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Culture
All'HangarBicocca “the eye, the eye and the ear”, la personale di Trisha Baga

“The eye, the eye and the ear”, a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli è la prima esposizione istituzionale in Italia di Trisha Baga, e raccoglie installazioni video e sculture in ceramica, in un percorso attraverso narrazioni sorprendenti e inusuali: dalla fantascienza alla popstar Madonna, da antiche leggende ai dispositivi digitali come Alexa Echo Dot

Trisha Baga, americana di origini filippine, tra le artiste e videomaker più innovative e attive della sua generazione, combina linguaggi e media differenti, attingendo dall’immaginario televisivo, da quello cinematografico e da filmati amatoriali per trattare temi come l’identità di genere, il rapporto tra mondo reale e digitale e l’evoluzione tecnologica, facendo emergere una diversa prospettiva della contemporaneità.    “the eye, the eye and the ear” riunisce cinque installazioni video che indagano la relazione tra il corpo e l’evoluzione della tecnologia visiva, ripercorrendo la produzione dell’artista, dal suo primo lavoro There’s No “I” in Trisha (2005-2007/2020), concepito come una sitcom televisiva che gioca con gli stereotipi di genere in cui Baga interpreta tutti i ruoli, alla più recente opera 1620 (2020) realizzata per l’occasione. Come una mise en abyme, la mostra è un percorso attraverso i media che hanno scandito la pratica di Baga, passando dal VHS, al DVD per arrivare al 3D, e affonda le radici nella sua pratica performativa. L’artista presenta inoltre una ricca selezione di ceramiche realizzate dal 2015 e sei lavori della serie Seed Paintings (2017), composti da semi di sesamo e da tavole di legno di diverse dimensioni. 

Il display della mostra rimanda agli allestimenti caratteristici dei musei di storia naturale, non solo nella presentazione delle opere, ma anche per un approccio classificatorio inconsueto che mette in relazione l’idea di fossile a dispositivi tecnologici, come gli assistenti personali virtuali, creando dei corto-circuiti temporali.  Con uno sguardo ironico e umoristico Baga riflette sull’eccessivo affidamento e sulle speranze che riponiamo nella tecnologia, rivelandone così gli aspetti più fragili e fallimentari.

Una mostra che spinge dunque a interrogarci sulla nostra contemporaneità, sui linguaggi da adottare e sulle sfide che ci attendono. Affaritaliani.it ne ha parlato con Marco Tronchetti Provera,  AD di Pirelli, che ha commentato: “La sfida della contemporaneità è quella di unire una società conflittuale, soprattutto nel mondo occidentale,  e cercare di fare leva sui valori comuni per dare crescita e benessere. Bisogna spingere sull’innovazione e usare la tecnologia con tutto il  suo potenziale per dare una migliore qualità di vita: può essere anche distruttiva ma sta a noi utilizzarla in modo adeguato. La sostenibilità è un altro tema che è al centro della vita di ognuno di noi, oggi lo è ufficialmente ma per chi lavora giorno e per giorno a contatto con la realtà il tema della sicurezza e dell’ambiente sono prioritari”. 

Il titolo “the eye, the eye and the ear”, frammenta i sensi attivi nell’esperienza di mostra, in cui gli effetti visivi replicano e richiamano quelli sonori dando vita a una narrazione che si evolve come un organismo vivente. 

I visitatori vengono accolti nello spazio espositivo da una scritta a muro, ORLANDO (2015-2020). Il testo è un estratto dalla prefazione del libro Half Mile Down del 1934 del naturalista e scienziato William Beebe e riproduce l’avvertenza sui possibili difetti di stampa del volume. Baga ha però sostituito alla parola “book” (libro) il termine “man” (uomo), dando vita a un paradossale scambio di identità tra essere umano e oggetto. L’opera funge così da dichiarazione sul progetto di mostra, mettendo in relazione il corpo umano con artefatti materiali e culturali ed evidenziando uno degli aspetti centrali della pratica di Trisha Baga. Come titoli di testa e di coda dell’esposizione, la scritta è riprodotta invertita anche all’uscita dello spazio dello Shed. 

Situato subito dopo l’ingresso alla mostra, il “corridoio geologico dell’evoluzione” dei manufatti della civiltà – come viene definito da Trisha Baga – si presenta come una raccolta di oltre trenta ceramiche, realizzate dall’artista dal 2015 a oggi. Cagnolini che sembrano sfingi in miniatura, figure della cultura pop, per esempio la drag queen e personaggio televisivo RuPaul, dispositivi elettronici e oggetti, come proiettori di diapositive o microscopi, sono i soggetti di queste sculture, che appaiono quasi fossilizzati nella ceramica e posti su plinti: elementi della vita quotidiana dell’artista e tracce del presente e del passato diventano ironicamente reperti da esporre nei musei. Fungono inoltre da alter ego e allo stesso tempo da contenitori per assistenti vocali digitali. 

