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Economia
Cir si "ricompra" il 12,3% del suo capitale. Ecco perché
Rodolfo De Benedetti (Lapresse)

Cir si “ricompra” il 12,3% del suo capitale. Ecco perché

Un incremento del 4% del Nav (il valore totale delle azioni) che arriverebbe a 0,74 euro per titolo. Sarebbe questo il motivo che ha spinto la Cir, la holding che fa capo alla famiglia De Benedetti, a lanciare un’opa sul 12,3% del suo capitale flottante per complessivi 80 milioni di euro, ovvero un controvalore di 0,51 per azione. E in molti si sono chiesti perché si è scelta una mossa così aggressiva in un momento comunque complicato dell’economia nostrana. La holding ha fatto registrare nel 2020 1,83 miliardi di fatturato, in calo dell’8,3% rispetto al 2019. Nessun dividendo è stato distribuito per i soci.

Con l’operazione annunciata oggi – e che si concluderà entro 40 giorni – la Cir passerà dal 2,091 al 14,4% di titoli propri. La motivazione addotta dalle fonti ufficiali è che la liquidità in cassa, pari a 390 milioni alla fine del 2020, necessitasse di essere movimentata, tanto da garantire un premio del 2,78% rispetto alla chiusura del giorno precedente e del 17,68% rispetto agli ultimi 12 mesi.

Da notare come la Cir abbia al suo interno partecipazioni principalmente in due comparti: quello sanitario con la partecipazione del 59,53% in Kos; e l’automotive con Sogefi, di cui detiene il 55,6%. A questo si aggiungono altre partecipazioni che vengono definite “non core” tra cui figura anche il 5% di Gedi, la società editrice di Repubblica di cui deteneva il controllo fino all’aprile del 2020, quando lo ha ceduto a Exor.

Secondo quanto ci risulta, le dinamiche reddituali delle due principali attività della holding sono state sostanzialmente opposte. In crescita del 17,4% quelle di Kos, che gestisce strutture per anziani non autosufficienti, grazie all’invecchiamento progressivo della popolazione nostrana. Il 2020 si è chiuso con un fatturato di 631,6 milioni di euro, merito soprattutto dell’acquisizione alla fine del 2019 di Charleston, che gestisce Rsa in Germania. In Italia, infatti, i ricavi sono scesi del 9,5%.

Di orientamento opposto – ma comprensibile – la performance di Sogefi, che ha registrato un calo di tutti i principali indicatori economici. Nel triennio 2018-2020 sono andati complessivamente perduti 366 milioni di fatturato e il risultato netto è passato da 14 milioni in attivo a 35,1 in negativo. Ma attenzione: Sogefi opera nel mondo della componentistica auto e, in particolare, nella realizzazione di sospensioni, nei filtri e nei sistemi di aria e raffreddamento per autoveicoli. Negli ultimi anni la congiuntura – già ben prima del Covid – è stata pessima.

Due sono quindi le speranze cui ci si aggrappa: la prima è che i mercanti emergenti tornino a essere trainanti per quanto riguarda le “vecchie” tecnologie. La seconda è che la progressiva transizione energetica, accelerata dalle nuove esigenze in materia di sostenibilità, rappresenti una spinta efficace per ritornare a vedere in un periodo “ragionevole” un incremento del fatturato.

E si torna quindi all’inizio: Equita ha indicato come prezzo obiettivo per le azioni di Cir la cifra di 0,65 euro, il che si tradurrebbe in una plusvalenza teorica in seguito all’Opa di quasi 22 milioni di euro. La cassa netta scenderebbe intorno a 300 milioni di euro e rimarrebbe, si legge nel report di Equita, “una componente importante del Nav (circa 34%), le azioni proprie totali salirebbero al 14,4%, il Nav salirebbe del 4% circa a 0.74 euro per azione”.

Le prospettive future, al netto dell’incertezza che ammanta tutti i mercati, sembrano essere abbastanza positive. D’altronde, se da un lato la popolazione sta sensibilmente invecchiando – e il Covid ha dato un’ulteriore mano, con il crollo certificato dall’Istat della natalità in Italia – dall’altro la mobilità si sta sempre più evolvendo e, appena usciti dalla crisi tutti i grandi produttori auto dovranno venire incontro a nuove esigenze e a un mercato che è ancora in parte sconosciuto.

Infine, da notare che a detenere una quota analoga delle azioni di Cir – il 13,2% - sono due fondi spagnoli: Bestinver e Cobas AM. Il secondo, però ha maggiori diritti di voto (l’11,2% contro il 9,8% di Bestinver) per il sistema di voto plurimo che garantisce ai Fratelli De Benedetti, titolari del 30,8% delle azioni, il 44,6% dei diritti di voto.

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