Ci costano di più i dazi di Trump o riarmo e green deal della UE? - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 09:33

Ci costano di più i dazi di Trump o riarmo e green deal della UE?

Il problema sono le "briciole" chieste da Trump o i "super panettoni" pretesi dalla UE in armi e green?

di Matteo Castagna

Ci costano di più i dazi di Trump o riarmo e green deal della UE?

Marc De Vos è il co-CEO dell'Istituto Itinera, con sede a Bruxelles e autore di "Superpower Europe: the European Union's silent revolution". Ha scritto un editoriale molto interessante sul prestigioso media economico britannico Financial Times, che merita un ulteriore approfondimento.

Scrive De Vos: "l'Europa è entrata nel pieno dell'estate con la prospettiva di un divorzio transatlantico, mentre il futuro dell'Ucraina, della Nato e del commercio rimane in sospeso.

Il presidente degli Stati Uniti, che ha definito la Nato obsoleta, aveva promesso - ricorda l'autore - di porre fine alla guerra in Ucraina entro 24 ore e aveva dichiarato la UE un nemico.

Si è, invece, schierato dalla loro parte, per ora. In cambio, l'Europa ha dovuto inchinarsi e pagare per ben tre motivazioni. In primo luogo, per la Nato, impegnando centinaia di miliardi in ulteriori spese per la difesa e la sicurezza. Poi per l'Ucraina, l'impegno di pagare gli Stati Uniti per le armi di cui l'Ucraina ha bisogno.

E, questa settimana, per il commercio, consentendo agli Stati Uniti di moltiplicare unilateralmente i dazi, anche se l'Europa ha promesso più di 1,3 trilioni di dollari in acquisti di energia, armi americane e investimenti sul loro suolo.

I negoziatori europei possono sottolineare che le tariffe statunitensi per molti altri paesi sono ancora più elevate, che gli standard europei di prodotto e di sicurezza rimangono in vigore, che l'energia statunitense è un'alternativa desiderabile all'energia russa, che gli acquisti di armi sono già prenotati nell'ambito dei piani della NATO, che gli investimenti europei nell'economia statunitense avvengono comunque e che le cifre principali degli acquisti dell'UE sono ambiziose.

L'Europa potrebbe pagare un prezzo accettabile per la stabilità commerciale, a condizione che Trump non cambi idea. Ma l'Europa non può nascondersi dal fatto che l'amministrazione Trump l'ha costretta alla sottomissione.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è persino ridotta a dipingere l'Europa come il cattivo, ripetendo a pappagallo la narrativa di Trump del commercio a somma zero. I paesi europei, insieme, non hanno la forza economica, la potenza militare e una visione del mondo condivisa per difendere collettivamente valori e interessi comuni.

L'Europa non può condurre una guerra commerciale con gli Stati Uniti, perché è divisa. Non può permetterselo perché è debole. Non può giocare l'arte dell'accordo commerciale di Trump, mescolando geopolitica, hard power ed ego, nel processo tecnocratico per il quale l'UE è stata progettata.

L'America lo sapeva. Il resto del mondo lo sa ora. Il sollievo dell'Europa nasce nell'impotenza e nell'umiliazione. Psicologicamente, questo appeasement forzato spingerà finalmente l'Europa a prendersi sul serio come potenza geopolitica, o invece rafforzerà la divisione e la dipendenza?

I segnali non sono molto promettenti. I paesi europei si sono impegnati a spendere di più per la difesa e la sicurezza, ma incentivare gli appalti nazionali comuni è il massimo che si possa ottenere. Nel frattempo, a tre anni e mezzo dall'inizio della guerra con la Russia, l'Europa non è ancora in grado di produrre le armi determinanti per l'Ucraina.

L'approfondimento del mercato interno europeo come forza geopolitica gravitazionale nei settori dell'energia, della difesa, delle comunicazioni e della finanza è stato fortemente sostenuto in relazioni influenti, ma sta guadagnando poca trazione politica.

Affrontare il declino industriale sta riportando sempre più alla mente il sostegno statale nazionale del passato, bypassando l'integrazione del mercato europeo. Mobilitare più fondi comuni europei, forse il modo più semplice per procedere, è ancora un tabù, come hanno dimostrato ancora una volta le recenti discussioni sul prossimo bilancio della UE.

Il più grande sviluppo europeo dell'anno è il riemergere della Germania come attore militare, con un piano quinquennale di spendere più di 600 miliardi di euro per la difesa e la sicurezza. Ma significativamente, il governo Merz abbraccia una filosofia "Made for Germany", rinunciando all'opportunità di mettere una nuova Germania al centro di una coalizione che potrebbe costituire il fondamento di una futura unione europea almeno per la difesa.

Allo stesso modo, il recente accordo di Lancaster House, tra Regno Unito e Francia è una vecchia "entente industrielle" bilaterale, che consente a entrambi i paesi di occupare una posizione di forza nazionale in un'Europa di sicurezza e difesa, ma non un elemento costitutivo di un più ampio progetto proto-europeo.

Jean Monnet diceva che "l'Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per queste crisi". Il suo collega, padre fondatore dell'UE, Paul-Henri Spaak ha osservato che "ci sono solo due tipi di Stati in Europa: piccoli Stati e piccoli Stati che non si sono ancora resi conto di essere piccoli". Se l'umiliazione dell'Europa deve finire, le sue nazioni leader devono ricordare Spaak e imparare di nuovo Monnet" - conclude il Financial Times. Sostanzialmente, entrambi hanno espresso in maniera elegante l'impossibilità di un'Europa delle piccole patrie, perché questa UE non è stata concepita a tal fine.

Il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha rilasciato una recente intervista ai media italiani, in cui ha detto che i dazi americani influiranno solamente dello 0,5% sul Pil del 2026, con prospettive di graduale normalizzazione nel corso degli anni successivi. Pare, dunque che i desiderata di Trump non saranno così brutali, come qualcuno vorrebbe far credere.

Al contrario, la Ue della Signora Ursula, sostenuta dai progressisti e dai democristiani europei, impone il riarmo e il Green Deal, che costeranno trilioni di euro ai contribuenti dei 28 Paesi membri, nei prossimi dieci anni.

Se, molti osservatori hanno pesanti dubbi in merito alla necessità di accrescere le spese per la difesa, alla luce del fatto che, al momento, il Vecchio Continente non è minacciato da nessuno, nemmeno dalla Russia, che l'ha pure recentemente ribadito, altri, nel mondo politico conservatore, hanno posto la questione della sostenibilità ecologica come un'autentica "truffa" plurimiliardaria ai danni dei cittadini, costruita su ipotesi fantasiose ma ben lucrative per le casse UE.

Poi, qualcuno ha ricordato che chi, a maggio, sosteneva che avremmo avuto l'estate più torrida di sempre, a causa del riscaldamento globale, cui si sarebbe dovuto iniziare a porre rimedio, con l'acquisto di costosi macchinari eco-sostenibili, ha iniziato ad avere la tremarella per il frescolino del luglio più mite degli ultimi trent'anni...

La conclusione la trovi pure il lettore: il problema sono le "briciole" chieste da Trump o i "super panettoni" pretesi dalla UE in armi e green? I valori condivisi sono quelli woke delle finanziatissime lobby LGBTQI+ o quelli della secolarizzata tradizione classico-cristiana? E' o non è possibile trovare intese per un'Europa politica, con un esercito comune, se non si sa neppure trovare la quadra in economia, identità e principi condivisi?