato il coraggio di sottrarsi a quel medico che anziché aiutarla a superare i problemi, la violentava e l’ha resa dipendente dalle benzodiazepine. 

Il racconto della vittima dello psichiatra romano Stefano Maria Cogliati-Dezza

"Tutto è cominciato per via del mio maledetto peso. Da anni soffrivo e soffro di disturbi alimentari. All’epoca pesavo 85 chilogrammi. Mi vergognavo del mio corpo e non volevo uscire di casa, ecco perché ho deciso di andare da uno psichiatra", racconta la ragazza.

Alla domanda sul perché non ha pensato ad un nutrizionista, risponde: "Per me era una questione psicologica, il mio peso dipende anche dalla testa. Io avevo anche tentato il suicidio, mi vergognavo a tal punto che non avevo altri pensieri. Ero ossessionata. Mi alzavo per mangiare anche di notte". 

"Sono andata da Cogliati-Dezza perchè è uno psichiatra molto conosciuto, tutti ne parlavano bene. Non avevo motivo di dubitarne". 

"Andavo una volta al mese. Il professore mi aveva promesso che sarei dimagrita, e in effetti in pochi mesi sono arrivata a 55 chili scarsi. Non facevo diete ma mi dava dei farmaci. Il problema è che sono passata da essere sovrappeso a quasi anoressica. Il mio corpo cambiava e questo mi aveva reso completamente dipendente dal dottore".

"Da subito è stato un approccio sessuale, anche se io non lo avevo capito. Mi faceva spogliare completamente, mi toccava e mi chiedeva costantemente delle foto per vedere i miglioramenti e il dimagrimento del mio corpo. Facevamo anche delle videochiamate e lui mi incentivava a dimagrire. I primi appuntamenti erano a Villa Giuseppina, gestita da suore e poi in uno studio a Prati". 

"Dopo poco lui mi diceva che era una cosa tra me e lui e che io non dovevo dire niente a nessuno. Mi faceva cancellare anche tutti i messaggi che ci inviavamo. Inizialmente erano rapporti orali poi ha cominciato a legarmi e a picchiarmi con un bastone".

"Tutto avveniva sempre nel suo studio. Aveva una stanza con un letto dove mi legava. Aveva molta dimestichezza con i nodi e le legature, si vedeva che non erano improvvisate. Poi mi colpiva col bastone. All’inizio io mi lamentavo perché mi faceva male e allora ha iniziato a farmi delle punture. Non so affatto cosa mi abbia iniettato. So che tornavo a casa con dei lividi che cercavo in ogni modo di nascondere. Oltre alle percosse mi faceva colare della cera calda sulla schiena e mi pinzava con delle mollette in varie parti del corpo. Io gli chiedevo perché e lui rispondeva: vogliamo continuare a dimagrire? Io non avevo fissato un limite di peso. Mi ero completamente affidata a lui, tanto che spesso mi faceva fare sedute extra".

Il racconto delle violenze ai genitori e la denuncia

"Più volte avevo provato a dire ai miei genitori che non volevo più andare, ma loro, ignari di quello che accadeva, non capivano e io non avevo la forza di svelare nulla. In quel periodo ho continuato ad avere pensieri suicidi. Un giorno, però, si sono accorti dei lividi che avevo sulle gambe e sulle braccia. Inizialmente avevano pensato a qualche brutta malattia del sangue. Quando la situazione è diventata insostenibile, mi volevo suicidare. Aveva detto che voleva appendermi a un gancio. Io ho avuto tanta paura. Era un’escalation di violenza esagerata. E allora ho raccontato tutto a mio padre".

"Non mi sono opposta perchè lui era il mio psichiatra, pensavo: chi mi avrebbe aiutata e curata se lo avessi lasciato?".

"Adesso la situazione è ancora molto difficile, non sono uscita dalla dipendenza da benzodiazepine. A Roma non ci sono centri per disintossicarsi. Ma sono soddisfatta della sentenza. Penso che una condanna a quattro anni e mezzo sia equa. È emersa la mia dolorosa verità". 

 

 

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