Economia
Dazi Usa, Confindustria lancia l’allarme: 23 miliardi a rischio per l’export italiano. Ecco i settori che pagheranno il prezzo più salato
A rischio un terzo delle esportazioni verso il mercato americano. A pagare sarebbero tutti i settori, dai macchinari alla farmaceutica, passando per alimentare e automotive

Con i dazi Usa al 15%, il Made in Italy rischia di perdere fino a 23 miliardi: colpiti tutti i settori chiave dell’export
Un colpo durissimo all’export italiano negli Stati Uniti: quasi 23 miliardi di euro in fumo. È questa la stima formulata dal Centro Studi Confindustria nel caso in cui entrassero in vigore dazi statunitensi al 15% su tutti i prodotti dell’Unione Europea. Sarebbero coinvolti praticamente tutti i comparti chiave del nostro export: agroalimentare, automotive, moda. Ma a pagare il prezzo più alto sarebbero soprattutto macchinari industriali e farmaceutica, due colonne portanti del Made in Italy negli USA.
Secondo i calcoli di Confindustria, un terzo delle attuali esportazioni italiane verso gli Stati Uniti verrebbe spazzato via. Si parla infatti del secondo mercato extra-UE per importanza dopo la Svizzera. Lo scenario preso in esame prevede un dazio generalizzato del 15% su tutti i prodotti europei, senza esenzioni né distinzioni settoriali, mentre per le merci provenienti dal resto del mondo l’aliquota si fermerebbe al 10%.
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Recupero parziale su altri mercati, ma il saldo resta negativo
Il Centro Studi Confindustria ipotizza che una parte delle perdite – fino a 10 miliardi di euro – potrebbe essere recuperata grazie a una riallocazione delle esportazioni verso mercati alternativi. Tuttavia, anche in questo caso, il saldo finale rimarrebbe ampiamente negativo: la perdita netta per l’export italiano si attesterebbe intorno ai 13 miliardi di euro.
Il nodo del tasso di cambio e la doppia penalizzazione per il Made in Italy
A complicare ulteriormente il quadro c’è la questione valutaria: secondo l’analisi di Confindustria, una svalutazione del dollaro del 13,5% sull’euro a partire dal 2025 renderebbe i prodotti europei ancora meno competitivi negli Stati Uniti, amplificando l’effetto negativo dei dazi. Ogni punto percentuale di dazi in meno o di rafforzamento del dollaro sull’euro, secondo le stime, equivale a circa un miliardo di export italiano in più verso gli USA.
Le possibili contromisure dell’Unione Europea
Bruxelles, nel frattempo, sta studiando possibili contromosse. Tra le opzioni in discussione c’è una maggiore tassazione sulle multinazionali Big Tech che operano in Europa, finora favorite da una fiscalità più leggera rispetto alle imprese europee tradizionali. Un tentativo di riequilibrare i rapporti e recuperare risorse in uno scenario reso incerto dalla guerra commerciale.
L’allarme degli industriali: “Il dazio più grande è la svalutazione”
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, è stato netto: “Il più grande dazio che già abbiamo è quello della svalutazione che sarà ancora più alta. La percentuale accettabile è zero”. Un messaggio chiaro che riassume la posizione delle imprese italiane: serve una risposta unitaria e forte, a livello europeo, per proteggere uno dei pilastri del nostro sistema economico.