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Economia

Ultimo aggiornamento: 17:12

Chi è pronto per la leadership diffusa?

Le aziende tradizionali, rigide e verticali, non reggono più il passo di un mercato che richiede velocità e fiducia. È tempo di superare il controllo assoluto e costruire organizzazioni dinamiche e partecipative

di Francesca Moriani*

Leadership diffusa: il futuro del lavoro è nelle mani delle persone

Il mercato evolve rapidamente, e con esso le richieste rivolte alle organizzazioni: frequenti, complesse, e da attuare in tempi sempre più ridotti. Le strutture aziendali tradizionali, spesso rigide e verticali, dove le decisioni passano dai vertici e la responsabilità è gerarchica, non funzionano più. Un manager che accentra tutte le decisioni non solo è un freno, ma mina la fiducia e l’autonomia del proprio team: è l’opposto di ciò che serve per costruire organizzazioni agili ed efficaci. Quando si crea questo scollamento tra ciò che l’organizzazione offre e ciò che il contesto richiede, proprio come stiamo osservando in questi anni, il cambiamento diventa una necessità.

Tutte e tutti i leader devono avere il coraggio di rinunciare al controllo assoluto e abbracciare una leadership che distribuisce potere, responsabilità e visione. In queste aziende, è chi opera sul campo e possiede la conoscenza diretta di mansioni e progetti a rivestire il ruolo dell’innovatore, mentre l’imprenditore funge da abilitatore e crea le condizioni per cui le persone possano agire, decidere e generare valore.  Questa capacità di dare e generare fiducia è la differenza essenziale tra un leader e un capo.

Organizzazioni del genere, in cui le persone sono realmente coinvolte nei processi decisionali e godono di autonomia operativa sono ancora eccezioni, non la regola. E i dati lo rilevano anche a livello globale: secondo il report “State of the Global Workplace” di Gallup, nel 2024 il coinvolgimento dei dipendenti è sceso al 21%, mentre la valutazione della qualità della vita lavorativa a livello globale è diminuita per il secondo anno consecutivo.

In entrambi i casi i manager hanno registrato il calo più significativo. È un segnale preoccupante per le organizzazioni. Il mondo del lavoro si trova a un punto di svolta. Bisogna chiedersi: cosa ci impedisce di essere pienamente noi stessi nel lavoro? Cosa ci spinge a indossare maschere e interpretare parti? Cosa ostacola le imprese nel lasciare spazio all’autonomia delle persone, al rispetto reciproco e all’evoluzione dei talenti e delle inclinazioni individuali? Domande scomode ma necessarie

La risposta va cercata prima di tutto dentro le organizzazioni. Le aziende devono rimettere le persone al centro: condividere la visione strategica, investire in formazione, dare spazio concreto ai principi della DEI (Diversity, Equity & Inclusion), allineare autonoma individuale e obiettivi comuni. Ma non basta. Mettere l’essere umano e il suo benessere significa anche accettare l’errore come parte del processo.

Promuovere la cultura dell’errore, perché non esiste innovazione senza libertà di sbagliare. Nell’azienda cinese Haier, ideatrice della platform organization, alla base della quale ci sono autonomia e responsabilità condivisa delle persone, la cultura dell’errore è sintetizzata come “la velocità è più importante della qualità”, che non significa trascurare i dettagli, ma riconoscere il valore del fare, anche a costo di sbagliare.

Haier è un ecosistema composto da una rete di microimprese che operano in autonomia sfruttando, al contempo, le risorse digitali condivise. Il colosso cinese è passato da essere un produttore locale di frigoriferi a Qingdao, in Cina, a un’azienda con oltre 120.000 dipendenti in più di 200 Paesi e un fatturato che si aggira sui 50 miliardi di dollari. 

La sua forza risiede proprio nel modello RenDanHeYi, dove Ren significa “persone”, Dan “ordine” e Heyi “integrazione”. Un circolo virtuoso basato sulla creazione di valore per l’utente finale, grazie al principio che agisce in base al principio della “Zero Distance” che permette maggiore agilità e un conseguente vantaggio competitivo rispetto ai modelli organizzativi più tradizionali. Proprio di recente il fondatore e CEO Zhang Ruimin è stato in visita in Italia per osservare in prima persona come quei principi sono stati sviluppati nella nostra realtà

Ispirati dalla rivoluzione Haier, abbiamo scelto di andare oltre. Abbiamo integrato questo approccio con i principi della Open Organization, una tecnologia sociale ispirata all’Holacracy, che mette il potere decisionale nelle mani delle persone. Così nasce l’Open Platform Organization, un modello realmente aperto, flessibile e distribuito: capace di trasformare gli individui da semplici esecutori a protagonisti, liberi e responsabili, in un sistema che valorizza il talento individuale.

La leadership diffusa non è una concessione: è una scelta consapevole di responsabilità condivisa, di autonomia che si nutre di fiducia. Non vuole essere solo una storia aziendale ma un invito ad abbracciare una nuova organizzazione più felice, più reattiva, più umana. In un mondo dove il cambiamento è la norma, la leadership diffusa non è un esperimento, ma una scelta necessaria. La domanda, ora, non è più se funzioni, ma chi è pronto ad accoglierla.

*CEO di Var Group e autrice di “Braveship”

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