‘Ndrangheta, mani su hotel ligure. “Ho la mafia sotto casa, anzi dentro"
Dall'estorsione fino alle acquisto delle quote societarie: ecco come la ‘Ndrangheta si prende le imprese
Prima le estorsioni poi l’usura, fino a comprare tutte le quote societarie dell’hotel: era così che il clan ‘ndranghetista di Desio (in Brianza) metteva le mani sul turismo, in particolare sull’hotel del Golfo a Finale Ligure. La ricostruzione della vicenda è contenuta nell’ordinanza in cui il gip di Milano, Guido Salvini, ha disposto l’arresto di Alfonso Pio (figlio di Domenico Pio, considerato il capo clan della locale della cittadina brianzola, già coinvolto nella maxi operazione Crimine Infinito), rampollo che puntava ad allargare i confini. Ad essere arrestati anche gli emissari Ezio Scirea, ex promotore della Banca Mediolanum, e Omar Petrocca, insieme a Francis Kelemen, rumeno. Anche in Romania, infatti gli interessi dalle famiglia di ‘Ndrangheta si allargavano per riciclare i proventi delle scommesse online, ed è proprio da un’indagine per frode fiscale nel paese dell’Est Europeo che questa operazione prende le mosse.
La vicenda dell’Hotel del Golfo comincia con un’estorsione da 450 euro al mese, riscattata proprio da Alfonso Pio, che in uno degli episodi più importanti intercettati dagli investigatori della polizia postale si adira perché, arrivato nell’hotel del Ponente Ligure, alla reception gli vengono chiesti i documenti: “Ma lei come si permette? Lei sa che le quote qua sono mie? Lei come si permette di chiedere i documenti?” minaccia l’impiegata. Il boss aggiunge che “prenderà provvedimenti e che basterà un giorno solo per far capire al personale come far funzionare le cose”, perché è convinto di poter essere la persona giusta per risollevare le sorti dell’albergo”.
Approfittando della crisi economica che ha colpito la struttura, la famiglia tentava infatti di inserirsi nell’amministrazione, minacciando uno dei soci per non farlo presenziare alle riunioni e far cadere così il numero legale, per poi offrire un prestito, da restituire con le quote societarie stesse. Il minacciato ammette, al telefono, di non poter fare altro che sottostare alle pressione e di assentarsi così dalle riunioni amministrative: “Non posso venire, tengo famiglia”.
Le intercettazioni, dimostrano, a detta del giudice “l’ingerenza nell’attività, il potere di licenziamento o la capacità di disporre ordini ai dipendenti e dunque la supremazia nello svolgimento dell’attività quotidiana” da parte della mafia nell’albergo. E’ eloquente allora uno sfogo telefonico di uno dei soci che si sente pressato da Pio e che si dimostra preoccupato di avere a che fare “con gente pericolosa”: “Quando verranno a chiedermi della bancarotta, dirò che avevo i mafiosi alle spalle che mi premevano”...e ancora: “Mi sento minacciato, a me la famiglia”, “non voglio avere il mafioso sotto casa”...”qui addirittura dentro casa”.
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