Cronache
Omicidio Yara, la Corte d’Assise: Bossetti sta bene

In una pagina e mezza la Corte d’Assise di Bergamo ha bocciato senza mezzi termini l’istanza di sostituzione del regime di carcerazione con gli arresti domiciliari per Massimo Giuseppe Bossetti, presentata dagli avvocati del carpentiere di Mapello alla fine della scorsa settimana. La stroncatura, netta, è l’ottavo «no» sulla misura cautelare, ma stavolta il parere è firmato dagli otto giudici, presieduti da Antonella Bertoja, a latere Ilaria Sanesi, di fronte ai quali si celebra il processo per l’omicidio pluriaggravato di Yara Gambirasio.
L’istanza - si legge sul Corriere - è stata presentata venerdì, una settimana dopo la seconda udienza in tribunale e sei giorni dopo il presunto tentativo di suicidio in cella, reso noto alla stampa dall’avvocato Claudio Salvagni. Una circostanza mai confermata dal carcere che, unita alla consulenza di parte dello psichiatra Alessandro Meluzzi (leggi) su uno stato di «deflessione depressiva», viene citata a supporto dell’istanza per i domiciliari. Ma per la Corte d’Assise non c’è storia. «Non c’è riscontro alla consulenza — scrivono i giudici —. Il direttore del carcere e il comandante della polizia penitenziaria hanno escluso in radice ogni tentativo autolesionistico dopo l’ultima udienza e dopo il colloquio del Bossetti con la moglie, e anzi hanno testimoniato di aver raccolto lo sfogo dell’uomo, deluso dal comportamento della moglie ma per nulla incline a gesti anticonservativi».
La casa circondariale ha quindi messo nero su bianco che non è esistito alcun tentativo di suicidio, dopo l’udienza in cui il pubblico ministero Letizia Ruggeri ha parlato di due presunti amanti di Marita Comi, moglie di Bossetti. «Il diario clinico — prosegue la Corte — attesta le buone condizioni generali del detenuto, salvo qualche episodio di faringite, lombalgia e problemi connessi all’ernia inguinale, per cui è stato recentemente operato. In particolare, una perdita di peso si è registrata nei mesi successivi all’arresto, ma risulta ampiamente recuperata alla data del 5 novembre, quando il peso era di oltre due chili superiore a quello “d’ingresso” in carcere».
L’ordinanza passa poi alle condizioni psicologiche: «Né lo psicologo né lo psichiatra (del carcere, ndr) hanno mai segnalato problematiche tali anche solo da far sospettare un problema di compatibilità. Nel recentissimo passato sono stati anche sospesi i farmaci tranquillanti in precedenza utilizzati per dormire, e non risulta che siano stati né ripristinati d’autorità dai sanitari né richiesti dal detenuto . Alla visita psichiatrica di controllo del 6 luglio scorso l’imputato “si soffermava sul recente inizio del processo con conseguente stress avvertito come sostenibile, sonno riposato, non ritiene necessaria l’assunzione di terapia ansiolitica”».
Inoltre, il 22 luglio, nel giorno in cui ha incontrato Meluzzi, il carpentiere è stato visitato anche dallo psicologo di via Gleno (dove c’è il carcere), che l'ha descritto così: «Utilizza il colloquio per descrivere il vissuto emotivo relativo all’ultima udienza, durante la quale si è entrati nel merito di vicende che riguardano la moglie e che la moglie stessa avrebbe confermato a colloquio. Esplicita un tentativo di rielaborazione di quanto appreso anche grazie al confronto con la moglie. Esclude esplicitamente intenti autolesivi». «Nella sostanza — conclude la Corte d’Assise — non si è manifestato l’insorgere né di problematiche psichiche né di intenzioni anticonservative. E in un simile contesto non si ravvisano le condizioni né per accogliere de plano la richiesta di sostituzione della misura cautelare in atto, né per nominare un perito», ovvero uno specialista scelto dalla stessa Corte, su istanza dello stesso Meluzzi e degli avvocati. Anzi, secondo i giudici, proprio «il monitoraggio del carcere, rappresenta la massima garanzia per l’incolumità e la salute dell’imputato, rispetto a una “comunità di vita” come quella indicata nelle richieste».