Culture
Cobianchi, manager pubblicitario con la passione per i romanzi "scritti come un film" (con tanto di colonna sonora...)
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di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton

“Dormivo con i guanti di pelle” (Mondadori, Piccola Biblioteca Oscar), il nuovo libro di Daniele Cobianchi, classe ’70, esperto di comunicazione (ex CEO di Ogilvy & Mather Advertising Milano, l'ufficio italiano di una delle più importanti agenzie pubblicitarie al mondo), è la storia di William Orsini, un musicista che ha perso il padre. William ha le mani identiche alle sue, e ormai non riesce più a guardarle, tanto che indosserà dei guanti di pelle che non si toglierà più. La situazione diventerà insostenibile, anche perché nel lavoro di William le mani sono fondamentali… Affaritaliani.it ne ha parlato con l'autore.
Daniele Cobianchi, lei nella vita di tutti i giorni si occupa di pubblicità, ma in passato ha anche inciso dischi (con la Bmg): dal suo punto di vista, quali punti in comune e quali differenze ci sono tra scrivere e comporre? Come cambia il suo approccio “creativo”, nei due casi? E la sua competenza in ambito pubblicitario, che ruolo gioca quando lavora a un testo narrativo?
“Il bello di occuparsi di comunicazione è proprio l'idea di non avere barriere. Si tratta sempre di fare arrivare alle persone qualcosa che sia in linea con il loro modo di pensare, o di vivere. Una buona campagna pubblicitaria può emozionare come una canzone o come un romanzo quando riesce a raccontare con lo storytelling tutto ciò che sta dietro a una marca. La campagna 'mums' di P&G fatta per le recenti Olimpiadi ha emozionato milioni di persone più di un bestseller. Io cerco di fare quello, di cercare sempre la storia, ogni volta che questo mestiere trasversale me ne offre la possibilità”.
Com’è nata l’idea narrativa alla base di “Dormivo con i guanti di pelle”?
“Volevo raccontare la storia di una fragilità. Stiamo vivendo anni in cui siamo obbligati a essere dei supereroi, nel lavoro, nella vita privata, nei sentimenti. E mi piaceva l'idea dei guanti di pelle, nella loro simbologia di barriera, di distacco, e di come la vita possa all'improvviso farsi impalpabile, ricordandoci amaramente che non abbiamo il libretto delle istruzioni per affrontare le difficoltà. E per un pianista essere obbligato a indossare i guanti, mi sembrava davvero un'immagine forte”.

Pensa che un personaggio tormentato come William si presti a una trasposizione cinematografica?
“Questo romanzo è scritto come un film, nel senso che la mia narrativa è ricca di stacchi, assolvenze e flashback. E' un montaggio, e la storia si compone un po' alla volta, coinvolgendo il lettore e chiedendogli spesso uno sforzo in più. Ho conosciuto molti registi grazie al mio lavoro di pubblicitario e ho imparato a scrivere usando l'occhio di una macchina da presa. William Orsini sarebbe un bel personaggio per una pellicola. Lo vedrei bene interpretato da Kim Rossi Stuart”.
Quali sono i libri che le hanno fatto scoprire la passione per la scrittura?
“Il libro che mi ha folgorato è stato 'Il ritratto di Dorian Gray'. Avevo sedici anni ed ero in vacanza a Riccione, e invece di uscire la sera con gli amici me ne stavo a leggere in camera, senza riuscire a smettere. Ecco, nei libri ho sempre cercato questo senso di immersione. Amo Roth, Hemingway, Auster. E molti libri li abbandono, non ho l'obbligo di finirli come pensano in tanti”.
E quali dischi ha ascoltato durante la stesura del romanzo?
“La musica è il filo conduttore di tutto il romanzo. Nei capitoli si sentono i pezzi di Dalla e l'odore della Bologna dei cantautori. Non ascolto musica quando scrivo, ma ho sempre la necessità di dare al lettore una colonna sonora, nelle descrizioni dei caratteri dei personaggi e dei luoghi”.
Di cosa parlerà il prossimo romanzo?
“Sto scrivendo un libro sulla mia generazione, quella dei quarantenni. E nello specifico quella dei quarantenni irrisolti: quelli vessati sul lavoro da vecchi che tutelano le proprie poltrone, quelli schiavizzati dalle mogli, quelli del calcetto al martedì, quelli separati che si ritrovano senza un soldo in tasca, quelli che vanno ancora a Formentera con la bandana in testa, e quelli che si trovano di fronte alla disillusione dei propri sogni di ventenni...”.
Nell’Italia in recessione, politicamente confusa e arrabbiata di questi mesi, la pubblicità non vive un momento facile: come state cercando di reagire? E’ fiducioso per una ripresa nei prossimi mesi?
“La ripresa purtroppo ci sarà solo se saremo capaci di scardinare un sistema obsoleto, circoscritto alla logica del privilegio, e di costruirne uno nuovo, dove etica, trasparenza, e capacità dovranno essere centrali. E ci vorrà, ahinoi, ancora del tempo. Per la pubblicità non è certo un momento felice, ma la pubblicità oggi più che mai può contribuire a generare questo cambiamento aiutando marchi e aziende a prendere delle posizioni, non semplicemente a persuadere”.