Culture
Essere il capo, Introduzione
Strana cosa, essere manager. È una professione che pochi di noi si propongono di fare nella vita, ma che in molti ci troviamo prima o poi a svolgere.
Insegnante: Che cosa vorresti fare al termine degli studi?
Sedicenne: Voglio fare il manager.
Per te è stato così? No, neanche per me. Eppure, eccoci qua.
Se sei un manager, tutti si aspettano da te una gran quantità di cose. Devi essere un esempio di fermezza e coraggio, un leader e un innovatore, un abile prestigiatore (una di quelle persone che estraggono dal cappello aumenti di stipendio, risorse e personale in più), uno zio gentile e accomodante, la spalla su cui piangere, un motivatore dinamico, un giudice severo ma giusto, un diplomatico, un politico, un mago della finanza (no, l'illusionista è un'altra cosa...), colui che protegge e salva, un santo.
Sei responsabile di un gruppo eterogeneo di persone che con ogni probabilità non hai scelto, che non ti vanno molto a genio, con le quali forse hai assai poco in comune e che talvolta non nutrono neppure simpatia per te. Devi riuscire a farle lavorare in modo perlomeno dignitoso. Sei responsabile della loro sicurezza fisica, mentale e psicologica. Devi evitare che possano farsi male... e che si danneggino a vicenda. Devi garantire che siano in grado di svolgere i loro compiti nel rispetto delle leggi che regolano il settore. Devi conoscere i tuoi diritti, i loro diritti, i diritti dell'azienda e quelli dei sindacati.
E prima di tutto questo, devi fare bene il tuo lavoro.
Dimenticavo, devi anche mantenere la calma e non scomporti mai: non puoi urlare, gettare tutto per aria e neppure avere preferenze. Insomma, quello del manager è proprio un mestiere difficile...
È tuo compito guidare un team e condurlo a realizzare i risultati migliori. Può capitare, però, che gli "uomini" del team si comportino come bambini — e non li puoi sculacciare (a volte nemmeno licenziare) — oppure come adolescenti petulanti, di quelli che la sera restano svegli fino a tardi e la mattina non si presentano a scuola o, se anche si presentano, non combinano un granché e cercano solo di svignarsela al più presto... sì, mi hai capito benissimo.
Come te, anch'io sono stato responsabile di gestire gruppi di persone (nel mio caso, anche composti da un centinaio di elementi). Persone di cui ci si aspettava che io conoscessi i nomi e tutte le piccole particolarità: il martedì Heather va via presto perché deve andare a prendere la figlia in palestra, Trevor è daltonico e non possiamo farlo lavorare in fiera, Mandy è scorbutica quando risponde al telefono nella pausa pranzo e ci fa perdere clienti, Chris lavora splendidamente in gruppo ma non trova la motivazione giusta per realizzare qualcosa da sola, Ray beve e non possiamo certo mettergli in mano un'auto...
In qualità di manager, poi, tutti si aspettano che tu funga da "cuscinetto" fra i subordinati e i livelli superiori della dirigenza. E se da quei livelli arrivano indicazioni poco sensate, tu devi in ogni caso: a) venderle al tuo gruppo, b) evitare di lamentarti a voce alta o di scoppiare in una sonora risata, c) garantire che il team le rispetti benché siano fuori da ogni logica.
Inoltre, devi giustificare la decisione "niente aumenti per quest'anno" benché ciò azzeri la motivazione del tuo team. Sei obbligato a mantenere la massima riservatezza su notizie riguardanti assorbimenti, fusioni, acquisizioni, accordi segreti, prepensionamenti e quant'altro, anche se le voci sono sulla bocca di tutti e il gruppo ti tempesta di domande per saperne di più.
>lire a essere responsabile delle persone, lo sei anche di budget, disciplina, comunicazioni, efficienza, questioni legali, questioni sindacali, questioni di salute e sicurezza, questioni che riguardano il personale, pensionamenti, assenze per malattia, congedi di maternità e paternità, ferie, permessi, pause, cartellini di presenza, collette e regali per chi va in pensione, turni, standard di settore, prove antincendio, pronto soccorso, aria condizionata, riscaldamento, impianti idraulici, parcheggi, illuminazione, cancelleria, risorse, tè e caffè. Per non parlare del piccolo dettaglio dei clienti.
Devi combattere con tutti gli altri reparti, gli altri team, i clienti interni, i capi più anziani, i vertici aziendali, il consiglio di amministrazione, gli azionisti e l'ufficio amministrativo (salvo che non sia tu il responsabile dell'amministrazione). Devi anche essere di esempio. In pratica, devi essere un giocoliere irreprensibile, sempre puntuale, schietto, ben vestito, solerte, industrioso, che arriva al lavoro presto e la sera si ferma fino a tardi, distaccato, responsabile, premuroso, affidabile.
In quanto manager, devi aspettarti che persino il cinema e la televisione ti ridicolizzino, trasformandoti nella macchietta del manipolatore o dell'ostruzionista, e che il personale, gli azionisti e/o il pubblico ti giudichino inefficace, se non superfluo, nel tuo ruolo.
