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Economia
Energia: per gli esperti è finita la crisi vera, ma la politica resta inerte

La crisi energetica sta volgendo al termine. Per The Telegraph finirà questa estate

Il grande panico sul mercato dell'energia è finito. Questa è la sintesi degli esperti europei del settore. Addirittura per il prestigioso quotidiano britannico The Telegraph la buriana finirà definitivamente quest’estate. I prezzi dell’energia però in Italia non calano, anche se nelle ultime settimane l'Europa non ha mai avuto problemi di approvvigionamento e di costi. Il prezzo del gas è crollato a 65 euro al Mwh, un picco che non si toccava da dicembre 2021. Uno scenario promettente, rinforzato dalla bassa richiesta di energia, dovuta al clima prevalentemente mite che ha ridotto la domanda di gas invernale. I mercati petroliferi sono estremamente sensibili a questi eventi e reagiscono rapidamente aumentando o abbassando i prezzi a seconda della richiesta, se aumenta o diminuisce.

In Italia l'aumento dei prezzi alle pompe i benzina è dovuto principalmente alla mancata disponibilità di denaro dello Stato, cioè a dare fondo a meccanismi di compensazioni inevitabili in questa fase. Sono le misure degli Stati interni, non sempre all'altezza o con risorse disponibili, il problema reale. D’altronde l'inflazione a livelli così alti è tornata nell'economia globale per la prima volta dopo 40 anni. La guerra in Ucraina, oltre ad essere una tragedia fatta di morte e distruzione avrebbe dovuto mettere in discussione le politiche monetarie delle banche centrali perché sta minando ogni possibile crescita e gonfiando l'inflazione, quando era già alta a causa del ritorno alla normalità post pandemia. Ma non si sono visti tentennamenti su questo versante.

I segni di allentamento e positività sul costo dell’energia esistono. Sono dovuti principalmente alla nascita di terminali di gas liquefatto (GNL) spuntati in tutta Europa come alternativa ai gasdotti russi normalmente utilizzati.

“L'importazione di gas naturale liquefatto (GNL)”, spiega l’Unione Europea, “è un modo per diversificare i fornitori e le rotte che l'UE utilizza per ottenere il gas naturale. È diventato particolarmente importante nel contesto dell'invasione russa dell'Ucraina e del piano dell'UE per ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas russo”.

L’aumento delle infrastrutture in grado di permettere le importazioni ha consentito di prendere energia “tra gennaio e settembre 2022, dai maggiori esportatori di GNL verso l'UE che sono stati Stati Uniti (44%), Russia (17%) e Qatar (13%)”. La Francia è stato il più grande importatore di GNL nell'UE, davanti a Spagna e Belgio.

Una variabile questa non irrilevante anche se gli snodi principali restano tutti: le ragioni strutturali alla base dei prezzi elevati rimangono e bisognerebbe che la politica intervenisse su quelle. Ma appare totalmente inerte, condizionata da equilibri che appaiono inamovibili e oltretutto sottomessa all’avanzata senza ritorno delle tecnologie e dell’Intelligenza artificiale da cui dipendono le decisioni dei leader.

Gli interventi preoccupati di un decano della strategia come Henry Kissinger, non certo un pacifista, che continua a chiedere un ritorno agli equilibri pre guerra mettono in luce una mancanza di determinazione dei leader mondiali da lasciare basiti.

Oltre la retorica che anche a fine anno ha potuto allietare anche gli italiani sempre più disillusi sulle capacità delle istituzioni del Belpaese non si fa nulla sulla guerra in Ucraina, poco e niente sulle forniture di gas decimate alla Russia ma anche sulla capacità delle centrali nucleari francesi da cui prende energia mezza Europa, e tra questi l’Italia. I francesi non riescono a rispettare le scorte che devono inviare (il più delle volte per problemi interni, mancanza di energia nel Paese).

Ad oggi i prezzi più bassi possono portare a una maggiore domanda da parte dei consumatori, che a sua volta influenza il prezzo verso l’alto. Ma il quadro dovrebbe in qualche modo restare immutato in attesa di un colpo di reni dei decisori che non arriva. Gli esperti intravedono comunque un contesto positivo, che con grande probabilità si ripeterà nel prossimo inverno 2023/2024, anche grazie agli effetti del Price Cap europeo che fa da tappo all’esplosione dei prezzi.

Va considerato che con queste condizioni conviene produrre energia anche col carbone, come ha spiegato Nomisma Energia. La produzione di elettricità da carbone nei primi 9 mesi del 2022 è aumentata dell'82% rispetto allo stesso periodo del 2021, arrivando a 21 terawattora. Tra temperature miti e consumi contenuti, a parità di temperature stiamo consumando il 15% in meno rispetto al 2021.

Ma siamo stati fortunati. Molti Paesi dispongono ancora di scorte che hanno riempito durante l'estate scorsa. E essendoci i nuovi terminali di gas liquefatto i tutta Europa lo scenario dovrebbe rimanere invariato. Va tenuto però conto del ritorno alla normalità post Covid della Cina e della richiesta di energia in più a Pechino. Che incidenza avrà sul mercato dell’energia il Paese del Dragone?

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