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Il romanzo d'avventura (e formazione) di Righetto, "scritto anche per gli adolescenti"

 

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di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton

MatteoRighetto

Ha 12 anni, un padre alcolizzato, vive in un paesino ai piedi delle Dolomiti, e quindi non può non amare le montagne in cui è cresciuto. Ma, soprattutto, adora l'avventura, come il suo mito, Tom Sawyer . Si chiama Domenico il coraggioso protagonista de "La pelle dell'orso" (Guanda), il nuovo romanzo di Matteo Righetto, scrittore padovano classe '72, che si è già fatto apprezzare per "Savana Padana", riproposto da Tea l'anno scorso.

Domenico non ha paura di imbattersi nell'orso di cui tanto si parla nel suo villaggio. Anzi non ci pensa due volte a partire con suo padre per dar la caccia a questo leggendario animale. Matteo Righetto, il suo nuovo libro ha un approccio narrativo "classico", è una storia d'iniziazione in cui la natura gioca un ruolo fondamentale. Com'è nato il romanzo?
"In ogni mia storia il paesaggio e gli ambienti naturali hanno un ruolo narrativo fondamentale e infatti uno degli aspetti che mi ha sempre fatto amare i grandi narratori americani riguarda proprio questo: la loro grande capacità di raccontare un territorio considerandolo come vero e proprio personaggio dei loro romanzi. Dall'epopea western in poi. L'aria, la natura, gli spazi aperti. Non ho mai amato le storie ombelicali dove i protagonisti vivono tra camera da letto, cucina e posto di lavoro. Così, dopo le vicende rocambolesche e grottesche raccontate in Savana Padana, volevo sostanzialmente fare due cose: anzitutto raccontare la storia di un difficile rapporto padre-figlio coinvolti in un'impresa titanica calandola in un luogo aspro e selvaggio come potevano esserlo certe zone delle Dolomiti venete prima dell'esplosione del grande turismo di massa; in secondo luogo volevo cambiare registro e tono rispetto ai miei lavori precedenti, proponendomi di raccontare una storia meno 'leggera'; che fosse assolutamente potente, ma anche delicata, una storia di violenza, ma anche di grande amore. E l'autunno mi sembrava la stagione migliore per ambientarla, quando la montagna vive un epico senso di isolamento e lo esprime anche nel lirismo dei suoi colori".

Stilisticamente ha puntato su un linguaggio semplice: ha scritto questo libro pensando a un pubblico di lettori adolescenti?
"Ho pensato di rivolgermi anche a un pubblico di lettori adolescenti, nel senso che quando ho scritto 'La pelle dell'orso' ho pensato davvero di rivolgermi a tutti. In un certo senso ho provato a fare un romanzo che, pur ripercorrendo in modo del tutto originale alcune peculiarità dei romanzi classici d'avventura e di formazione, potesse proporsi sostanzialmente come un'opera di narrativa popolare. Certo, i giovani leggono poco e questo è indubbiamente un romanzo che anch'essi potrebbero apprezzare letterariamente. Me lo auguro davvero. La scrittura e la lingua sono semplici, e ciò corrisponde a una mia precisa scelta stilistica che non ha certo a che fare solo con questo mio romanzo, bensì con ogni mio lavoro. Il grande Luigi Meneghello, parlando con ironia degli scrittori pomposi, una volta disse una cosa che condivido in toto e faccio assolutamente mia: 'Sti scritori tanto bravi a tegner le redini, ma sacramento, 'ndove zelo el cavalo?'. Cioè: tanti sono bravi a scrivere in modo ricercato o a fare compitini di stile, ma dove sono le Storie? Riprendendo infine la sua domanda, mi verrebbe anche da aggiungere che molti importanti classici del passato sono stati inizialmente considerati o etichettati come 'letteratura per ragazzi'...".

In Italia non si pubblicano tanti romanzi d'avventura. "La pelle dell'orso" è anche una storia di formazione. Quali sono i suoi modelli letterari?
"Per una storia come 'La pelle dell'orso' i modelli sono senz'altro i classici americani, anche se non saprei chi citare per primo. In ordine sparso dico senz'altro Twain, London, Hemingway, Faulkner, Caldwell, McCarthy, Williams, Anderson, Pancake. Credo però che anche certi aspetti della letteratura favolistica yiddish-chassidim mi abbia influenzato, ancorché inconsapevolmente".

Sta già lavorando al prossimo romanzo?
"Sì, certamente, ma per ora però preferisco dire nulla".

Lei ha fondato e dirige Scuola Twain, un progetto didattico-letterario nato per portare la letteratura e la fiction nelle scuole di tutta Italia. Come si sta sviluppando?
"Molto bene. Scuola Twain è un progetto nato e diffusosi dal Veneto, ma che a partire dal prossimo anno scolastico sarà esteso a tutto il territorio nazionale con una fitta rete di coordinatori regionali grazie ai quali migliaia di studenti delle scuole medie e superiori di tutta la penisola potranno ospitare direttamente nelle loro classi decine di scrittori in una serie di lezioni e incontri gratuiti incentrati concretamente su varie iniziative, alla base delle quali vi è la promozione della lettura. Scuola Twain può anche contare su un seguitissimo blog, Agorà Twain, che ospita firme prestigiose e che ha come obiettivo quello di riavvicinare due mondi che, pur lamentandosi continuamente del fatto che in Italia si legge sempre meno, da troppo tempo secondo me si ostinano a non comunicare fra loro: scuola e istruzione da una parte, editoria e letteratura dall'altro".