Culture
Rilanciare il sud: l'esempio Puglia
Di Vincenzo Caccioppoli
I dati emersi dall'ultimo rapporto Svimez sembrano davvero non dare speranze per il nostro Povero Mezzogiorno. La crisi economica che sta colpendo il nostro paese da cinque anni, potrebbe secondo alcuni essere il colpo di grazia per una consistente parte del nostro paese, da decenni alle prese con problemi atavici che non hanno permesso di svilupparsi e di liberarsi da un sottosviluppo sempre più preoccupante. Eppure questa crisi potrebbe invece rappresentare paradossalmente un' occasione per rilanciare il sud, come sta dimostrando, in questi ultimi anni di crisi, la Puglia. La regione del tacco d'Italia, infatti, pur avendo anch'essa problemi enormi, ha saputo meglio di altre regioni limitrofe, sfruttare quelle che sono le sue enormi qualità per riuscire a competere con i mercati internazionali. Uno degli errori più macroscopici da parte dei governanti per cercare di rilanciare il sud è stato, infatti, quello di provare ad installare un'industria di stato, agevolando in maniera scriteriata anche il privato per spostare siti produttivi in zone disagiate ( gli orrori della legge Sabatini sono ancora materia da tribunale più che da manuali di economia) con aiuti a pioggia, che non hanno fatto altro che creare delle cattedrali nel deserto, che poco o nulla hanno dato in termini di produttività e di creazione di posti di lavoro e di ricchezza.
Lo sperpero di miliardi di fondi strutturali finiti spesso anche nelle maglie della criminalità organizzata è diventato ormai difficile anche solo da quantificare e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Dal 2007 al 2012 il comparto manifatturiero al Sud ha ridotto il proprio prodotto del 25%, i posti di lavoro del 24% e gli investimenti addirittura del 45%. In un contesto già difficilissimo sono numeri che fanno pensare ad un declino ormai inarrestabile.
Eppure il sud avrebbe nel suo dna alcuni settori in cui potrebbe eccellere a livello mondiale e creare dei veri e propri distretti in grado di competere non solo con il resto d'Europa ma con il mondo intero. E La Puglia è un esempio, come dicevamo, del tentativo di svoltare puntando su quelle che sono le caratteristiche peculiari del suo territorio.
Innanzitutto l'energia verde proprio come indicato anche nel rapporto Svimez può rappresentare un vero e proprio punto di svolta per il mezzogiorno, considerato che grazie alle caratteristiche del clima e geografiche esistono delle condizioni ottimali per lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili. Secondo lo studio Svimez il Sud presenta a livello nazionale un vantaggio competitivo in termini di potenza installata dalle nuove energie verdi (solare, eolico e biomasse). Quanto al fotovoltaico, il 29% degli impianti, circa 139mila, si trova nel Mezzogiorno, a fronte di una potenza pari al 38% del totale nazionale, e proprio la Puglia leader fra le regioni meridionali (44% del totale Sud). Per caratteristiche orografiche, inoltre, il Sud è leader indiscusso nel settore eolico, con quasi 6mila impianti, di cui il 60% concentrato in Puglia, Sicilia e Campania. Ma per far si che questa risorsa non vada sprecata, non si deve ragionare in termini di incentivi, ma di aiuti a medio lungo termine con investimenti mirati per sviluppare una filiera industriale nel campo, e con aiuti verso tecnologie come quella della geotermia che rappresentano il futuro del settore, ma che hanno bisogno di ingenti investimenti. In questo senso il sud potrebbe diventare un polo tecnologico
che potrebbe attirare, con politiche fiscali e burocratiche ad hoc, finalmente capitali dall'estero e renderlo all'avanguardia, considerando che proprio in Puglia ( sempre li si va a finire) esistono già delle eccellenze e che esiste un polo universitario da questo punto di vista all'avanguardia.
Un altro settore in cui il sud dovrebbe farla da padrone ma che viene sfruttato poco o male è quello della sua naturale vocazione turistica. Quante volte ci si è rammaricati per la mancanza di una regia a livello nazionale che potesse convogliare i flussi turistici internazionali verso le nostre bellissime regioni meridionali, invece che verso Francia, Spagna o Grecia, verso cui le nostre regioni del sud nulla hanno da invidiare, anzi. Anche in questo la Puglia negli ultimi cinque anni ha fatto moltissimo, e tutti i recenti dati sui flussi turistici confermano che il Salento sta diventando una meta ambitissima, grazie sia ad una promozione ed un marketing intelligente ( in questo senso grande merito va dato anche ad una attivissima film commission che ha portato produzioni internazionali a girare i loro film in regione) e sia con la creazione di manifestazioni ( una fra tutte la notte della Taranta) ed una rete di interconnessione fra i vari operatori del settore che hanno fatto della Puglia un esempio per tutto il paese. Molto ancora c'è da fare certo ma questo può e deve essere un punto di partenza anche per Calabria, Sicilia e Campania.
Infine quello che va assolutamente valorizzato è l'immenso patrimonio enogatsronomico, che non riesce a sfondare nei mercati esteri a causa della mancanza di appoggi a livello nazionale, al contrario della Francia per esempio, che da anni ha creato a livello nazionale un vero e proprio sistema per export e marketing. Anche in questo la Puglia si è mossa meglio degli altri creando dei piccoli consorzi di produttori, quelli del vino o quelli dell'olio, tanto per fare un esempio, che riescono insieme a competere in mercati difficili come quelli emergenti e non solo. Certo i numeri sono ancora troppo piccoli e irrilevanti, ma indubbiamente se si pensa alla situazione delle cantine pugliesi solo dieci anni fa e si guarda a quello che sono adesso, con eccellenze a livello mondiale, si capisce quale sia la via da seguire anche in questo importante settore dell'economia del mezzogiorno.
Insomma non tutto è ancora perduto per il nostro sud, ma è ora che tutti insieme, governo, parti sociali, associazioni, autonomie locali, operatori del settore, si rimbocchino le mani e soprattutto facciano sistema per rendere il mezzogiorno d'Italia una piccola California.
Perché altrimenti sprecata anche questa ultima "occasione", il mezzogiorno rischia di sprofondare in una crisi economica senza alcuna via d'uscita.