Economia
Dai miniassegni degli Anni ’70 alle monete complementari di oggi. L'analisi

Al termine degli Anni ‘70 l’Italia viveva un periodo di cronica carenza di “spiccioli”: ricordate che allora il resto veniva dato con caramelle, cioccolatini, francobolli, gettoni telefonici? L’Istituto Bancario San Paolo di Torino, su pressione dell’Associazione dei Commercianti, per primo mise sul mercato degli assegni circolari di dimensione ridotta, che per questo furono chiamati miniassegni, del valore di 50, 100, 150, 200, 250, 300, 350 lire.
Visto il rapido successo incontrato grazie al sollievo dei consumatori, quasi tutte le banche emisero i loro titoli: oggi si calcola che furono oltre 30 gli istituti bancari emittenti e che circolarono quasi mille tipologie diverse di miniassegni per un valore di qualche centinaio di miliardi di lire.
Non solo banche, tra l’altro. Anche i supermercati, come ad esempio Upim La Rinascente, emisero dei buoni merce. E ancora, le autostrade di Venezia, l’Ente Turismo di Genova, lo stabilimento alimentare Star, gli agricoltori di Ferrara ...
Per non “battere moneta”, attività esclusiva della Zecca dello Stato, i miniassegni erano dei veri e propri mini circolari intestati a terzi e già girati. La girata permetteva di scambiarli come moneta. Erano dei buoni che, in sostanza, venivano barattati con una unità di cambio fissa che era determinata dalla lira.
La nascita delle monete complementari attuali ricorda per molti versi la nascita dei miniassegni, anche se le ragioni che impedivano alla Banca Centrale di coniare monete negli Anni ’70 non sono tuttora chiare. Certamente ci furono fattori molteplici e articolati: l’inflazione era fortissima e parallelamente si assisteva all’esplosione dei distributori automatici a moneta, mentre proseguiva quella dei flipper e dei juke-box.
Oggi sappiamo invece con certezza che la moneta complementare ha la funzione precisa di fornire extra liquidità a cittadini e imprese.
"L'esperienza italiana dei mini assegni degli Anni '70 può considerarsi un'antesignana di quello che succede oggi con la moneta complementare – spiega Marco Melega, Ceo di Crevit, moneta complementare italiana - . Sono concettualmente molto simili in quanto buoni a tutti gli effetti. Li emisero infatti non solo le banche, ma anche associazioni e supermercati. Un buono merce cartaceo è oggi superato dalla rivoluzione digitale, che sicuramente offre maggiori garanzie sotto tutti i punti di vista. Inoltre, oggi la tecnologia ha semplificato molto la gestione e l'utilizzo di monete complementari, rendendo disponibile questa possibilità economica a tutti attraverso il web. E' quello che succederà, ad esempio, con la nuova piattaforma Crevit, che sarà online in versione beta il prossimo 5 ottobre, offrendo un potenziale enorme ad aziende e privati”.
Nel 1978 la Zecca fu di nuovo in grado di coniare nuova moneta ed introdusse sul mercato la celebre moneta da 200 Lire.