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Economia
Generali, le ombre che restano dopo l'informativa in Fondazione Crt
 Massimo Lapucci e Giovanni Quaglia 

La seconda motivazione: i dividendi. Sul punto, viene spiegato, il segretario generale ha commentato che non vi è la certezza che l’erogazione continuerà nel tempo. “Abbiamo chiesto, ma non abbiamo avuto rassicurazioni”, è la frase del vertice che una fonte ha riportato. Il costante flusso cedolare degli investimenti profit delle fondazioni è di vitale importanza per sostenere le erogazioni no profit delle stesse. Ed è così anche in Crt, da dove ogni anno girano al territorio 55 milioni di euro. Da qui, la giusta preoccupazione sul tema da parte di una sana e prudente gestione.

Però citare l’incertezza sui dividendi futuri da parte di quella il banchiere ex presidente del gruppo triestino Cesare Geronzi chiamava “la mucca speciale dalle cento mammelle” per giustificare la necessità di una discontinuità nella governance del Leone è suonato alquanto bizzarro alle orecchie di alcuni consiglieri. Ecco perché: almeno dal 2002 e dal 2010, da quando cioè la fondazione sabauda ha messo piede nel capitale delle Generali con la subholding Effetì in partecipazione col veicolo nordestino Ferak (finanza veneta attualmente socia della compagnia assicurativa con l’1,4%), il gruppo triestino ha costantemente staccato cedole. Da un minimo di 0,2 euro fino all’1,47 euro di quest’anno.

In più, Donnet, che da quando è in sella al Leone, con eccezione del 2020 (anno del Covid), ha progressivamente aumentato l’erogato da 0,8 euro a 1,47 euro a titolo, centrando per ben due volte i target dei business plan, ha promesso ora distribuire cedole per 5,2-5,6 miliardi nell’arco di piano. Il 15,55% in più (se si considera la soglia minima) di quanto versato tra il 2019 e il 2021 (4,5 miliardi). Insomma, lo storytelling, pare quindi non riconosciuto, è dalla parte del top-manager con Venezia nel cuore. 

Ora, è la chiosa che hanno fatto i critici nella Fondazione Crt, se c’è uno schieramento che per giuste e legittime velleità di crescita può sospendere il flusso cedolare per destinare invece le risorse della gestione operativa al grande M&A per recuperare il gap con le concorrenti Axa e Allianz e tornare ai fasti di un tempo, è proprio lo schieramento azionario a fianco del quale il duo Quaglia e Lapucci ha deciso di schierare la fondazione sabauda. Tutto questo, poi, senza considerare l’eventualità di un aumento di capitale, extrema ratio a cui a Trieste, si narra, Mediobanca è sempre stata contraria.

Infine, l’italianità delle Generali, motivazione, pare, tirata in ballo in conclusione di informativa. Secondo il presidente Quaglia, l’intervento del Patto contribuirebbe ad assicurare che in piazza Duca degli Abruzzi a Trieste e sulla Torre Hadid a Milano continui a sventolare il tricolore della Repubblica: con quasi un terzo del capitale del Leone già in mano ad azionisti stabili tutti con passaporto italiano, si tratta di un reale rischio, hanno pensato i consiglieri critici in Crt?

@andreadeugeni

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