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Economia
Mediobanca, la guerra per le Generali sale al piano superiore
Da sinistra Leonardo Del Vecchio, Francesco Caltagirone e Alberto Nagel

La guerra per il Leone di Trieste sale di un piano. Dopo quelle in Generali, si aprono ufficialmente le ostilità fra Alberto Nagel e Leonardo Del Vecchio anche a monte in Piazzetta Cuccia. Il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha acceso il disco verde alla richiesta di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea del 28 ottobre presentato da Delfin (primo socio al 18,9% del capitale) per le modifiche allo statuto della merchant per alcune regole di governance relative alla presenza di consiglieri manager nel board afferenti alla lista di maggioranza e all’innalzamento del numero degli amministratori di minoranza da due a quattro, ma su quest’ultimo, il board ha formulato una proposta alternativa, smontando l’impianto teorico di quanto proposto da Delfin, evidenziandone le incoerenze, smascherandone, secondo alcune interpretazioni, le velleità di conquistare tutti i posti disponibili per le liste di minoranza in modo da aumentare la pressione sul management e muovendo delle critiche metodologiche nella richiesta di modifiche in completa “difformità alla prassi ormai consolidata nella interazione tra azionisti e società quotate”.

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Nell’ultimo giorno disponibile per la presentazione delle integrazioni all’ordine del giorno, il board di Piazzetta Cuccia, preallertato da ieri sera per il necessario passaggio pre-assembleare, ha esordito nella propria relazione, stigmatizzando in via preliminare la mancanza di un “engagement preventivo” da parte di Delfin con l'istituto di credito, “ricorrendo direttamente ai soci” e non seguendo il sentiero delle normali dinamiche fra azionisti e management nelle blue chips di Piazza Affari. Dinamiche che prevedono, sottolinea il Cda capitanato da Nagel, “che il socio che intende presentare istanze avvii con la società un dialogo costruttivo e temporalmente coerente con le prerogative degli organi sociali e delle autorità di Vigilanza, ricorrendo direttamente ai soci solo in caso di inerzia o mancato accoglimento”.

Percorso che dunque non è avvenuto e che la dice lunga sullo stato dei rapporti fra l’azionista Delfin e Nagel, per niente improntati sul “confronto costruttivo e continuo” come invece li definiva lo stesso banchiere nell’ultima assemblea. Nel merito, invece, anche perché si tratta di best practice che Piazzetta Cuccia avrebbe introdotto nell’assemblea del 2022 in vista del prossimo rinnovo delle cariche sociali, il banchiere ha condiviso la prima richiesta relativa all'eliminazione del vincolo statutario sulla presenza dei manager in consiglio, (tre consiglieri o due in caso di board pari o inferiore a 13), pur rivendicando come essa “abbia rappresentato e possa anche in futuro rappresentare un punto di forza della governance della banca, per il contributo tecnico al dibattito del consiglio, favorendo l’assunzione di delibere prudenti, indipendenti e informate”, mentre ha bocciato la seconda proposta, che a suo giudizio può tradursi in una minore presenza in consiglio dei rappresentanti degli investitori istituzionali, a favore di quelli di singoli azionisti con quote rilevanti.

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Proprio come Delfin, proiettata al 20% del capitale e che con l’alleato Francesco Caltagirone (sotto il 5%) può contare su un pacchetto di voti di partenza in assemblea che nel caso in cui la gran parte del 50% del capitale in mano agli investitori istituzionali votasse per la lista del Cda e non per quella Assogestioni potrebbe consentire a Del Vecchio di prendere tutti e quattro i posti disponibili nel board. Lasciando fuori i rappresentanti del mercato che costituisce il grosso dell’azionariato (oltre il 50%) della public company Mediobanca.

Riguardo alla richieste di modifica al voto di lista, si legge nella relazione del Cda che Affaritaliani.it pubblica e che evidenzia le contraddizioni della condotta del holding lussemburghese di Del Vecchio, “il Consiglio ritiene che la proposta Delfin, calata nella specificità dell’azionariato di Mediobanca, possa non garantire la rappresentanza degli investitori istituzionali ed appare in contraddizione” rispetto a tre fattori: 1) “All’evoluzione degli assetti proprietari” da public company con forte peso degli istituzionali; 2) “Alla capacità del mercato di monitorare l’andamento della banca, asserita anche dal socio Delfin”; 3) “Al dichiarato obiettivo di Delfin di diversificare ulteriormente la composizione del board aumentando la quota di pertinenza delle minoranze e il numero delle liste rappresentate.

Il board ha quindi elaborato una proposta alternativa, che verrà messa ai voti qualora quella di Del Vecchio venga bocciata, in base alla quale si assegna alle minoranze un numero variabile di amministratori nella misura pari al 20% dei componenti (in linea con la media delle banche italiane), si assicura la presenza alla componente rappresentativa degli investitori istituzionali, riservando almeno un posto alla lista di minoranza meno votata e si riduce dal 5% al 2% del capitale la soglia minima di voti per nominare un amministratore tratto dalla seconda lista di minoranza. 

In tarda serata, con un colpo di scena, Delfin si è detta soddisfatta di aver visto accolte le proprie richieste per migliorare la governance e ha chiesto alla fine di portare all'assemblea solo la controproposta messa a punto dal consiglio della banca. "Finalmente, grazie all'iniziativa di Delfin, si è avviato un percorso volto al miglioramento della governance di Mediobanca", è stato il commento.

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