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Culture
Londra, Modigliani in mostra alla Tate

 

Una figura maschile dipinta a mezzo busto in toni scuri, terrosi si volta verso la mia sinistra. Il suo occhio destro è aperto, vigile. Quello sinistro, al contrario, è vuoto. Guarda verso un mondo altro, quello dell’anima. L’uomo indossa un colletto bianco, e alcune lettere, abbozzate velocemente nella parte inferiore del dipinto, ci suggeriscono l’identità di questa figura dai toni malinconici: PIERROT. Un Pierrot che in realtà è Amedeo Modigliani, il pittore livornese emigrato a Parigi nel 1906 alla ricerca di ispirazione artistica e successo. Un artista che ancora non sapeva di essere in procinto di scrivere una delle pagine più belle e poetiche della storia dell’arte del Novecento.

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Con questo Autoritratto come Pierrot si apre la mostra “Amedeo Modigliani” alla Tate Modern di Londra (fino al 2 aprile 2018), la più grande retrospettiva mai organizzata nel Regno Unito dedicata a Dedo, come lo chiamavano gli amici toscani. La scelta di questo dipinto si presta perfettamente a sintetizzare quella che fu l’esistenza dell’artista livornese: un’esistenza non solo dai tratti fortemente malinconici, romantici – nel senso letterario del termine – e, sicuramente, tragici. Quella di Modigliani fu una vita completamente dedicata all’arte, caratterizzata da quella forte capacità, propria per l’appunto di Pierrot, di reinventarsi e mescolare sapientemente l’amore per il passato con uno sguardo attento verso il presente.

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Appena giunto a Parigi nel 1906, Modigliani è un uomo piuttosto colto, di bell’aspetto e, soprattutto, assetato di novità. Una novità che non avrebbe potuto trovare altrove se non nella capitale francese, al tempo un “cocktail moderno,” come l’avrebbe definito Harold Rosenberg, dove la presenza di artisti, poeti, letterati e musicisti creava il più fervente e frizzante ambiente culturale di tutta Europa. Come testimoniato nella prima sezione della mostra, la prima produzione parigina di Modigliani è caratterizzata da un confronto diretto con alcuni dei più grandi pittori francesi della generazione precedente. Se nel Violoncellista (1909) e nel Mendicante di Livorno, dipinto durante un breve soggiorno nella città nativa, riconosciamo chiaramente la lezione di Cézanne, in dipinti quali Busto di giovane donna (1908) e Studio di nudo (1908) vediamo Modigliani confrontarsi con la pittura di Van Dongen ed Edward Munch rispettivamente.

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Non sarebbe passato molto tempo prima che il giovane italiano andasse a maturare uno stile personalissimo, inequivocabilmente suo. Nel 1910, Modigliani lavora innanzitutto come scultore. Moltissimi sono i disegni di cariatidi e studi di statue femminili che l’artista realizza nei due anni successivi, alcuni dei quali esposti in mostra. Meno numerose, ma altrettanto belle, sono le sculture scolpite dall’artista in blocchi di pietra calcarea – sottratti dai cantieri in costruzione di una Montparnasse in via di modernizzazione – molte delle quali realizzate presso la Citè Falguière, un ritrovo di artisti e, soprattutto, scultori. Le sue famose Teste testimoniano la fascinazione di Modi per l’arte di culture lontane, in primis quella egizia, con cui Modigliani entrò in contatto al Musée d’Ethnographie du Trocadero e al Musée du Louvre. Mentre i suoi coetanei, quali Picasso, cercavano il “primitivo” nell’arte non occidentale, Modigliani vi trovava un’armonia di forme, una nuova classicità moderna. Ben nove di queste Teste sono esposte in mostra, sapientemente collocate su piedistalli quadrangolari bianchissimi, che ricordano quelli su cui sette teste di Modigliani vennero esposte al Salon d’Automne del 1912, l’unica vera e propria mostra di sculture di Modigliani organizzata durante la sua vita.

