Economia
Dl Energia, industriali sul piede di guerra: "Il Paese rischia la paralisi"

Confindustria: "Nel decreto manca la determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo"
Decreto Energia, Confindustria contro Draghi: serve determinazione per arginare la crisi causata da guerra e rincari
Francesco Buzzella, Enrico Carraro, Pietro Ferrari e Marco Gay, rispettivamente i presidenti di Confindustria Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, lanciano un allarme all'unisono contro il governo Draghi: le misure approvate dal Consiglio dei Ministri nella giornata di venerdì 18 marzo per arginare il caro energia non sono sufficienti. Mancano di "determinazione", secondo gli industriali, i quali "esprimono profonda insoddisfazione e preoccupazione".
"Pur nella consapevolezza che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia, nel decreto manca la determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo", si legge nel comunicato.
La parola "preoccupazione" è infatti quella che aleggia con maggior insistenza tra le imprese del Nord d'Italia, secondo le quali "occorre intervenire immediatamente, con ogni misura possibile e sostenibile, per compensare l’aumento dei costi dell’energia, anche attraverso un price-cap/tetto sui prezzi , e gli effetti delle sanzioni legate alla guerra per i settori o le imprese direttamente colpite. L’Italia e la sua industria stanno pagando il prezzo più alto d’Europa", scrive Confindustria.
"La trasparenza del mercato energetico deve poter permettere di legare al costo delle forniture il prezzo al cliente, non ai valori oscillatori delle speculazioni quotidiane. Anche il sistema fiscale che grava sui prodotti energetici va reso lineare, chiaro e trasparente. Non è possibile che le imposte raddoppino il costo del carburante e siano la sommatoria di accise accumulate nei decenni senza più alcun riferimento alla situazione attuale", sottolinea Confindustria. "Perché non prendere esempio dal Portogallo dove il governo ha chiesto alla UE la riduzione dell’aliquota IVA dal 23% al 13%?", si domandano gli industriali.
"La scelta di intervenire con “sconti” e ristori temporanei limitati nel tempo e negli impatti, poi, è in contrasto con le previsioni, anche quelle meno pessimistiche, di alti livelli dei prezzi sui mercati energetici prolungati nel tempo. Sono poi irricevibili, causa insostenibilità, le ipotesi o gli scenari di riduzione “teorici” dei consumi energetici dell’industria".
"Le strategie europee, a partire dal Fitfor55, costruite e calate dall’alto, vanno riviste in una logica di transizione “sostenibile”, non di obiettivi astratti irraggiungibili per tutti i settori industriali, dalle plastiche all’auto. La transizione va discussa, condivisa e programmata insieme all’industria. Visto il diverso impatto del costo dell’energia nei vari Paesi europei le imprese italiane sono quelle la cui competitività è maggiormente a rischio".
"Il paese deve definire rapidamente un vero e proprio piano Energetico nazionale che preveda un nuovo mix di forniture e fonti, sottolinea Confindustria. "Occorre accelerare la realizzazione degli impianti di rinnovabili sbloccando, nell’interesse nazionale, gli iter autorizzativi, oggi di fatto bloccati in molti ambiti ed aree. Contemporaneamente è indispensabile accelerare l’aumento del prelievo nazionale di gas, anche con nuove esplorazioni, e riattivare gli investimenti previsti sui rigassificatori".
"Il Pnrr può essere parzialmente rivisto e rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli investimenti in campo energetico, mentre con maggiore decisione devono essere riprese le riforme timidamente approcciate in questi mesi: prima di tutte quella del fisco, intervenendo strutturalmente sul cuneo fiscale. Gli effetti dell’inflazione sui salari rischiano di essere ulteriormente “deprimenti” per l’economia e per le imprese italiane", chiosano gli industriali.