Economia
Dazi e incertezze, ecco in che modo gli investitori dovrebbero interpretare gli accordi tariffari
È in atto uno shock per il commercio globale. E le previsioni per il futuro non sono certo le più ottimistiche

Ecco come dovrebbero interpretare gli investitori gli accordi tariffari e le scadenze
Come influirà il rapido evolversi del panorama tariffario sulle economie e sui mercati finanziari globali? Abbiamo ridotto moderatamente il rischio di portafoglio alla luce di un rallentamento atteso, ma riteniamo che i rischi di recessione siano contenuti. Manteniamo una strategia d’investimento equilibrata, ancorata ad asset e regioni ben posizionati per affrontare un periodo di incertezza legata al commercio internazionale.
I mercati finanziari hanno in gran parte ignorato le incertezze legate ai dazi in vista della scadenza del 1° agosto, con molti indici azionari che hanno toccato nuovi massimi. I recenti accordi commerciali tra Stati Uniti e Giappone e tra Stati Uniti e Unione Europea hanno sostenuto l’ottimismo degli investitori.
Sebbene vediamo motivi per un'assunzione di rischio ben calibrata, prevediamo un rallentamento economico globale significativo e una rivalutazione dei rischi da parte dei mercati, alla luce di un tasso tariffario effettivo negli Stati Uniti significativamente più alto rispetto a qualsiasi altro momento dalla fine degli anni ’30.
L’incertezza non finirà il 1° agosto
Un mix di accordi e dazi punitivi ha preceduto la scadenza di agosto. Sebbene alcuni paesi possano ancora raggiungere accordi commerciali preferenziali, altri potrebbero affrontare temporaneamente tariffe più elevate. Anche gli accordi già raggiunti “in linea di principio” richiederanno probabilmente ulteriori negoziati, il che implica un’incertezza continua per alcune imprese.
È in atto uno shock per il commercio globale. Durante la prima amministrazione Trump, il tasso tariffario medio effettivo negli Stati Uniti è aumentato di circa l’1,5%. Oggi, in base agli accordi più recenti, stiamo assistendo a un aumento di circa il 15% su base ponderata per gli scambi.
A differenza delle tensioni commerciali durante il primo mandato di Trump, ora gli esportatori esteri stanno assorbendo parzialmente alcuni di questi aumenti tariffari – attualmente circa il 10% in media – in base ai prezzi all’importazione. Tuttavia, sebbene questo possa attenuare parte dell’impatto sull’economia statunitense, il peso principale dei dazi ricade ancora sugli importatori statunitensi. Le implicazioni di un tale aumento non vanno quindi sottovalutate.
Le nostre previsioni indicano che l’evoluzione del contesto tariffario provocherà un rallentamento significativo dell’economia globale, pur senza portare a una recessione. Prevediamo che la crescita degli Stati Uniti nel 2025 sarà pari solo alla metà del suo potenziale, con gli effetti dei dazi che diventeranno più evidenti negli ultimi sei mesi dell’anno.
L’impatto sull’inflazione statunitense è stato finora moderato, coerente con le scorte accumulate dalle aziende in previsione dello shock commerciale. Tuttavia, mentre l’inflazione nei servizi e negli alloggi è rimasta moderata, come previsto, a giugno abbiamo iniziato a osservare un aumento dell’inflazione dei beni core in aree colpite dai dazi, inclusi articoli per la casa e beni ricreativi come i giocattoli.
Prevediamo che l’inflazione core della spesa per consumi personali (PCE) negli Stati Uniti – la misura più monitorata dalla Federal Reserve – raggiungerà un picco del 3,4% verso la fine dell’anno. Vista l’incertezza riguardo alla velocità con cui l’aumento dei costi si trasmetterà ai prezzi al consumo, stiamo monitorando da vicino i dati raccolti in tempo reale da alcuni siti web di rivenditori statunitensi (vedi grafico 1).
Quali economie saranno più colpite?
Messico, Canada, Taiwan e Svizzera sono tra i paesi più esposti ai dazi statunitensi (vedi grafico 2), anche se per i primi due l’esposizione è fortemente limitata dall’esenzione prevista nell’accordo USMCA del 2020. La Svizzera non ha ancora ricevuto una lettera ufficiale sull’applicazione dei dazi, il che ci porta a prevedere che si applichi un’aliquota generale del 10% fino alla firma di un accordo, che dovrà includere le tariffe sul settore farmaceutico. Manteniamo quindi la nostra previsione di crescita del PIL svizzero allo 0,7% per il 2025. Per Messico, Canada e Taiwan le nostre previsioni sono rispettivamente di -0,7%, 1,4% e 3,3%.
