Economia
Banche Ue, buone notizie. In Italia in pole Unicredit e Intesa
Mario Draghi è stato chiaro, la Bce non taglierà più i tassi. Ma...
Le parole di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, e le nuove stime della Bce, sono piaciute agli investitori: il rafforzamento in atto della ripresa economica in Eurolandia (quest’anno il Pil è ora visto in crescita dell’1,9%, l’anno prossimo dell’1,8% e per il 2019 dell’1,7%, vale a dire lo 0,1% più delle precedenti attese) sta avvenendo senza tensioni inflazionistiche, anzi: i prezzi al consumo sono attesi ora in rialzo dell’1,5% nel 2017, dell’1,3% l’anno prossimo e dell’1,6% nel 2019, ben distanti dal +2% che resta l’obiettivo di medio termine della Bce.
L’ideale sia per le borse sia per i mercati a reddito fisso, che infatti hanno reagito entrambi positivamente, superando anche l’incertezza legata ai risultati elettorali inglesi, col governo di Theresa May che dopo aver chiamato elezioni anticipate per rafforzarsi è uscito dalle urna indebolito e senza più una maggioranza parlamentare. Non solo: Draghi ha ribadito che il quantitative easing resta necessario e che proseguirà anche l’anno venturo (mantenendo l’attuale ritmo di 60 miliardi di euro di acquisti al mese almeno fino a dicembre), ma ha rimosso dai suoi commenti la frase relativa alla possibilità che i tassi restino su livelli anche “più bassi” degli attuali, il che significa che non scenderanno oltre.
Una tripla buona notizia per i titoli del comparto bancario di tutta Eurolandia, che ora possono tornare a salire grazie: alla prevedibile espansione dei multipli borsistici legato all’attesa di maggiori utili, a loro volta possibili grazie alla ripresa economica in atto; alla tenuta, se non recupero, delle quotazioni dei titoli di stato, di cui sono ancora pieni i portafogli in particolare delle banche italiane; al graduale recupero della redditività dell’attività creditizia, stante tassi di mercato ormai stabili, il “repricing” in atto e lo spostamento del mix di attività e servizi verso quelli a maggior valore aggiunto, come nel caso del risparmio gestito.
Ma quale tra le maggiori banche italiane ed europee potrà trarre i maggiori benefici da questo nuovo scenario? La sensazione è che il salvataggio di Mps, ma anche di Bpvi e Veneto Banca sia ormai vicina e che le rassicurazioni di Draghi possano agevolare una soluzione “di sistema” che da un lato eviterebbe il ricorso alla direttiva BRRD (applicata nel caso del Banco Popular Espanol, con l’azzeramento di azioni e bond subordinati AT1 e la conversione dei bond subordinati AT2 in nuove azioni cedute poi per un euro simbolico al Banco Santander), dall’altro ripartirebbe l’onere del salvataggio su una pluralità di banche private, consentendo poi di far intervenire lo stato grazie all’operazione di ricapitalizzazione precauzionale. Questo potrebbe consentire una rivalutazione complessiva delle banche italiane e qualche segnale già si vede, col titolo Ubi Banca che ha reagito positivamente all’annuncio dei dettagli dell’aumento da 400 milioni necessario a riequilibrare i coefficienti patrimoniali dopo l’acquisizione di Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. Proprio Unicredit e Intesa Sanpaolo, le banche più in salute, potrebbero approfittare della ripresa in atto e segnare i risultati migliori, anche tenuto conto dell’eventuale quota parte di contributi da girare a Bpvi e Veneto Banca (che nel complesso dovrebbe aggirarsi tra i 600 milioni e gli 1,2 miliardi) cui peraltro potrebbero corrispondere alcuni benefici fiscali offerti come contropartita dal governo italiano al settore bancario nel suo complesso.
A breve l’incertezza del quadro politico inglese e le eventuali conseguenze sulle trattative per la Brexit potrebbe a breve penalizzare gli istituti di credito di Sua Maestà rispetto alle concorrenti europee, anche perché qualche segnale di rallentamento della crescita economica britannica sta già emergendo e rischia di pesare anche sull’attività creditizia. Sempre nell’immediato, in Spagna a beneficiare della soluzione lampo per la crisi del Banco Popular potrebbe essere soprattutto Bankia, mentre Societe Generale e Commerzbank potrebbero a loro volta subire un re-rating in Francia e in Germania.
Secondo gli esperti di Standard & Poor’s, tuttavia, il recupero di redditività delle banche europee avverrà molto gradualmente nel corso dei prossimi due anni e se le banche francesi ed olandesi (dunque anche Bnp Paribas piuttosto che ING Bank), caratterizzate da un asset pricing di maggior duration, potrebbero trarre benefici iniziali maggiori che non gli istituti spagnoli e italiani, tuttora alle prese col problema della riduzione del peso di sofferenze e crediti deteriorati in portafoglio, le banche tedesche, grazie al trasferimento previsto nell’arco dei prossimi due anni di fondi della clientela dai depositi a vista a prodotti a più lungo termine, dovrebbero a loro volta segnare un incremento di redditività. La qualità del credito e la redditività delle attività in essere restano dunque le stelle polari a cui guardare per selezionare un portafoglio di titoli bancari in grado di sovraperformare i listini azionari europei.