Generali, ma quali soci dormienti. E' asse Benetton-Calta-Del Vecchio

Il prossimo 23 giugno saranno 19 anni da quando è scomparso Enrico Cuccia, ma se anche il banchiere fosse ancora in vita difficilmente l’ex numero uno di Mediobanca riconoscerebbe la propria creatura. Che l’era dei salotti buoni e delle azioni che si pesano e non si contano fosse ormai finita l’aveva capito già il suo successore, Vincenzo Maranghi (scomparso nel luglio 2007), che ne prese l’eredità per soli tre anni prima di passare la mano al tandem Renato Pagliaro - Alberto Nagel, a seguito di una “congiura di palazzo” che portò ad un nuovo patto di sindacato in Mediobanca e ad una nuova governance, più in linea coi mutati tempi.

Di quell’era l’unica vestigia rimasta è probabilmente la partecipazione di Mediobanca in Generali Assicurazioni, pari al 13% ma destinata a scendere in un futuro non lontano al 10%. Una quota che un tempo avrebbe garantito a Piazzetta Cuccia di interpretare il ruolo di dominus assoluto ma che oggi ci si chiede quanto possa realmente contare visto la graduale ma costante ascesa dei soci privati, in primis di Francesco Gaetano Caltagirone (arrivato al 5,002% del capitale), Leonardo Del Vecchio (al 4,8% ma intenzionato a proseguire sino al 5%) e dei Benetton (vicini al 4% ed ugualmente disponibili a salire sino al 5% circa).

Francesco Gaetano Caltagirone e Alberto Nagel

Che tra i tre azionisti privati possa esservi una sintonia naturale è evidente dai numeri prima ancora che dalle dichiarazioni: Generali vale in borsa poco più di 27,1 miliardi di euro, dunque le tre partecipazioni equivalgono all’incirca a 1,36 miliardi (Caltagirone), 1,3 miliardi (Del Vecchio) e tra 830 e 1 miliardo di euro (Benetton). Proprio le mosse dei Benetton potrebbero spostare l’equilibrio di forze in seno al Cda di Generali, se non fosse che nella lista per il rinnovo del board proposta da Nagel e che sarà votata dall’assemblea di Trieste il prossimo 7 maggio nessun posto è stato riservato a rappresentanti della famiglia veneta. Ufficialmente da Ponzano non è arriv

Così il “nuovo” Cda del Leone di Trieste nasce già “vecchio”, ha tuonato qualche settimana fa l’ingegner Caltagirone, che ha poi aggiunto: “Il Cda che è stato quasi totalmente riproposto (dalla lista di Mediobanca, ndr) ha operato bene, ma è l’espressione del mondo delle Generali di tre anni. Nel frattempo qualcosa è cambiato con un nuovo azionista (i Benetton, appunto, ndr) che è un peccato, e forse ingiusto, che non sia rappresentato”. Come dire: nulla di personale ragazzi, ma un posto per i Benetton andrà trovato.

Parole che avrebbero subito trovato l’assenso di Del Vecchio e che certamente non sono spiaciute ai Benetton, ma che si scontrano col rischio che l’eventuale sostituzione di un consigliere, ad esempio Lorenzo Pelliccioli (rappresentante del gruppo Boroli-Drago, tuttora socio all’1,8% ma più volte dettosi disponibile ad uscire), avrebbe potuto far ipotizzare un’azione di concerto proprio tra Piazzetta Cuccia e i tre principali azionisti privati.

 

A quel punto con un 28%-30% del capitale “sotto concerto”, vi sarebbe stato il rischio concreto che la Consob obbligasse i quattro a lanciare una costosa Opa sul gruppo triestino. Tanto rumore per nulla? Per il momento pare che da Ponzano Veneto non sia arrivata la richiesta di posti in Cda, ma ad aprile dello scorso anno nel comunicare al mercato il superamento della soglia rilevante del 3%, Edizione Holding ha sottolineato la "propria attitudine di azionista di lungo periodo". Ora, in ambienti finanziari milanesi si sottolinea come i Benetton non intendano per il futuro fare il socio dormiente e non è detto che il velato malumore attuale non possa sfociare, un domani, in una richiesta di modifica della composizione del Cda. 

Più difficile immaginare una nuova “congiura di palazzo” già nell’assemblea della prossima settimana che arrivi a delineare nuovi rapporti tra i soci e produca un terremoto ai vertici di Trieste e, a seguire, di Mediobanca stessa. Dopo tutto, si fa notare sempre nella City milanese, i Benetton fanno affari con la Mediobanca a guida Nagel da anni, essendo anche entrati a dicembre dello scorso anno nell’accordo di consultazione sul 20,73% del capitale di Piazzetta Cuccia col 2,1%, (che però equivale “solo” ad un investimento di poco superiore a 175 milioni). 

Per i Benetton è dunque inutile far salire ulteriormente di tono la polemica, più utile semmai iniziare a guardare a possibili futuri accordi a tre una volta che Nagel avrà collocato il suo 3% di Generali e che Mediobanca peserà quanto il duo Caltagirone-Del Vecchio. Solo a quel punto si potrebbe assistere ad un riassetto dei rapporti di forza in Generali che tenga conto dei mutati tempi. Di certo però sbaglierebbe chi pensasse che i Benetton sono solo un socio dormiente pronto a investire un miliardo di euro solo per stare in un ex “salotto buono”che ormai è una public company.