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Culture
Canaletto e Bellotto a confronto: in dialogo le tele di zio e nipote
Bernardo Bellotto - Piazza San Marco a Venezia, 1742

di Simonetta M. Rodinò

 

Venezia ha sempre avuto una grande tradizione documentaristica. Non va dimenticato che il primo artista ad aver sentito la pittoricità della bellezza incomparabile della Serenissima fu Gentile Bellini: alla metà del Quattrocento precorse la pittura vedutistica veneziana.

 

A questo genere, coltivato nei secoli seguenti da molti pittori, è dedicata la mostra “Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce”, alle Gallerie d’Italia di Milano. L’esposizione è caratterizzata da un’impostazione non cronologica ma tematica con l’obiettivo di mettere in rilievo gli interessi più importanti di Bellotto a confronto con quelli di Canaletto. Non solo.

Nell’ottica della curatrice, Bożena Anna Kowalczyk, la rassegna vuole puntualizzare la complessa vicenda attributiva dei due pittori, con vari ritrovamenti ricondotti alla mano di Bellotto.

 

Notevoli i prestiti internazionali: The Royal Collection, capofila tra i prestatori inglesi da cui arrivano opere mai esposte prima in Italia, il Museo Thyssen Bornemisza di Madrid, l’Hermitage di San Pietroburgo, The Metropolitan Museum of Art di New York, The J. Paul Getty Museum di Los Angeles, The National Gallery of Victoria di Melbourne.

 

Delle cento, tra tele, disegni e incisioni, privilegiate numericamente sono le opere di Bernardo Bellotto (Venezia 1722-Varsavia 1780), nipote del più celebre zio Antonio Canal, detto “il Canaletto” (Venezia 1697-1768).

Quando nel 1736 circa il giovane Bellotto entra nell’atelier dello zio, quest’ultimo è all’apice della fama e per far fronte alle commissioni che si susseguono ha elaborato un uso efficace della camera ottica e degli schizzi che utilizza in varie occasioni.

 

Interessanti sono i pochi, purtroppo, accostamenti tra le opere di zio e nipote: come per la tela “Il molo verso ovest con la colonna di San Teodoro”, acquistato a Londra lo scorso ottobre da un collezionista spagnolo, messo a confronto per la prima volta con l’omonima opera di Canaletto proveniente dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.

 

Mentre nelle tele Canaletto sembra sfumare la luce, sottraendo all’immagine i tanti dettagli, Bellotto utilizza delle tonalità grigio-argento, creando forti contrasti di luci e ombre, manifestando una spiccata tendenza al realismo.

 

Così anche nei “capricci” - raffigurazione di architetture fantastiche o invenzioni di tipo prospettico, spesso combinate con elementi tratti liberamente dalla realtà –: lo zio elabora quadri di pura fantasia, il nipote si nutre di soggetti reali, ripresi a Venezia e durante i viaggi, ma montati a “capriccio”.

 

Quando poi Canaletto si reca a Londra, per un soggiorno di diversi anni, rivelandosi sensibile alla bellezza del paesaggio lungo il Tamigi e intorno ai castelli, a Windsor e a Eaton, ne risultano immagini stilizzate che ben si accordano con quella sofisticata delle architetture.

Sono invece le architetture barocche di Dresda che Bellotto, nello stesso periodo, ha il compito di raffigurare e che realizza in modo concreto, non lasciando nulla all’immaginazione.

 

“Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce”

Gallerie d’Italia - Piazza della Scala 6 -  Milano

25 novembre - 5 marzo 2017

Orari: da martedì a domenica 9:30 - 19:30 - Giovedì  9:30 – 22:30 - Chiuso il lunedì

Aperture straordinarie: 8 e 26 dicembre 2016; 6 gennaio 2017

Biglietto congiunto mostra e collezioni permanenti: intero € 10 | ridotto € 8 | ridotto speciale € 5

Infoline: numero verde: 800.167619

Catalogo: Silvana Editoriale

www.gallerieditalia.com

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Tags:
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