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Economia
Borsa, tempesta Emerging appena iniziata. Come far soldi con il trading

Il petrolio rimbalza, Mario Draghi rassicura sul fatto che la Bce è pronta a intervenire nuovamente anche a marzo se sarà necessario e le borse ringraziano, chiudendo la settimana su note più ottimistiche di quelle con la quale l’avevano iniziata. Ma sarà vera gloria o solo un recupero destinato a lasciare spazio a nuovi cali nell’ambito di quello che rischia di venir ricordato tra qualche trimestre come l’avvio di una fase di mercato “orso” (ossia ribassista) a livello globale? Sono in molti a chiederselo, ma almeno per quanto riguarda i mercati emergenti (sia sotto il profilo azionario, sia dei bond e delle valute) non sembrano esservi molti dubbi.

Non ne hanno, di certo, gli analisti di Morgan Stanley che infatti hanno ribassato le previsioni relative ai cambi da qui a fine anno di alcune delle divise dei paesi emergenti, ma anche dell’euro/dollaro, destinato secondo gli esperti a ridursi gradualmente fino ad andare a stabilizzarsi attorno alla parità a fine anno, dunque con una potenziale perdita dell’8% circa dai livelli attuali per gli asset denominati nella divisa comune del vecchio continente. La prossima settimana potrebbe essere cruciale per impostare la giusta strategia d’investimento: il 27 e 28 gennaio la Federal Reserve riunirà il Fomc e sarà importante capire come i banchieri centrali americani reagiranno ai dati macroeconomici provenienti dall’Asia. La volatilità è vista mantenersi elevata, l’avversione al rischio anche (il che è un male, tendenzialmente, per tutte le borse e in particolare i titoli a più alto beta, come tipicamente le piccole capitalizzazioni, i titoli ciclici o i finanziari) e non si può escludere che l’ulteriore debolezza dall’Asia si rifletta sull’economia americana frenando ulteriormente la crescita del Pil.

In questo frangente la Fed potrebbe avere qualche problema di comunicazione, dato che ancora di recente i suoi esponenti hanno parlato di 3 o 4 ulteriori rialzi entro fine 2016 (per un totale di un punto percentuale di rialzo), mentre il mercato sembra essersi convinto che un aumento sia più che sufficiente per ora. In ogni caso, sia che la Fed torni sui propri passi sia che voglia mostrarsi ulteriormente “davanti alla curva” per recuperare margini d’azione, più che a Janet Yellen gli esperti sembrano guardare alla velocità con cui procederà il deleveraging delle posizioni in essere sui mercati emergenti. Tassi reali, espressi in valuta locale, rimasti troppo a lungo elevati impediranno ancora per diverso tempo che si allentino le pressioni su questi mercati, che sembrerebbero dunque da vendere sui rimbalzi più che accumulare su debolezza.

In questo momento, dunque, è meglio adottare una tattica difensiva e non prendersi troppi rischi, senza farsi tentare da prezzi apparentemente appetibili che potrebbero non rivelarsi tali una volta esaurito il rimbalzo di queste ultime sedute. La stessa retorica da “colomba” di Mario Draghi secondo gli esperti non basterà per cambiare il quadro di riferimento e quindi mentre potrà indurre rimbalzi anche consistenti, fornendo occasioni di trading (su cui sembrano concordare gli analisti di Citigroup che infatti parlano del petrolio come della “migliore idea di trading” che sarà possibile sfruttare nel corso dell’anno) ma non invertendo stabilmente la tendenza. Considerando che lo yen è visto in rafforzamento e la sterlina in calo, pare opportuno che gli investitori più avversi al rischio cerchino rifugio in bond a breve scadenza (non oltre i 3 anni) in euro o, meglio ancora, in dollari, aspettando che passi la tempesta.

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