Economia
Midterm, bene l'hi-tech, dubbi sulle costruzioni. Come cambia WS dopo il voto
Secondo Goldman Sachs, a Wall Street dovrebbero guadagnare terreno i titoli della difesa e i tecnologici, prudenti i finanziari. Scossoni su ciclici e pharma
Le elezioni di medio termine negli Usa non hanno sorpreso gli osservatori politici né gli analisti finanziari: i Democratici hanno recuperato con ampio margine la maggioranza alla Camera dei deputati, mentre i Repubblicani hanno tenuto, anzi rafforzato, la maggioranza al Senato. Un risultato che secondo Goldman Sachs porterà ad un maggiore equilibrio, con l’amministrazione Trump che non riuscirà a fare passare ulteriori grandi riforme fiscali, ma anche coi Democratici che non dovrebbero riuscire a cambiare la riforma voluta da Trump lo scorso anno.
Questo significa, probabilmente, un affievolirsi della crescita del Pil visto che lo stimolo fiscale è destinato a esaurirsi progressivamente, mentre anche a livello di spesa pubblica non dovrebbe cambiare molto, con tetti alla spesa discrezionale che nel 2020 e nel 2021 dovrebbero essere “all’incirca in linea, in termini reali, col tetto alla spesa per il 2019 già approvato quest’anno”.
Semmai qualche contraccolpo potrebbe esservi sul fronte dei progetti infrastrutturali. Infatti sebbene sia Trump sia i Democratici siano favorevoli a maggiori investimenti pubblici, i rispettivi programmi restano abbastanza differenti a livello delle specifiche infrastrutture da potenziare e l’avvicinarsi alle elezioni presidenziali del 2020 renderà meno agevole trovare un accordo. Anche in tema di salute e sistema sanitario potrebbero esservi frizioni, coi Democratici che puntano a limitare il costo dell’assistenza sanitaria, mentre i Repubblicani restano contrari.

Siccome però lo stesso Trump si è già detto favorevole a rivedere la legislazione, secondo Goldman Sachs la pressione sui Repubblicani del Senato potrebbe crescere al punto da indurre ad un compromesso. A Wall Street tutto sommato il risultato elettorale piace, mentre il dollaro, già salito molto nel corso dell’anno sulla scia degli stimoli fiscali di Trump e dei solidi dati macroeconomici che hanno portato la Federal Reserve ad alzare i tassi perde quota, rafforzando la sensazione che forse il meglio in termini di crescita (anche degli utili) possa essersi già visto, cosa che potrebbe rassicurare la Federal Reserve, che così non dovrebbe alzare ulteriormente l’obiettivo finale del suo processo di graduale normalizzazione del costo del denaro negli Usa.
Se per i bond questo potrebbe essere positivo (e infatti il rendimento sul decennale guida si mantiene sotto il 3,2%) agli investitori interessa anche capire chi tra le grandi e piccole corporation americane quotate potrà guadagnarci o perderci di più a fronte del nuovo scenario politico. Una crescita più debole significa una possibile compressione dei multipli borsistici per i settori più ciclici, dai petroliferi agli industriali sino ai titoli dell’editoria e telecomunicazioni, mentre un eventuale accordo bipartisan per ridurre il prezzo dei medicinali potrebbe portare a prese di beneficio sui principali gruppi farmaceutici come Pfizer, Merck e Johnson & Johnson.
Più incerti i contraccolpi per i titoli più legati al commercio con l’estero, visto che è il Senato che tradizionalmente si occupa di politica estera e che Trump non potendo fare molto altro in casa potrebbe essere tentato dal tenere alti i toni retorici nella sua disputa contro la Cina.
L’incertezza sull’effettiva portata del programma di investimenti in infrastrutture potrebbe pesare sui titoli delle costruzioni, ma la convinzione che un compromesso bipartisan non sia del tutto impossibile da trovare dovrebbe fornire sostegno a gruppi come Caterpillar, United Technologies e Honeywell. In compenso i titoli dell’aerospazio e difesa potrebbero come detto trarre beneficio dalla conferma degli attuali livelli di spesa discrezionale. Boeing, ma anche Northrop Grumman e Lockeed Martin potranno dunque tirare un sospiro di sollievo e forse festeggiare la fine dell’anno con un nuovo rally borsistico.
Il vero punto interrogativo restano i titoli high-tech e quelli finanziari: in teoria una crescita in graduale rallentamento e tassi più alti potrebbero essere due effetti contrastanti che andranno a compensarsi sui bilanci dei grandi gruppi finanziari, mentre dovrebbero giocare entrambi a sfavore dei tecnologici. Ma Wall Street in questi mesi ha già punito il settore high-tech, già calato rispetto ai massimi visti la scorsa primavera.
Così indipendentemente da chi siederà a Washington, Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Alphabet (Google) potrebbero tornare a recuperare terreno, tanto più che per molti di loro la performance a 12 mesi appare fin troppo negativa e che tra novembre e dicembre tradizionalmente a Wall Street ripartono i buy-back, mentre i grandi gestori fanno acquisti anche per aggiustare i conti in vista dei bilanci di fine anno.
Luca Spoldi