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Sgarbi, la legge del contrappasso e la forza del genio
La malattia non cancella il genio, lo rende solo più nudo

Sgarbi, la legge del contrappasso e la forza del genio
Vittorio Sgarbi è riapparso in pubblico dopo mesi di ricovero. Provato, debilitato, piegato. Eppure già la sua sola presenza ha fatto rumore. È la legge del contrappasso per un uomo che ha sempre vissuto al limite, senza freni, senza filtri, senza paura. Un uomo che ha incarnato il vizio e la virtù, la furia e la grazia, lo spergiuro e la poesia.
E allora diciamolo subito: a noi di Sgarbi non sono mai interessate le accuse, le maldicenze, gli improperi televisivi. Ci hanno divertito, al massimo. Perché dietro la rabbia, le scenate, i “capra, capra, capra!”, resta un personaggio unico, sublime, irripetibile. Un intellettuale vero in un Paese dove gli intellettuali si sono estinti o, peggio, si sono trasformati in funzionari del pensiero conforme.
Sgarbi ha sempre avuto quella strana miscela di strafottenza e competenza che manda in corto circuito i benpensanti: colto fino all’eccesso, incantatore d’aula e di platea, capace di alternare la furia dell’invettiva alla sincerità spiazzante di chi non ha nulla da nascondere. E oggi, nel momento della fragilità, ci accorgiamo che Sgarbi è ancora più autentico.
Perché la malattia non cancella il genio, lo rende solo più nudo. Forza Vittorio. Rialzati, insultaci, mandaci tutti a quel paese. Perché la gran parte di noi non ti merita e tu vali mille volte di più della mediocrità che ti circonda. E se qualcuno pensa di archiviare Sgarbi tra i soprammobili rotti della televisione italiana, se ne faccia una ragione: il genio non si archivia. Si ama, si odia, si sopporta. Ma non si spegne.