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Cronache
Violenza sulle donne, Boldrini vs Feltri: lei critica il padre, lui la censura

Partiamo dall’inizio: la parlamentare Laura Boldrini ha un blog sull’Huffington Post, il giornale diretto da Mattia Feltri, figlio del più noto giornalista Vittorio Feltri che nei giorni scorsi aveva, di nuovo, sollevato un’ondata di indignazione con un editoriale in cui accusava di “ingenuità” la ragazza stuprata da Alberto Genovese, sottintendendo che se la fosse andata a cercare.

“Entrando nella camera da letto dell’abbiente ospite cosa pensava di andare a fare, a recitare il rosario? Non ha sospettato che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele?” scriveva della giovane, aggiungendo una “tirata d’orecchie” per i genitori e delle scusanti per lo stupratore: “Va da sé che drogarsi allontana dalla realtà e favorisce comportamenti riprovevoli. Ma è altrettanto vero che chi si incammina sulla pista della coca perde la coscienza e la capacità di autogestirsi”.

Poi è arrivato il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in occasione della quale Laura Boldrini aveva scritto un intervento per il suo blog sull’Huffington Post. Ieri pomeriggio, però, tramite i propri social, ha fatto sapere che “il direttore, Mattia Feltri, non ne ha autorizzato la pubblicazione. Sapete perché? Perché chiamavo in causa Vittorio Feltri, suo padre, che martedì firmava un articolo su Libero dal titolo: 'La ragazza stuprata da Genovese è stata ingenua', di fatto attribuendo, come avviene troppo spesso, anche alla ragazza la colpa dello stupro. Dunque un direttore di una testata giornalistica sceglie di non pubblicare un intervento per via dei suoi rapporti familiari. Ma è accettabile una cosa del genere? Per me no, non lo è.”

Subito sono iniziate le polemiche, tra chi sosteneva la parlamentare, chiamando quella di Mattia Feltri una vera e propria “censura” e chi difendeva Feltri perché in quanto direttore di un giornale ha il diritto di pubblicarci quello che vuole. È stata questa poi la linea di difesa adottata dallo stesso Feltri, che ha risposto nella serata di ieri alle accuse:

“Confermo quanto scritto oggi dall’onorevole Boldrini su Facebook: ieri ha mandato uno scritto per HuffPost che conteneva un apprezzamento spiacevole su mio padre Vittorio. Ritengo sia libera di pensare e di scrivere su mio padre quello che vuole, ovunque, persino in Parlamento, luogo pubblico per eccellenza, tranne che sul giornale che dirigo. L’ho chiamata e le ho chiesto la cortesia di omettere il riferimento. Al suo rifiuto e alla sua minaccia, qualora il pezzo fosse stato ritirato, di renderne pubbliche le ragioni, a maggior ragione ho deciso di non pubblicarlo. Al pari di ogni direttore, ho facoltà di decidere che cosa va sul mio giornale e che cosa no. Se questa facoltà viene chiamata censura, non ha più nessun senso avere giornali e direttori. Oltretutto l’onorevole Boldrini, come altri, su HuffPost cura il suo blog. Quindi è un’ospite. E gli ospiti, in casa d’altri, devono sapere come comportarsi”.

La risposta non è piaciuta a tutti, e qualche collaboratore ha deciso di mettere fine ai propri rapporti con il giornale, come per esempio Luca Paladini, il fondatore dei Sentinelli di Milano, tra le più seguite associazioni italiane per i diritti Lgbt+, che su Facebook ha scritto: “Sono consapevole di perdere una tribuna importante dove poter far conoscere i miei pensieri, ma la mia coscienza non mi permette di continuare a collaborare con una testata come Huffingtonpost.it che decide cosa pubblicare e cosa no in base ai gradi di parentela del suo Direttore”. O la psicologa Barbara Collevecchio, dell’associazione di ricerca in psicologia analitica Alba di Bologna e anche lei curatrice di un suo blog personale sull’Huffington Post, che ha fatto sapere: “Sono rimasta molto delusa e non invierò più articoli ad Huffington Post Italia, che peraltro rischiano di non essere pubblicati in quanto non condivido la sua scelta. Sono solidale a Laura Boldrini. Troverò chi vorrà pubblicarmi in libertà”.

