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Culture
Le "Note segrete" dell’investigatore Bovi. Il libro

di Raffaello Carabini

Se non se ne sono accorti neppure loro di essere continuamente controllati e tenuti d’occhio dai servizi segreti da una parte e dalla malavita dall’altra, figuratevi i giornalisti. Invece Michele Bovi, una specie di “investigatore dell’occulto” nascosto nei meandri del nascente rock e pop tricolori, come aveva già in parte svelato in una bella serie di documentari tv intitolata Segreti Pop, ha scoperto un’infinità di trame e di situazioni talmente inverosimili da sembrare incredibili.

Ce le propone, con una scrittura piana e veloce, documentatissima e brillante, corroborata da testimonianze e che si legge con facilità, nel suo nuovo libro Note segrete - Eroi, spie e banditi della musica italiana. Edito da Graphofeel con un impaginato da rivista kult, ricco di schede, immagini e documenti d’epoca, spesso sorprendenti, su carta patinata, propone 280 pagine che si leggono in una notte, a 18,50 euro che nessun appassionato o anche semplice curioso rimpiangerà.

Facendo a volte sorridere altre quasi sbigottire, Bovi, da quel giornalista meticoloso e fuori dal coro di cui si sente troppo spesso la mancanza, non solo in ambito musicale, che è, ci propone una carrellata sulle sconcertanti connessioni tra gli artisti e i manager, certi agenti dei servizi segreti e la criminalità organizzata durante il periodo della nascita-boom della musica leggera e del rock di casa nostra.

note segrete
 

“Perché il rock italiano, che quest’anno compie sessant’anni (data di nascita ufficiale, i concerti di Celentano al Palaghiaccio di Milano nel 1957, ndr.), interessava agli apparati di sicurezza e alla criminalità?”, ci dice durante un’animata serata di presentazione del volume in quella “Taverna Arlati” di Milano, che è diventata, anche grazie a un ottimo chef, la culla dei curiosi e dei nostalgici dell’intrattenimento musicale di alcune decadi addietro. “Perché ai tempi era un grande pericolo sociale per i giovani educati e di buona famiglia, che rischiavano di imitare i teddy boy americani. I genitori sollecitarono i servizi per capire cosa stava succedendo. I gangster, invece, soprattutto si divertivano e si rilassavano con la musica, solo in parte interessati alle sue nascenti potenzialità economiche.”

Ogni locale notturno del dopoguerra ospitava banditi e informatori, spie e straordinari artisti, da Fred Buscaglione e Bruno Martino a Sergio Endrigo e Lucio Battisti. Non solo. “Nel 1974 al Parco Lambro di Milano per il Festival del proletariato giovanile attorno alla PFM, agli Area e a noi che ci chiamavamo Il Volo”, ricorda Vince Tempera, “c’erano più osservatori delle forze dell’ordine che appassionati di rock progressivo. Un’attenzione giustificata dai fermenti politici, culturali e generazionali, dai timori per il diffondersi dell’uso delle droghe, dal fenomeno crescente del terrorismo.”

Una musica sotto controllo dunque, quella che ci presenta Bovi. Più vera ma meno “romantica” di quanto immaginassimo: del resto nessun organizzatore (Ezio Radaelli, uno dei più importanti in assoluto – da Sanremo al Cantagiro – fu accostato dai magistrati romani al faccendiere più volte arrestato Flavio Carboni, a Enrico De Pedis della banda della Magliana, persino al giornalista assassinato Mino Pecorelli) o locale può prescindere dal nulla-osta rilasciato dalle autorità di pubblica sicurezza. E lo stesso accadeva nei Paesi anglosassoni, dove l’intelligence aveva ruoli che andavano ben oltre il controllo della musica, arrivando a far supporre mansioni di guida e manipolazione: molti artisti sono figli di militari (da Frank Zappa a Jim Morrison) o di agenti dei servizi (da Jackson Browne a David Crosby), mentre lo stesso manager di Hendrix e degli Animals era stato – e forse rimase – membro dell’MI5 britannico.

Bovi ci svela tutto questo e molto altro ancora, dal grande gangster Joe Adonis che aiutò gli esordi di Mina (di lui si sta preparando una fiction tv sceneggiata dal Nostro) a Enrico Rovelli, storico organizzatore e manager, cacciato da Vasco Rossi perché collaboratore dei servizi segreti, dai pericolosissimi capelloni Rokes, che cantavano di antimilitarismo e droga (il loro chitarrista Johnny Charlton fu uno dei pochi che si accorsero di essere “sotto controllo”), a William King Harvey, il referente CIA di Roma, frequentatore abituale del Piper di Patty Pravo e Renato Zero. E via elencando, in un tourbillon che rivela come “la musica compie miracoli: in queste Note segrete, tra spie e banditi, gli eroi sono loro, gli artisti”.

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