Sul lato opposto Baga colloca la nuova opera realizzata in occasione della mostra in Pirelli HangarBicocca, 1620 (2020). Questa video installazione si ispira alla leggendaria Plymouth Rock, che rappresenta simbolicamente lo sbarco dei Padri Pellegrini e l’origine degli Stati Uniti d’America. Come dichiara l’artista: 1620 è un racconto impressionistico di fantascienza, in cui Plymouth Rock viene reimmaginata come una fonte di “narrative stem cells” (cellule staminali narrative) nelle mani di genetisti, che studiano i difetti radicati nella storia dell’America. Baga impiega il mezzo cinematografico per ripercorrere le vicende immaginifiche della mitica roccia e delle sue ripetute frammentazioni nel corso dei secoli, tracciando allo stesso tempo un parallelo storico-culturale con quelle del suo paese. 

Il centro dello spazio espositivo è dedicato a due installazioni che hanno avuto un ruolo determinante nel definire il lavoro di Trisha Baga, There’s No “I” in Trisha (2005-2007/2020), il suo primo video, e Madonna y El Niño (2010).

Nella prima opera un salotto, che sembra ricalcare il tipico set delle commedie americane, accoglie i visitatori, mentre su un monitor viene trasmessa una sitcom interpretata dall’artista. Il video riprende alcune delle caratteristiche di questo genere di serie televisive come Friends o Frasier – risate registrate di sottofondo, trame leggere e personaggi sterotipati – per mettere in scena una riflessione sui ruoli di genere, sulla sessualità, sulle norme sociali che li regolano e sulla loro rappresentazione da parte dei media.  Ne abbiamo parlato con l'artista:

Il titolo della seconda installazione, Madonna y El Niño, dà origine a molteplici rimandi, da una parte l’iconografia cristiana della Madonna con il bambino, dall’altra la cantante Madonna e il fenomeno climatico El Niño. Il lavoro introduce l’interesse di Baga per la cultura pop e gli eventi atmosferici, creando un paragone tra l’evoluzione linguistica e visiva della carriera di Madonna con il ciclo dell’acqua. Di fronte allo schermo di proiezione è posizionata una palla da discoteca, che frammenta e riflette i pixel del video per simulare gli effetti dei mutamenti climatici provocati da El Niño, e che rappresenta le trasformazioni di un corpo-immagine attraente e invitante.  

Come a conclusione di questo percorso immersivo nelle installazioni video di Trisha Baga viene presentato uno dei lavori più recenti, Mollusca & The Pelvic Floor (2018). Vicina al linguaggio tipico dei film di fantascienza holliwoodiani, tra cui Gravity e Contact, l’opera si addentra in un  viaggio la cui trama è fitta di incursioni tra il reale e il virtuale, tra sensazioni tattili e ottiche. Mollusca è il nome omofono con cui l’artista chiama Alexa e la loro relazione è simbolo di metamorfosi e di contatto tra specie diverse. Come spesso accade nei lavori di Baga, il racconto sullo schermo non ha una fine definita, e si espande entro accostamenti sinestetici, intuizioni e geografie disparate che trascendono universali forme di comunicazione.

L'artista Trisha Baga

Trisha Baga (Venice, 1985) vive e lavora a New York. Ha studiato presso The Cooper Union School of Art, New York (2007) e il Bard College, Annandale-on-Hudson, New York (2010). Le sue opere sono state esposte in numerose istituzioni internazionali, tra cui: Gallery TPW, Toronto (2018); CCVA, Carpenter Center for the Visual Arts, Harvard College, Cambridge (2017); 356 Mission Road, Los Angeles (2015); Zabludowicz Collection, Londra (2014); Peep-Hole, Milano (2013); Whitney Museum of American Art, New York, Kunstverein München, Monaco, Dundee Contemporary Arts (DCA), Dundee (2012). Ha partecipato a diverse rassegne collettive, presso istituzioni come: Walker Art Center, Minneapolis (2019); Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles (2018); Aïshti Foundation, Beirut (2017); Whitney Museum of American Art, New York, Biennial of Moving Images, Centre d’Art Contemporain Genève, Ginevra, Folkwang Museum, Essen, Manifesta 11, Zurigo (2016); Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi (2015); Biennale d’art contemporain de Lyon, Lione (2013); Center for Performance Research, New York (2010).

Trisha Baga ha fondato nel 2007 insieme a Pam Lins il (CC) Ceramics Club di New York.

La mostra è parte del programma artistico 2019-2020, concepito dal Direttore Artistico Vicente Todolí assieme al dipartimento curatoriale: Roberta Tenconi, Curatrice; Lucia Aspesi, Assistente Curatrice; Fiammetta Griccioli, Assistente Curatrice. Il programma proseguirà con le mostre di Chen Zhen (9 aprile–26 luglio 2020); Neïl Beloufa (10 settembre 2020–17 gennaio 2021); Steve McQueen (29 ottobre 2020– 28 febbraio 2021). 

 

 

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