Rosy Bindi: "Riina curato meglio in carcere che a casa" - Affaritaliani.it

Cronache

Rosy Bindi: "Riina curato meglio in carcere che a casa"

I video della relazione di Rosy Bindi alla Commissione Antimafia sul caso Riina

Riina "è lucido, interloquisce con il personale ospedaliero, svolge colloqui con i familiari e i suoi legali, legge le lettere che riceve e scrive". Così la presidente dell'Antimafia, Rosy Bindi, relazionando alla bicamerale sulla sua visita di ieri all'ospedale di Parma. "Totò Riina finora è sempre stato curato a dovere per la sua neoplasia, e ha sempre partecipato in videoconferenza alle sedute che lo riguardavano, dimostrando di aver mantenuto lucidità psichica e anche fisica" ha spiegato.

Rispondendo così alla Cassazione, la cui prima sezione ha accolto, per la prima volta, il ricorso del difensore del boss che chiede il differimento della pena o, in subordine, la detenzione domiciliare per il "diritto a una morte dignitosa". Sulla base di queste indicazioni, il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà decidere sulla richiesta, finora sempre respinta. Apertura, quella della Cassazione, che ha fatto insorgere le famiglie delle vittime. 

"Riina - prosegue Bindi - è stato e rimane il capo di Cosa Nostra ma perché tale rimane per le regole mafiose. Ha continuato a partecipare alle numerose udienze che lo riguardano dimostrando di conservare lucidità fisica e in qualche modo anche fisica. Conserva immutata la sua pericolosità concreta e attuale, è perfettamente in grado di intendere e volere, non ha mai esternato segni di ravvedimento".

"Mi sono recata ieri, senza avvertire le strutture interessate e ho chiesto ai vicepresidenti della Commissione Fava e Gaetti di accompagnarmi in questo sopralluogo. Si è potuto constatare che il detenuto con il quale si è preferito non interloquire era in sedia a rotelle, in buon ordine, con sguardo vigile: Riina si alimenta autonomamente è sotto osservazione medica e costantemente assistito da equipe infermieri".

"In relazione ai principi di diritto evidenziati dalla Suprema Corte, ho ritenuto doveroso che la Commissione verificasse se le strutture che ospitano il Riina siano adeguate a contemperare le esigenze di tutela della salute del recluso e del suo diritto a ricevere un trattamento non contrario al senso di umanità, con quelle, più generali, di tutela della collettività che invece impongono la detenzione carceraria del capomafia corleonese e, per di più, nel regime previsto dall'art. 41-bis. Del resto - ha osservato ancora Bindi -, la questione assume, in realtà, una ben più ampia portata in considerazione del fatto che molti dei detenuti al 41-bis condannati all'ergastolo, specie quelli a cui il regime speciale è stato applicato sin dalla sua entrata in vigore, sono invecchiati o destinati a invecchiare in ambito carcerario dove bisogna far fronte al loro naturale decadimento fisico spesso accompagnato dall'insorgenza o dall'aggravarsi di patologie mediche".