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Culture
Caravaggio oltre la tela. Le sue opere ai raggi X. La mostra
Marta e Maria Maddalena, 1598-1599 Detroit Institute of Arts

Al Palazzo Reale di Milano si apre una bellissima mostra, che propone ben 20 opere di uno dei massimi artisti di ogni tempo, analizzandole con le più avanzate tecnologie e proponendo alcune documentazioni inedite

 

di Raffaello Carabini

 

Scrive il turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura, nel suo capolavoro Il mio nome è Rosso, riferendosi a un miniaturista contemporaneo di Caravaggio: “in realtà non vogliamo disegnare quello che conosciamo con tutte le sue luci, ma quello che non conosciamo, con tutte le sue ombre”. È questa l’impressione che si ha ogni volta che ci si pone davanti a una delle opere, il che significa quasi sempre un capolavoro, del maestro milanese Michelangelo Merisi, personaggio controverso e moralmente discutibile, ma indubbiamente uno dei più grandi rivoluzionari che la pittura mondiale ricordi.

Se tutti sappiamo che nella storia dell’arte occidentale ci fu un prima e un dopo Caravaggio, da oggi i visitatori – che le prenotazioni annunciano numerosissimi – della rassegna milanese a lui dedicata sapranno che c’è un “Dentro Caravaggio”, così titola la mostra, che gli studiosi analizzano con le più avanzate tecniche di ricerca (quelle mediche o, se preferite, quelle dei tecnici scientifico-forensi alla C.S.I.) e che traducono in scoperte sul modo di dipingere del maestro, sulla datazione dei vari quadri, sulla sua capacità di “fare la differenza” rispetto a tutti gli altri.

Innanzitutto va detto che la mostra, coprodotta dal Comune dove il pittore nacque nel 1571 (è del 2007 la scoperta del suo “certificato di battesimo” nel libro parrocchiale di Santo Stefano in Brolo) e da MondoMostre Skira (con un investimento di 3 milioni e mezzo di euro), aperta a Palazzo Reale fino al 28 gennaio prossimo, è bellissima. Assolutamente da non mancare. Venti opere sicuramente autografe, tra cui il San Francesco in estasi di Hartford, il San Giovanni Battista di Kansas City, la Salomé con la testa del Battista di Londra, la Sacra Famiglia con san Giovannino di New York, il San Girolamo penitente di Barcellona, la Marta e Maria Maddalena di Detroit, provenienti dall’estero. Più altre meraviglie da Firenze, Napoli, Cremona, Vicenza e naturalmente Roma.

Il percorso espositivo è chiaro, la disposizione delle tele (ma per il magnifico Riposo durante la fuga in Egitto della Doria Pamphilj, con il geniale angelo di spalle che suona il violino, dapprima pensato in un angolo della composizione poi spostato al centro come segno della divisione tra passato e futuro, il supporto è una tovaglia di Fiandra che il Merisi, da poco a Roma, prese chissà dove non avendo i soldi per una tela) cronologica e illustrata senza lungaggini dalle schede alle pareti, l’analisi multimediale proposta in un monitor sul retro di ogni quadro è immediata e piacevole, l’illuminazione finalmente priva di qualunque fastidioso riflesso, il colore delle pareti sommesso.

Ne esce un Caravaggio inedito? Per certi aspetti la mostra ci offre anche questo. Grazie alle nuove analisi, effettuate per tutti gratuitamente con il contributo del Gruppo Bracco (un atout che ha spinto anche musei internazionali a privarsi di opere che sono il fiore all’occhiello della collezione), si scopre come il maestro dipingesse, passo passo dall’idea iniziale fino al risultato conclusivo. Senza un disegno di riferimento – al massimo qualche tratto, tra cui spesso la semplice curva dell’orecchio, sempre suo input abituale per completare i visi -, sempre dipingendo modelli dal vivo – quando non aveva il denaro per pagarli ritraeva se stesso guardandosi nello stesso specchio ricurvo che si vede in Marta e Maria Maddalena -, spesso incidendo la tela con la punta del manico del pennello, a volte aiutandosi con un poggiamano per i dettagli più complicati oppure cancellando con uno strato di colore più scuro o con un nuovo soggetto i particolari (ad esempio l’agnello nel San Giovannino oppure la Madonna a mani giunte sotto la Buona Ventura dei Musei Capitolini) che proprio non gli piacevano.

Soprattutto spesso lasciando trasparire lo strato di colore basilare, utilizzato per preparare la tela, dapprima chiaro, poi nero oppure rosso-bruno. Così le tele – ebbe l’idea quando gli vennero affidate le grandi rappresentazioni della Cappella Contarelli, sua prima commissione pubblica importante, ricevuta in un ambiente artistico in gran parte a lui avverso e con tempi di realizzazione molto stretti – hanno delle campiture scure, fondi e ombre appena sbozzate e sempre più invadenti, finché arrivano a “mangiare le figure” nella sua ultima opera, il Martirio di Sant’Orsola di Napoli.

Non solo, la mostra propone un nuovo iter di datazioni, perché – seguendo la testimonianza di un garzone di barbiere che abitava vicino a Caravaggio, recentemente ritrovata – ipotizza un suo arrivo a Roma nel 1596 (non 1592 come si è sempre creduto). Forse un azzardo, ma certo un’idea affascinante per chi voglia impegnarsi a ricostruire cosa il Merisi abbia combinato nella sua nevrotica e inquieta intemperanza tutta conmporanea in quei quattro anni. E la prima, inevitabile ipotesi è che, per almeno un anno, sia stato ospitato nelle patrie galere lombarde per quel mai confermato “aver occiso un suo compagno” riportato dalla biografia del Bellori.

 

Info mostra

orari: martedì, mercoledì, domenica 9,30/19,30; giovedì, venerdì, sabato 9.30/22.30; lunedì 14,30/19,30

biglietti con audioguida € 13,00; ridotto € 11,00 dai 6 ai 26 anni, over 65, disabili, gruppi e convenzioni; ridotto € 6 scuole e gruppi di FAI e Touring; fino a 5 anni gratuito

info e prevendite tel. 02/92800375; www.palazzorealemilano.it; www.caravaggiomilano.it 

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