Economia
Governo, un "pesce freddo" di nome Draghi

Dalle mie parti, parlando di uno come Mario Draghi, si dice che è “un pesce freddo”. Un uomo che funziona a bassa emotività, calcola al millimetro la traiettoria ed è pragmatico fino alla spietatezza. Non soltanto non getta il cuore oltre l’ostacolo, ma forse neppure lo ha. E per questo mi è simpatico. In un mondo di fanciulloni, ecco finalmente un adulto. Nessuno ignora che Draghi è divenuto presidente del Consiglio in un momento assolutamente speciale. Un momento in cui ogni altra soluzione si rivelava impossibile: e questo gli ha dato una grande forza. Lo sa lui e lo sanno anche gli altri: facendo cadere questo governo tutti avranno più problemi che soluzioni.
Draghi ha in mano l’asso di briscola e qui si vede quanto è intelligente: questo straordinario potere, invece di indurlo all’arroganza, lo induce alla prudenza. I partiti non possono dire di no, rischiano continuamente una grande cattiva figura con i loro elettori e lui fa in modo che le decisioni sembrino collegiali. O addirittura un compromesso cui lui si è piegato. Come se gli altri lo avessero sconfitto. Secondo la mia sensazione, Draghi sacrifica tutto alla realtà. Se si rendesse conto che gli è utile passare per un imbecille, cercherebbe di passare per un imbecille. Così crea il minimo di attriti, e quelli che non può evitare da un lato li compensa con degli attriti dall’altro lato, per mostrarsi equanime: “Non vi lamentate, non avete visto come il vostro contraltare ha fatto buon viso a cattivo gioco? Ora è il vostro turno”.
In queste condizioni gli si può pronosticare un completo successo? Purtroppo no. Se è vero che il compromesso è l’essenza della politica, è anche vero che in qualche caso è impossibile. Basta che le uniche risposte siano sì e no, e uno dei due se ne deve tornar a casa con le pive nel sacco. Una donna non può essere un po’ incinta. In secondo luogo, ci si può chiedere se questo compromesso si riuscirà a raggiungerlo per tutte le riforme che ci chiede l’Europa. Il funambolo Draghi è di un’abilità diabolica, ma se qualcuno gli taglia la corda non potrà che cadere. Se l’Europa si accorgesse che la nostra riforma della giustizia non ha riformato niente, non è detto che non ce la farebbe pagare, negandoci i finanziamenti. Forse anche a Bruxelles dicono: “Accà nisciun è fess”.
Ovviamente, qualunque partito provocasse uno sfascio la pagherebbe cara: ma questa prospettiva frena forse gli uomini? Stalin si credeva un furbo di tre cotte e spinse il cinismo fino al patto Ribbentrop-Molotov, col bel risultato che quando Hitler si mosse contro la Russia la trovò impreparata. Oltre che priva di una dirigenza militare che il tiranno aveva fatto fucilare. E Hitler fu forse più furbo di lui? Incurante dell’esperienza di Napoleone, incurante del ritardo nell’inizio della campagna, incurante dei pareri dei suoi esperti consiglieri militari, condusse quella campagna in modo tale da segnare la propria fine. E questi, anche se negativi, sono due giganti del Novecento.
Draghi fa bene a temere tutti e a non voler irritare nessuno: il suo cammino è veramente in salita. La tanto chiacchierata riforma Cartabia in primo luogo è un compromesso; poi è pasticciata; poi entrerà in vigore fra qualche anno (in tempo però per deludere Bruxelles). E infine potrebbe non funzionare. Anche perché non sarebbe stupefacente se i magistrati remassero contro.
Poi la riforma della Pubblica Amministrazione. È vero che ne è incaricato un autentico carro armato come Renato Brunetta, ma veramente possiamo credere che lui, da solo, vincerà contro un milione e passa di impiegati? Uno che tira e un milione di funzionari che frenano? Con i sindacati che abbiamo in Italia? Fra l’altro molti dipendenti dello Stato si danno una comoda giustificazione: “Lo Stato mi paga poco ed io lavoro poco”. Dimenticando che hanno fatto follie, per essere assunti dallo Stato, il top del “posto fisso”. A vita, anche battendo fiacca.
Lo stesso col fisco. Noi abbiamo una tassazione altissima, anche in confronto ai partner europei, perché lo Stato si è caricato di mille incombenze e le tasse assolutamente non può ridurle. Se Draghi tocca i servizi – e i privilegi già accordati – lo mettono al muro. Infatti lui stesso ha detto volenterosamente che è “con tutto il cuore” (if any) a favore del reddito di cittadinanza, mentre personalmente penso che lo giudichi un costoso errore, per il momento intangibile. Se si diminuisce la pressione fiscale, lo Stato va in debito d’ossigeno, e se si elimina una buona parte dell’evasione, si assassineranno tutte le imprese marginali che, in regime “legale”, sballano e chiudono. Con notevoli danni per l’economia. Infatti il pil si realizza sia con le imprese legali sia con quelle illegali.
Un buon esempio è quello dello sfruttamento dei migranti nei campi del sud. Giustamente si parla di piaga del caporalato, di sfruttamento degli ultimi e perfino di schiavismo nei confronti degli africani. Ma siamo sicuri che, rientrando tutto nella legalità, quell’agricoltura funzionerebbe ancora? Forse gli emigranti accettano paghe da fame perché non hanno alternativa e i contadini del sud gli offrono paghe da fame perché neanche loro hanno un’alternativa. A costi legali molti dovrebbero rinunciare alla produzione. Già in Sicilia abbiamo visto i “giardini” con le arance che seccavano sugli alberi, perché raccoglierle costava più di ciò che se ne poteva ricavare. E questo è forse un problema facile da risolvere? In Italia si fanno leggi perfette senza tenere conto della situazione cui si devono applicare. Così ad esempio i “protetti” sono troppo protetti, e i “non-protetti” possono anche morire.
Data l’assoluta specialità della situazione attuale, Draghi forse compirà un miracolo. Ma il fallimento è tutt’altro che escluso e bisognerà dire che, se non ce l’ha fatta il pesce freddo, nessun altro poteva farcela.
Speriamo di trovare posto nella scialuppa di salvataggio.