Banche riaprono il rubinetto del credito alle imprese (+5,5 mld) - Ma preoccupa il Veneto - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 15:22

Banche riaprono il rubinetto del credito alle imprese (+5,5 mld) - Ma preoccupa il Veneto

Dopo 28 mesi di calo da inizio estate inversione tendenza. Ma per metà delle province italiane è ancora credit crunch. Tra le regioni preoccupa il trend negativo del Veneto

Di Ettore Ravenna

Banche riaprono il rubinetto del credito alle imprese (+5,5 mld)

Se per 28 mesi consecutivi abbiamo assistito a una caduta verticale degli impieghi bancari alle imprese, dall’inizio dell’estate c’è stata la tanto attesa inversione di tendenza. Negli ultimi quattro mesi (giugno-settembre), i prestiti sono tornati ad aumentare e, rispetto all’inizio di quest’anno, lo stock erogato alle attività economiche è cresciuto di quasi 5,5 miliardi di euro, raggiungendo in termini complessivi la quota di 647 miliardi; ben 5,5 miliardi in più del dato riferito al 31 dicembre 2024. La segnalazione giunge dall’Ufficio studi della Cgia.

Tuttavia, non tutte le imprese hanno beneficiato di questa ritrovata disponibilità delle banche a prestare liquidità al sistema economico. Nei primi sette mesi del 2025, infatti, alle attività con più di 20 addetti la variazione è stata positiva e pari all’1,5% (+8,2 miliardi di euro), mentre alle aziende con meno di 20 addetti l’incremento è stato negativo e pari al 2,8% (-2,7 miliardi). Se ai più la cosa può sembrare insignificante, ricordiamo che in realtà non lo è per niente. Nel nostro Paese, infatti, le aziende con meno di 20 addetti costituiscono il 98% del totale e vi trova lavoro, al netto dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, quasi il 55% degli italiani.

Purtroppo da qualche anno molte banche hanno deciso di “sacrificare” i prestiti più complicati: ovvero quelli da erogare alle piccolissime imprese che, rispetto alle realtà di dimensione maggiore, presentano costi di istruttoria relativamente più elevati e una gestione amministrativa molto più complessa. Non solo. I processi di aggregazione che hanno interessato il settore bancario negli ultimi vent’anni hanno generato molte preoccupazioni riguardo alla possibilità che gli istituti di maggiori dimensioni e con minore radicamento territoriale possano mostrare un interesse ridotto verso le piccole imprese. Tale scenario è attribuibile al fatto che le fusioni hanno provocato un’eccessiva concentrazione del rischio creditizio, determinando conseguentemente una contrazione dell’erogazione del credito.

Nonostante queste criticità, nessuno può affermare che le banche non rivestono più un ruolo fondamentale nel panorama economico del nostro Paese. Anzi. Continuano a svolgere una funzione essenziale nel supportare il nostro tessuto produttivo, che ha bisogno di liquidità per crescere e prosperare. Il loro contributo è fondamentale, soprattutto per il futuro di tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori, i quali solo con un adeguato accesso al credito possono continuare a far vivere le proprie attività, creare nuovi posti di lavoro e valorizzare ulteriormente i prodotti del nostro Made in Italy. Noti nel mondo per la loro eccellenza, qualità, design e tradizione. E se dallo scorso mese di giugno gli istituti di credito hanno ricominciato a dare liquidità al sistema delle imprese, tornando così a rischiare assieme a loro, vuol dire che si sono create le condizioni di stabilità e di fiducia che negli ultimi anni erano venute meno. Evidenziamo, ad esempio, che le sofferenze bancarie sono in forte calo e la riduzione del tasso di interesse praticato dalla Banca Centrale Europea ha creato un quadro generale più “favorevole” per i debitori.

· Per metà delle province italiane è ancora credit crunch

Tra il 31 dicembre del 2024 e la fine dello scorso mese di luglio, quasi la metà delle province italiane non ha ancora visto aumentare i prestiti bancari alle imprese. Le situazioni più difficili permangono a Imperia e Prato che hanno registrato una diminuzione in valore percentuale dell’ammontare del credito alle imprese entrambe del 5,6%. Seguono Vercelli con il -5,7 per cento (pari a -81,6 milioni di euro) e Avellino con il -5,8 per cento (-109 milioni). Tra le realtà più virtuose, invece, segnaliamo Aosta che guida questa particolare graduatoria nazionale con un aumento del 18,3 per cento (+284,6 milioni di euro). Subito dopo scorgiamo Trieste con il +12,8 per cento (+383,5 milioni) e Oristano con il +9,2 per cento (+65,7 milioni). Tra le grandi aree economico/produttive del Paese spicca il +4,1 per cento di Roma (+2,3 miliardi) che occupa l’8° posto, il +3,4 per cento di Bergamo (+530 milioni) che si colloca al 16° posto, il +2,6 per cento di Firenze (+329,2 milioni) che si piazza al 22° posto e il +2,2 per cento di Milano (+2,3 miliardi) che si posiziona al 28° posto.

· Tra le regioni preoccupa il trend negativo del Veneto

Sempre tra il 31 dicembre del 2024 e il 31 luglio scorso, a livello regionale spicca la contrazione degli impieghi registrata in Veneto. Una caduta verticale che dura ininterrottamente dal 2011. In questi ultimi 7 mesi monitorati dalla Cgia, le banche hanno decurtato alle imprese 868 milioni di euro (-1,4 per cento) di prestiti. Purtroppo, la “scomparsa” di Antonveneta (2013), di Veneto Banca, della Banca Popolare di Vicenza e del Banco Popolare (queste ultime tre tutte nel 2017) continuano a produrre effetti negativi ancora adesso. Male anche l’Umbria (-1,4 per cento pari a -125 milioni di euro) e, in particolare, il Molise (-2,1 per cento pari a -28 milioni).