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Culture
Mostre: samurai e cavalli in mostra nella Svizzera italiana
Kusakabe Kimbei Samurais in armour, 1880 90

 

Potete starne certi. Se chiedeste di “scagliare la prima pietra” a chi nella vita non ha mai fatto collezione di qualcosa, restereste sicuramente indenni. Dalle figurine dei calciatori, sulle quali Panini ha costruito un impero, alle cartoline, dai tappi delle bibite agli LP di recente memoria, ovviamente dalle opere d’arte ai libri (chi scrive, ad esempio, vanta la collezione completa dei circa 200 romanzi tradotti in italiano, dal 1970 a oggi, relativi alle inchieste del commissario Sanantonio della Sureté parigina), tutti abbiamo accumulato qualcosa.

Per ragioni autobiografiche, per suggestioni di costume oppure culturali, persino con intenzioni poetiche, abbiamo ricercato oggetti oppure opere, anche marginali, anche umili, anche inutili, ma per noi carichi di suggestioni, saturi di memorie, rivelatori di corrispondenze. Si procede per temi oppure per antitesi, per associazioni oppure per dissociazioni, senza un percorso univoco, che ha l’unico dettato della simpatia o della risonanza con chi colleziona. Il piacere estetico, la volontà di far rivivere ciò che era perduto, la passione per un mondo oppure un dettaglio, il desiderio del ricordo e mille altri sono gli stimoli per iniziare. Ma lo spunto vero, come intuì felicemente il critico-scrittore-collezionista Mario Praz, è il fatto incontrovertibile che “ogni uomo è uomo-più-cose, è uomo in quanto si riconosce in un numero di cose, riconosce l’umano investito in cose, il se stesso che ha preso forma di cose”.

 

Tutto questo per introdurre due mostre eleganti, chiare, piacevolissime, aperte nella Svizzera italiana, che presentano altrettante collezioni, realizzate nel XX secolo da magnati ticinesi. La prima, alla Pinacoteca Züst di Mendrisio (in località Rancate), è titolata esplicitamente Il Cavallo: 4.000 anni di storia. Collezione Giannelli. E propone fino al prossimo 19 agosto una selezione rappresentativa delle migliaia di cimeli accumulati da Claudio Giannelli, predestinato figlio di un ufficiale del Savoia Cavalleria, con tematica equestre.

L’animale per secoli “motore” vivente dell’agricoltura, dei trasporti e delle guerre fu addomesticato nelle steppe dell’Asia circa seimila anni fa (ma fece la sua comparsa attorno ai 40mila anni prima, mentre il genoma originale dell’equus ha oltre 4 milioni di anni) e gli venne imposto il morso, quella imboccatura che permette al cavaliere di utilizzare le redini, duemila anni dopo. Proprio i morsi, alcuni rarissimi, altri preziosi, altri eccessivi, costituiscono il corpus principale della mostra. Piccole sculture artigianali che rappresentano cervi, capre, sfingi, animali di fantasia, volute, piante, fiori, e che attraversano ampie aree geografiche (dalla Persia all’Europa, dalla Mesopotamia all’antica Roma) e un infinito periodo storico, i primi risalgono al 1.400 a.C. i più recenti al XIX secolo.

Si alternano a bardature, finimenti antichi, frontali, staffe e speroni, alcune selle di pregio, tutti oggetti di raffinata finitura, non d’uso abituale ma esempi, durante le parate, dell’importanza del cavaliere, mito iconografico dai tempi degli imperatori romani e di san Giorgio. Mentre una manciata di piacevoli dipinti e incisioni e i primi volumi a stampa sull’animale, come il rarissimo Trattato dell’imbrigliare di Cesare Fiaschi, stampato a Padova nel 1628, completano il percorso.

Da segnalare, oltre al bellissimo catalogo, che, con il medesimo biglietto, si potrà ammirare parte della collezione permanente, con bei quadri dell’800 e del secolo scorso, e un’interessante mostra dedicata ad Arte e diletto. Valeria Pasta Morelli (1858-1909) e le pittrici del suo tempo, artiste per hobby tra il Canton Ticino e Milano, cresciute all’Accademia di Brera e non prive di talento.

 

L’altra esposizione, altrettanto preziosa e ben allestita, apre fino al 26 agosto una parte dei ristrutturati spazi di Villa Malpensata sul lungolago di Lugano. Si titola Il samurai. Da guerriero a icona e propone parte della Collezione Morigi e di altre recenti acquisizioni del MUSEC. Il Museo delle Culture è così diventato depositario della più ampia collezione mondiale di fotografie (oltre 17mila) della Scuola di Yokohama – 45 visibili mostra –  e di numerose stampe e ukiyo-e (xilografie) del Periodo Edo (1603-1868), firmate dai maestri Morimichi, Kunisada, Utamaro, Kuniyoshi, di cui oltre 80 esposte.

Sono però soprattutto le dieci splendide armature da samurai di alto rango – gli unici cui era consentito l’uso dell’elmo – a suggestionare il visitore. Quella del guerriero “che è al servizio” del nobile nasce nel Periodo Heian (794-1192) come professione definita dalla pratica delle arti marziali e dall’obbedienza assoluta, fino alla morte. Fino al rituale seppuku, l’evisceramento che portava all’esterno in onore del signore i sentimenti più profondi e il coraggio del samurai. Fu il divieto a tale pratica nel XVII secolo che diede origine ai ronin, i samurai senza padrone e vagabondi, mentre prima la leva obbligatoria e poi, nel 1889, la nuova Costituzione, che sanciva l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, li cancellarono dalla storia.

Ma non soppressero i valori di cui i samurai erano portatori: l’obbedienza, il rispetto per i superiori, l’onestà, la lealtà, la modestia e la gentilezza, tanto che per i decenni successivi si parla come del periodo della “samuraizzazione” della società giappponese. Non solo. La loro figura iconica è del tutto presente anche nell’immaginario collettivo occidentale, dai robot degli anni 70 a numerosi cartoni animati, che vedono questi guerrieri difensori di nobili valori come protagonisti.

Protagonisti che spesso indossano corazze simili a quelle ammirabili a Lugano, realizzate con enorme attenzione con file di lamelle d’acciaio o di cuoio bollito, colorate con lacche e unite da una fitta trama di fettucce di seta. Le corazze in acciaio sbalzato, gli elmi decorati con corna, tartarughe, draghi, nappe, le maschere protettive facciali a forma di demone, i cosciali con le piastre rivettate, i bracciali corazzati, gli schinieri in listelli, tutto serviva a proteggere e insieme a garantire un’ottima libertà di movimenti. E anche, spesso con lunghi tempi di preparazione artigianale, a far apparire chi le indossava avvolto in una vera e propria opera d’arte.

 

 

 

 

Info

Il cavallo. 4.000 anni di storia. Collezione Giannelli

Pinacoteca Züst – via Pinacoteca Züst  n.2, Rancate

aperta fino al 26 agosto

orari: da martedì a domenica 9/12, 14/17 (a luglio e agosto solo 14/18)

biglietti € 10; ridotti € 8 (pensionati, studenti, gruppi)

info www.ti.ch/zuest

 

Il samurai. Da guerriero a icona

MUSEC – Riva Caccia n.5, Lugano

aperta fino al 26 agosto

orari: 14/18 (martedì chiuso)

biglietti: 5 €; gratuito fino a 16 anni

info www.mcl.lugano.ch

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Tags:
mostra cavalli mendrisiomostra samurai lugano





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