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Economia
CariVerona svaluta ancora UniCredit. Il pressing di Mazzucco per il risiko

Quando le nubi intorno al nome del futuro amministratore delegato di Unicredit si sono dissolte e Andrea Orcel è uscito vincitore, si è capito subito che il tempo dell’attesa e della concentrazione sul core business era finito. Il “Cristiano Ronaldo” della finanza era stato chiamato in Piazza Gae Aulenti proprio per rilanciare le ambizioni della seconda banca del Paese, ormai rassegnata a giocare all’ombra di Intesa. Così, la strategia di M&A che prima o poi dovrà per forza partire (c’è chi parla di settembre, chi di ottobre,  ma i tempi ormai sono maturi) non porterà soltanto a un’ulteriore concentrazione del mondo del credito.

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No, rilancerà definitivamente le ambizioni di UniCredit. La quale, diversamente da Intesa che ha deciso di concentrarsi principalmente sull’Italia, a maggior ragione dopo l’acquisto di Ubi, ha una vocazione decisamente più europea. Un’idea di istituto di credito sovranazionale fortemente voluto da Alessandro Profumo, mantenuto da Federico Ghizzoni e poi un po’ eroso da Jean Pierre Mustier che, per fare cassa, aveva dovuto lasciar andare molte strutture esterne e (ahilui) vendere l’argenteria come nel caso di Pioneer Investments.

Orcel ha invece le carte giuste per sparigliare il mazzo. Vuole Banco Bpm (nonostante le resistenze di Giuseppe Castagna)? Preferisce aprirsi lo stomaco con la parte “buona” di Mps e poi vedere che cosa succede? Le possibilità sono molteplici, insomma. Ma la certezza è che mai come oggi UniCredit può tornare a giocare il ruolo di “contender” di Intesa nello scenario italiano.

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Il Ceo di UniCredit Andrea Orcel

A corroborare questa tesi è la presentazione del progetto di bilancio 2020 di Fondazione Cariverona. Il presidente, Alessandro Mazzucco, ha ribadito come – a suo giudizio – Unicredit debba perseguire una politica espansiva basata sull’M&A.

“Durante l'amministrazione Mustier – ha spiegato oggi  - avevo fatto un auspicio in questo senso, però (l'ex amministratore delegato) ha fatto prevalentemente delle azioni di pulizia, quindi vendita di asset, e ho sempre pensato che dovesse essere fatto qualcosa di più, cioè una politica positiva di espansione. Non sono assolutamente in grado di dire di più di questo auspicio anche perché conoscendo il nuovo Ceo (Andrea Orcel, ndr) direi che non ha bisogno certo dei suggerimenti dei soci".

Una dichiarazione d’amore in pieno stile, oltretutto se si pensa che la Fondazione detiene l’1,8% dell’istituto di credito milanese. E che la quota, costante rispetto allo scorso anno, vale circa il 18% degli attivi complessivi di Cariverona, per un controvalore superiore ai 312 milioni di euro. A fine 2019 il valore di bilancio della quota era 977,3 milioni (intatto rispetto a fine 2018) a fronte di un valore di mercato di 522,2 milioni. Valore della quota progressivamente svalutato perché a fine 2016 era iscritta bilancio per 1,1605 miliardi scesi a 1,0689 miliardi a fine 2017.

Da qui l’ovvia necessità da parte della Fondazione di cercare di incrementare nuovamente (e possibilmente riportare ai livelli pre-Covid) la valorizzazione di Unicredit. Come? Spingendo forte sulla leve dell’M&A, l’unica strategia in grado di ridare vigore a Piazza Gae Aulenti. Ecco spiegato, dunque, il “pressing” su Orcel per una campagna acquisti di tutto rispetto.

(Segue: il portafoglio investimenti della fondazione scaligera)

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