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Economia
Draghi, carriera a luci ed ombre. Truccò il bilancio della Grecia
(fonte Lapresse)

Ma la saga continua. Terminata la parentesi da Dg del Tesoro diventa vice chairman e managing director di Goldman Sachs a Londra. Un ruolo di rilievo che non lo mette al riparo dalle critiche. Una su tutte: la vendita di derivati alla Grecia per “imbellettare” i bilanci per entrare nell’euro. È bene ricordare che il combinato disposto tra titoli tossici e spese folli per le Olimpiadi del 2004 costarono ad Atene la famigerata cura “lacrime e sangue” imposta dalla Trimurti Fed, Bce e Ue. Un disastro di cui Draghi sarebbe in qualche modo correo, visto il suo ruolo nella banca d’affari.

Nel 2005 viene chiamato a sostituire Antonio Fazio in Bankitalia, un ruolo che manterrà fino al 2011 quando diventerà presidente della Bce. Da quel momento Draghi si trasforma sostanzialmente in santone, si fondano chiese in suo nome. E in effetti bisogna soltanto rendere onore al suo ruolo a Francoforte: il suo quantitative easing, preannunciato dal “Whatever it takes” divenuto iconico è uno dei passaggi chiave della storia di questo Millennio.

Con il suo bazooka, Draghi ha salvato in primis l’Italia e in secundis tutti gli altri paesi più deboli da un attacco coordinato dei famosi “avvoltoi” contro i debiti sovrani. Conosceva il settore, conosceva gli attori, ha saputo usare le armi giuste.

Terminato il suo mandato alla guida dell’Eurotower, Draghi ha mantenuto lo status riservato ai semi-dei. Ogni volta che la situazione si faceva complicata dal punto di vista politico, spuntava il suo nome. A marzo dello scorso anno, mentre i militari trasportavano le bare dei morti da Covid, si diffuse la notizia che sarebbe stato lui a prendere in mano la situazione, almeno come factotum al posto di Arcuri e/o Colao.

Non accadde, purtroppo. E sappiamo tutti com’è andata a finire. Ora non resta che guardare con fiducia alle prossime mosse. Draghi non è un eroe e non potrà neanche risolvere tutti i problemi del nostro Paese. Ma ci ridà in un colpo solo tutta (e anche di più) la credibilità persa con una crisi di governo che in pochi hanno compreso. Come inizio, non c’è male.

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