Anche Michela Murgia, in passato più volte attaccata da Vittorio Feltri, si è espressa sulla questione con un tweet: "Io sto ancora cercando di capire dove sia il cosiddetto 'apprezzamento spiacevole su mio padre Vittorio' nella frase che Feltri voleva che Boldrini levasse dall'articolo". E aggiunge il termine tedesco "Fremdschämen", per esprimere vergogna.

Nel frattempo, Laura Boldrini ha reso pubblico integralmente sui propri social il pezzo che avrebbe dovuto uscire sul giornale di Feltri. Riportiamo qui lo stralcio incriminato:

“Una maestra di Torino le cui immagini intime destinate al fidanzato sono state fatte circolare dallo stesso, una volta diventato ex, provocandone il licenziamento dalla scuola, dopo essere stata esposta al pubblico ludibrio di un’intera comunità. Una diciottenne sequestrata e stuprata da un noto imprenditore nel suo attico di Milano, riuscita a scappare in strada salvandosi così, probabilmente, anche la vita. Un uomo che tenta di uccidere la moglie e la suocera, gravissime ora in un letto di ospedale, e che prova a suicidarsi prima di venire arrestato. Questo è successo solo negli ultimi giorni. 

Ho ripercorso la cronaca perché dobbiamo aver chiaro di cosa stiamo parlando: la violenza degli uomini sulle donne è una strage quotidiana. Una  “violazione dei diritti umani”, l’ha definita in passato il presidente Mattarella, centrando in pieno la gravità della questione: quella di uno sfregio inferto a tutta la società e alla democrazia. Oggi ne celebriamo la Giornata di contrasto voluta dall’Onu, ricordandone tutte le forme di manifestazione: da quella fisica a quella psicologica, dal femminicidio allo stupro, dalla violenza domestica allo stalking, dalla molestia all’odio in rete. Snoccioliamo dati, come sempre, sempre allarmanti. Ricordiamo le vittime, come sempre, sempre addolorati. Parliamo delle leggi, come sempre, sempre più convinti della loro bontà. Tutto giusto, tutto vero, tutto sincero. Ma restiamo, come sempre e ancora oggi, in difetto rispetto alla sfida più grande: realizzare una rivoluzione culturale, un cambio della mentalità collettiva, a partire dalla parità fra i sessi, in particolare fin dall’educazione delle bambine e dei bambini.

[...]  

Ed è parte, grande, del problema, rispetto a cui il ruolo dell’informazione è centrale. E mi riferisco polemicamente a quei giornali che fanno di misoginia e sessismo la propria cifra. Cosa dire del resto dell’intervento di ieri di Feltri su Libero, in cui si attribuiva la responsabilità dello stupro non all’imprenditore Genovese ma alla ragazza diciottenne vittima?

Purtroppo il sessismo, che alimenta la misoginia, è presente in ogni ambiente del nostro Paese e si manifesta in tante forme anche in quelle del linguaggio. Un sessismo radicato che viene giustificato e minimizzato come goliardia. Un grande fraintendimento, questo, che sottende il peggiore dei pregiudizi: quello di dare scarsa considerazione alla dignità della donna, che cerca di sminuirne facoltà e capacità. Ma il sessismo non è goliardia, è l’anticamera della violenza: ti dico ciò che voglio, ti sminuisco come mi pare e piace  perché tu non vali niente, dunque di te posso fare  ciò che voglio.

Questo accade in famiglia, sui posti di lavoro a tante, tantissime donne di fronte a questi atteggiamenti lesivi così come di fronte a battuta a sfondo sessuale si trovano a disagio ma abbozzano. Nel dibattito pubblico stiamo toccando il fondo: esponenti politici che augurano lo stupro alle avversarie o che le  insultano usando il peggiore sessismo;  parlamentari  che si rivolgono con espressioni volgari alle loro colleghe solo per avere seguito sui social.

Alimentare la gogna mediatica contro le donne che hanno un profilo pubblico non è normale, è una degenerazione. Non dobbiamo  abituarci a questa deriva".

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