Silvia Romano e il lungo velo verde: "La sua conversione non è libera".ANALISI - Affaritaliani.it

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Silvia Romano e il lungo velo verde: "La sua conversione non è libera".ANALISI

L'antropologa della comunità somala di Milano: "Vorrei incontrarla". L'analisi sulla conversione di Silvia Romano

“La sua non è una scelta di libertà, non può esserlo stato in quella situazione. Scegliere una fede è un percorso intimo e bello, con una sua sacralità intangibile, che nulla ha a che vedere con la situazione drammatica e dolorosa in cui questa ragazza si è trovata”. Questo il punto di vista di Maryan Ismail riportato dal sito online Il Giorno, antropologa della comunità somala di Milano, che ha scritto una lettera via Facebook a Silvia Romano.

"In quelle condizioni non si può parlare di conversione cercata e scelta. E poi c’è da considerare anche altro". risponde in merito a una presunta costrizione alla conversione. "Attraversare la savana dal Kenya e fin quasi alle porte di Mogadiscio in quelle condizioni non è un safari da Club Mediterranee: è un incubo infernale, che lascia disturbi post traumatici non indifferenti". afferma sempre a Il Giorno.

Alla domanda sul lungo velo verde indossato da Silvia Romano risponde: “Non ha nulla di somalo, ma è una divisa islamista che ci hanno fatto ingoiare a forza. Noi abbiamo degli splendidi abiti tradizionali, colorati, bellissimi, non quell’abito verde. Soprattutto, insisto nel dire che Silvia non ha mai conosciuto la vera comunità somala. In mano ai suoi rapitori poteva soltanto muoversi con loro".

"Non ha visto il nostro Islam bellissimo - continua l'antropologa somala -  ha conosciuto l’Islam pseudo religioso che viene utilizzato per tagliarci la testa, quello dell’attentato di Mogadiscio che ha provocato 600 morti innocenti, che ha causato a Garissa 148 morti di giovani studenti kenioti solo perché cristiani. Questo è nazifascismo, è bestemmia verso Allah e tutte le vittime. Quando si parla del jihadismo islamista somalo, mi si riaprono ferite profonde che da sempre cerco di rendere una cicatrice positiva: ho perso mio fratello in un attentato, so quanto è stata crudele e disumana la sua agonia durata ore in mano agli Al-Shabaab. Questo mi rende ancora furiosa, ma allo stesso tempo calma e decisa nell’esporre le mie ragioni".

"Mi piacerebbe, se vorrà. Mi piacerebbe raccontarle la cultura della mia Somalia, matriarcale, di tradizioni femminili millenarie fatte di colori, profumi, suoni, canti, cibo, fogge, monili e abiti - aggiunge Maryan Ismail - Le racconterei di come siamo stati, prima della devastazione che abbiamo subito, musulmani sufi (la corrente più spirituale dell’Islam, ndr de Il Girono ) e pacifici, mostrandole il Corano di mio padre scritto in arabo e tradotto in somalo. Poi, se vorrà, potrà scegliere. Ma per davvero". ha concluso.