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Cronache
Stato-mafia: il ruolo di Scalfaro, 2 monsignori e i servizi segreti. Sentenza

Trattativa Stato-mafia, motivazioni della sentenza: aumentano i dubbi

Ennesimo nuovo capitolo dell'intricata vicenda relativa alla trattativa Stato-mafia. La Corte d'Assise di Palermo ha pubblicato le motivazioni della sentenza che ha portato all'assoluzione dei generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni, insieme all'ex senatore Marcello Dell'Utri. Ma di fatto ha aperto così - si legge sul Giornale - una nuova finestra su un periodo drammatico della storia recente d’Italia, la caduta della Prima Repubblica tra indagini giudiziarie e stragi di mafia. Spunta un ruolo diretto di Oscar Luigi Scalfaro, all'epoca dei fatti presidente della Repubblica, per accogliere le richieste che venivano dal mondo delle carceri. E non solo. L’intervento diretto del Capo dello Stato per utilizzare il mondo delle carceri per indirizzare l’inchiesta Mani Pulite, monitorando pentimenti e collaborazioni.

La cacciata del capo del Dap Niccolò Amato - si legge sulla sentenza e lo riporta il Giornale - fu "fortemente voluta dal presidente Scalfaro". Il capo del Dap fu il "capro espiatorio", "si dava in pasto una vittima sacrificale e al contempo si apriva la strada a un mutamento della politica carceraria, più attento ai diritti dei detenuti che alla difesa della collettività". Era quanto da tempo chiedevano i boss. Perché Scalfaro impose la svolta, assumendo un «ruolo propulsivo»? La sentenza offre tre spiegazioni in parte convergenti. C’erano le pressioni che venivano dal mondo dei cappellani carcerari, «strettamente legati a Scalfaro». C’erano gli interventi di due monsignori, Fabbri e Curioni, «legati ai servizi segreti». E c’era la pavidità personale del Presidente, cui era pervenuta una pesantissima lettera minatoria da parte di sedicenti parenti dei detenuti di Poggioreale, che aveva allarmato i responsabili della sicurezza del Quirinale.

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