A partire dal 1913 Amedeo Modigliani abbandona la scultura, forse per problemi di salute (all’artista fu diagnosticata la tubercolosi all’età di sei anni, la stessa malattia che, insieme agli eccessi di alcool e droga, lo avrebbero portato alla morte a soli 35 anni), per impossibilità di reperire i materiali e/o per difficoltà di piazzare le sue opere sul mercato. Modigliani si dedica dunque esclusivamente allapittura e, in particolare, alla ritrattistica, il grande amore della sua vita. Ampio spazio viene per l’appunto dedicato in mostra ai soggetti che Modigliani ritrasse durante la sua esistenza: la sua cerchia di amici (di cui, stranamente,non vengono citati Chaim Soutine e Maurice Utrillo), le sue amanti, e gli altri artisti che, come lui, cercavano di vivere, chi più chi meno facilmente, della propria arte. La molteplice capacità di invenzione di Modigliani si rivela nei ritratti di Picasso, Juan Gris, Léon Indenbaum, e Frank Haviland, ognuno estremamente diverso, ciascuno una rappresentazione intima dell’animo così diverso di questi uomini. Immancabili i due ritratti di Beatrice Hastings, la poetessa e giornalista inglese di cui Modigliani si innamorò nel 1910 e con cui ebbe una relazione intensissima e burrascosa per due anni, e i quattro ritratti del suo primo mercante d’arte Paul Guillaume.

Modigliani, Jacques and Berthe Lipchitz, 1916 (oil on canvas) by Modigliani, Amedeo (1884-1920); 81.3×54.3 cm; The Art Institute of Chicago, IL, USA; (add.info.: Jacques Lipchitz (22 August 1891 – 16 May 1973), Cubist sculptor.); Helen Birch Bartlett Memorial Collection; APPROVAL REQUIRED FOR MERCHANDISE LICENSING; Italian, out of copyright
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Di una bellezza raffinatissima è poi la sezione dedicata ai nudi, che Modigliani realizzò a partire dal 1916 per Léopold Zborowski, il mercante d’arte polacco che prese sotto la sua ala protettrice l’artista italiano, fornendogli uno stipendio fisso di 15 franchi al giorno. Tredici in tutto sono i dipinti in mostra dai quali donne dai corpi voluttuosi ma, allo stesso tempo, delicatissimi, ci guardano o, serenamente, si abbandonano a un sonno discreto. Nelle loro forme c’è il linearismo e la bellezza eterna della pittura dei maestri del Rinascimento toscano, così come nelle capigliature di queste modelle, nei loro lineamenti allungati e negli sfondi indefiniti riconosciamo tutta la modernità della pittura di Modigliani. Purtroppo, il grande assente della serie è il Nu couché del 1917, celebre per essere stato venduto da Christie’s nel 2015 per $170,405,000 e, soprattutto, per essere stato uno dei dipinti esposti alla mostra organizzata nel 1919 presso la Heal’s Mansard Gallery di Londra dedicata all’arte moderna francese, in cui l’opera di Modigliani venne apprezzata apertamente per la prima volta.

Nel bel mezzo del primo conflitto mondiale, con una salute sempre più precaria, sotto insistenza di Zborowski, Modigliani si trasferisce nel sud della Francia. La luce del mezzogiorno francese entra nelle tele dell’artista, che raffigurano soprattutto bambini e persone del posto. La pittura più scura e materica delle opere parigine si stempera, lasciando spazio e colori più diluiti e accesi. A questo periodo risalgono alcuni dei ritratti più belli di Jeanne Hebutèrne, il grande amore di Modigliani, colei che, incinta del loro secondo figlio, si tolse la vita due giorni dopo la morte dell’amato. Nell’ultima sezione della mostra, proprio accanto ai ritratti di coloro che furono gli amici più cari a Modì negli ultimi anni della sua vita, sette ritratti di Jeanne si susseguono sulla stessa parete come parole diverse di una stessa poesia.

La mostra si chiude a cerchio con l’ultimo Autoritratto di Modigliani (1919). Il pittore si dipinge all’opera, con gli strumenti del mestiere, pennelli e tavolozza in mano. Ha un’aria serena e sembra accennare un sorriso. Questa volta i suoi occhi sono vuoti, guardano entrambi verso l’interno. Seguendo le parole di Modigliani, cercano dentro di se. Poco tempo prima della morte prematura, Modigliani lascia un’immagine quasi eterea di sé, tranquilla e, apparentemente, fiduciosa in un futuro che non ci sarebbe mai stato.

fonte http://www.artslife.com

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