I paesi europei tendono a commerciare maggiormente tra loro e la loro esposizione economica agli Stati Uniti è più contenuta. Per Germania e Italia, le esportazioni verso gli USA rappresentano circa il 3% del PIL, mentre per la Spagna si avvicinano all’1%. In base all’accordo firmato tra Stati Uniti e UE, i beni europei saranno soggetti a una tariffa base del 15%, invece del 30% inizialmente minacciato.
Inoltre, l’UE si è impegnata ad acquistare 750 miliardi di dollari di energia statunitense in tre anni e a investire ulteriori 600 miliardi negli Stati Uniti. È rilevante notare che la tariffa del 15% sulle esportazioni UE verso gli USA si applicherà anche ad automobili e componenti, attualmente soggetti a un’aliquota del 27,5%. Per la Germania, fortemente esposta al settore automobilistico, non si tratta quindi di un accordo particolarmente sfavorevole.
Altri paesi, come la Spagna, sono più esposti ai dazi sui prodotti agricoli, ambito in cui sono ancora in corso trattative su possibili esenzioni dalla tariffa base. Il dazio del 15% previsto dall’accordo USA-UE include anche i prodotti farmaceutici, il che rappresenta un segnale potenzialmente positivo per il settore svizzero.
Preferenza per azioni dei mercati emergenti e obbligazioni corporate investment grade
Finora la volatilità azionaria è rimasta contenuta, con l’indice VIX a 15,2, rispetto a una media storica di circa 20. Riteniamo che la volatilità aumenterà nelle prossime settimane e nel terzo trimestre. Gli indici azionari più esposti ai ricavi provenienti dagli USA sono quelli svizzeri, britannici, tedeschi e francesi, seguiti da Giappone ed Europa (vedi grafico 3).
Continuiamo a vedere un contesto ancora favorevole per le azioni, ma i risultati del secondo trimestre sono stati finora contrastanti, con revisioni degli utili per l’intero anno stabili o in calo, mentre il sentiment degli investitori appare eccessivamente ottimista e il rally iniziato il 2 aprile è stato molto rapido.
Abbiamo preso profitti sulle azioni dei mercati sviluppati a inizio luglio, ma manteniamo una posizione sovrappesata sui mercati azionari emergenti, dove le valutazioni sono più basse e la crescita degli utili appare più solida. I nostri mercati preferiti in questo ambito sono India e Corea del Sud. Segnaliamo inoltre che una risoluzione sulla questione dei dazi farmaceutici potrebbe favorire un recupero dello Swiss Market Index, che quest’anno ha sottoperformato rispetto ad altri mercati.
Nel reddito fisso, riteniamo che le obbligazioni corporate investment grade offrano ancora opportunità. I titoli di Stato, invece, potrebbero subire impatti negativi da dazi proibitivi negli Stati Uniti, soprattutto se ciò comportasse un aumento della spesa pubblica per sostenere economie in difficoltà. In Europa, la Germania ha il margine fiscale per reagire, mentre paesi come Francia e Italia ne hanno meno, e gli spread dei loro titoli rispetto ai Bund tedeschi potrebbero allargarsi.
Sul fronte valutario, l'entità dei danni economici relativi causati dai dazi e i cambiamenti attesi nei tassi d’interesse impliciti potrebbero sostenere la volatilità. Vediamo la coppia EUR/USD in una fascia di equo valore tra 1,15 e 1,20. Per il franco svizzero, un accordo positivo con gli Stati Uniti potrebbe consolidare il cambio USD/CHF sui livelli attuali, dato che prevediamo ancora tagli dei tassi da parte della Fed, mentre la Banca nazionale svizzera ha raggiunto un floor dello 0%. Per USD/JPY, il recente accordo commerciale tra Giappone e Stati Uniti dovrebbe favorire un rafforzamento dello yen.
Vediamo anche un ruolo per l’oro nella costruzione della resilienza del portafoglio, come importante strumento di gestione del rischio nel contesto attuale di incertezza. Dopo aver ridotto l’esposizione all’oro durante la pausa tariffaria di 90 giorni, abbiamo riportato la nostra posizione al livello neutrale all’inizio di questo mese.
*rispettivamente:
- Head of Investment Strategy, Sustainability and Research, CIO EMEA,
- Banque Lombard Odier & Cie SA, Chief Economist and CIO Switzerland, Banque Lombard Odier & Cie SA Economist, Banque Lombard Odier & Cie SA