E dire che non chiedevi altro che di fare il tuo lavoro... Per fortuna puoi approfittare di idee, consigli e suggerimenti per navigare in questo mare in tempesta con perfetto aplomb, guadagnare punti e uscirne fresco come una rosa. Sono le regole non scritte, non dette e non riconosciute ufficialmente, che trovi riunite in questo libro. Se vuoi essere sempre un passo avanti agli altri, tienile per te e ricordale al momento giusto.
Essere il capo è un'arte, e insieme una scienza. Esistono libri di migliaia di pagine che spiegano come praticarla, e innumerevoli corsi di formazione (probabilmente ne hai seguito qualcuno) che la insegnano, ma ciò di cui non si discute mai nei libri o nei corsi sono le regole non ufficiali che fanno di te un capo valido, efficace e dignitoso. Essere il capo. Il codice del successo. Che tu sia responsabile di una, due o mille persone, non ha importanza. Il codice è sempre lo stesso.
Probabilmente nel mio libro non troverai nulla che tu non conosca già, e se c'è qualcosa che davvero non sapevi, nel leggerlo dirai: "Ma è ovvio!". Sono d'accordo, a pensarci bene è tutto terribilmente scontato, ma nel ritmo frenetico della nostra vita, in cui ogni nuovo giorno ci riserva la sua buona dose di problemi da risolvere, è possibile che, negli ultimi tempi, tu non abbia avuto neppure un attimo di tempo per pensarci. insomma, quello che non è ovvio è che su queste regole tu abbia avuto modo di riflettere.
Dì pure che lo sapevi già, una persona intelligente come te probabilmente lo sapeva già. Ti invito, però, a riflettere con molta onestà su un aspetto: metti in pratica tutte queste regole quotidianamente, tanto da averne fatto il tuo standard?
Ho diviso il Codice in due parti:
• gestire il team;
• gestire se stessi.
Credo di avere esposto tutto in modo assai semplice. Le regole non sono elencate in ordine di rilevanza: le prime non sono necessariamente più importanti delle successive, e viceversa. Leggile tutte e poi inizia ad attuarle, a partire da quelle che ritieni più facili. Un po' per volta ti troverai a metterle in pratica simultaneamente, senza sforzo. Ben presto sembrerai la persona serena e rilassata, sicura di sé, assertiva, responsabile, capace di esercitare un perfetto controllo e dominare le situazioni, quella in cui tutti riconoscono un manager straordinario.
Non è un risultato irrilevante, se pensi che fino a poco tempo fa boccheggiavi curvo sulla scrivania, sguardo basso, orecchi tesi e spalle al muro. Complimenti!
Prima di incominciare, dobbiamo intenderci sul significato del termine "manager". Attenzione, non è facile come sembra.
Per quanto mi riguarda, sono convinto che siamo tutti manager: genitori, lavoratori autonomi, imprenditori, dipendenti, persino chi vive di rendita grazie a una cospicua eredità.
Tutti dobbiamo "gestire" situazioni e persone. Magari anche solo noi stessi, ma in ogni caso dobbiamo batterci, utilizzare al meglio le risorse disponibili, motivare, pianificare, elaborare, facilitare, monitorare, valutare il successo, stabilire gli standard, definire il budget, attuare le decisioni e lavorare. Punica differenza è che qualcuno deve fare tutto questo con un team più numeroso. I principi di base, comunque, non cambiano.
Secondo la Harvard Business School, il manager è colui che "ottiene risultati per mezzo di altre persone". Il noto consulente manageriale Peter Drucker lo definisce colui che ha la responsabilità di pianificare, attuare e monitorare, mentre l'Australian Institute of Management lo vede come la persona che "pianifica, guida, organizza, delega, controlla, valuta e stabilisce i budget in funzione del risultato da ottenere".
Posso anche continuare con definizioni più lunghe e complesse: "Il manager è un dipendente che fa parte del management team di un'organizzazione ed esercita un'autorità delegata sulla gestione delle risorse umane, finanziarie e materiali allo scopo di realizzare gli obiettivi dell'organizzazione. I manager sono responsabili di gestire gli uomini, nonché di comunicare, praticare e promuovere i valori, l'etica e la cultura dell'organizzazione, e di guidare e gestire il cambiamento all'interno dell'organizzazione stessa" (The Leadership Network, California).
Bene, comunque sia e in qualunque forma vogliamo intenderla, siamo tutti manager e tutti dobbiamo svolgere il nostro lavoro di gestione. Qualunque cosa ci faciliti il compito è vantaggiosa. Essere il capo. Il codice del successo propone regole semplici, niente di ambiguo né di furbesco. Se le valuti a una a una con attenzione, e le metti in pratica senza trascurarne alcuna, sarai sorpreso nel constatare quanto possono migliorare la tua vita lavorativa e privata.
Forse sai già tutto quello che leggerai in queste pagine, ma lo metti in pratica? Il mio libro ti aiuterà a trovare la motivazione giusta.
Dunque, procediamo...