Gedi passa ai greci: l’ultimo atto del divorzio tra Elkann e l’Italia. Tutte le cessioni di Exor e cosa resta degli Agnelli nel Belpaese - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 17:27

Gedi passa ai greci: l’ultimo atto del divorzio tra Elkann e l’Italia. Tutte le cessioni di Exor e cosa resta degli Agnelli nel Belpaese

Da Magneti Marelli a Ferrari, da PartnerRe a Iveco: Elkann continua a dismettere asset italiani e a puntare sul mercato globale

di Elisa Mancini

Exor, Elkann porta Gedi all’estero e chiude un altro capitolo tutto italiano

Con la probabile cessione di Gedi al gruppo greco Antenna Group, attesa nei primi mesi del 2026 e valutata circa 140 milioni di euro, Elkann compie un passo sempre più lontano dall’Italia e sempre più vicino ai mercati globali, perché la vendita di La Stampa, Repubblica, delle radio e delle attività digitali non è solo un'operazione economica, ma l'atto finale di un copione scritto con molta lucidità dal giovane nipote dell'Avvocato.

Non è un fulmine a ciel sereno, ma il tramonto di un ciclo lungo vent’anni, iniziato quando Gianni Agnelli indicò in John il suo successore, e proseguito con la lenta e progressiva trasformazione di Exor, di cui Elkann è diventato presidente nel 2008 e ad nel 2011. Sì perché mentre a Torino restano i ricordi, il cuore del potere si è spostato altrove già da tempo: le sedi legali di Fiat Industrial, FCA, Stellantis ed Exor hanno traslocato da anni nei Paesi Bassi, lasciando all’Italia il solo ruolo di centro operativo periferico, con la stessa Ferrari che mantiene a Maranello solo la sede fiscale. Già da qui era iniziata la metamorfosi di Exor da dinastia industriale tricolore a vera e propria holding multinazionale che guarda al mondo e taglia i rami secchi, o semplicemente troppo "italiani". 

Il disimpegno è stato lento ma costante. Tutto inizia nel 2019 con l'addio a Magneti Marelli, finita nelle mani dei giapponesi di Calsonic Kansei, controllata dal fondo americano KKR, e prosegue nel 2022 con la maxi-vendita del riassicuratore PartnerRe ai francesi di Covéa per 8,6 miliardi. Ma l'accelerazione vera e propria arriva tra il 2024 e il 2025: a luglio dello scorso anno Stellantis cede la maggioranza di Comau al fondo americano One Equity Partners, aprendo la strada a un'uscita totale, a febbraio 2025 Exor vende il 4% di, liberando liquidità per i soci della Giovanni Agnelli BV., mentre quest'estate  Iveco passa a Tata Motors per 3,8 miliardi, mentre Iveco Defence Vehicles viene ceduta a Leonardo per 1,7 miliardi.

E mentre si rincorrono voci sull'offerta di Tether nella Juventus (per ora rifiutata da Elkann) o l'uscita dalle cliniche di Lifenet Healthcare, facendo alcuni conti dal 2022 a oggi, le cessioni di Exor hanno portato nelle casse di Exor oltre 17 miliardi di euro, mentre gli investimenti mirati in salute, tecnologia e asset management sono stati meno di 8 miliardi. Sì perché quei soldi incassati non sono tornati nelle fabbriche italiane, ma piazzati per dare nuova linfa alla holding, creare una Exor più hi-tech e finanziaria: vedi il 45% di Lifenet, l'ingresso in Philips fino al 19%, 1,8 miliardi per l'Institut Mérieux e la creazione a Londra di Lingotto Investment Management. E con 4 miliardi di cassa ancora in pancia, la bussola di John punta decisamente a Ovest, verso quegli Stati Uniti dove siede nel consiglio di Meta e parla di intelligenza artificiale con Sam Altman di OpenAI e Mark Zuckerberg, cercando quel consenso internazionale che lo interessa molto più di quello italiano.

Il disegno di Elkann è chiaro: concentrare risorse su ciò che conta e funziona davvero oggi, e ridurre l’impegno in attività storicamente italiane e forse troppo difficili da sostenere. È vero, sotto la sua guida, il patrimonio della holding in quindici anni è passato da 8 a 42 miliardi, ma c'è anche da notare che nel frattempo del vecchio legame con il Belpaese è rimasto ormai poco, e quel poco non è neanche così gradevole per Elkann,  vedi le questioni ereditarie e i guai fiscali con la madre Margherita. Con la vendita di Gedi si chiude definitivamente il sipario: l’editoria non è più un presidio nazionale, ma un investimento come tanti, dove l'Italia è diventata, a tutti gli effetti, solo un lontano ma dolce ricordo.