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Economia
Mps, per lo Stato conto da 5,4 mld. La bad bank 5S fa infuriare i sindacati
LaPresse

Quanto perderebbe lo Stato, primo azionista al Montepaschi, se il Tesoro dovesse vendere tutto il proprio 68,2% oggi, invece che entro il 2021 come concordato con Bruxelles nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale messa a segno nel 2017? I calcoli li hanno fatti gli analisti di Equita Sim, secondo cui “la perdita sarebbe di 5,4 miliardi di euro” (il prezzo medio di carico a cui il Tesoro iscrisse a bilancio la sua partecipazione è di 4,28 euro, a fronte degli 1,419 euro a cui quota il titolo Mps a Piazza Affari), calcoli fatti dopo che "la presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario Carla Ruocco ha proposto, per evitare allo Stato di cristallizzare” il rosso (dopo la vendita del gruppo) “la creazione di uno schema di bad-good bank"

carla ruocco ape
 

In sostanza, uno spezzatino dell'istituto di Rocca Salimbeni (eppure meno di due mesi fa la Ruocco accarezzava ancora la vecchia idea grillina di una Mps al 100% dello Stato, nazionalizzazione totale in funzione banca di sistema per le imprese).

Come? “Si potrebbero - ha spiegato sabato la Ruocco in un'intervista al Sole 24 Ore- cedere le filiali e gli sportelli a uno o più soggetti nazionali, ad esempio alla Popolare di Bari per creare la banca del Sud oppure ad altri istituti, per creare un terzo-quarto player nazionale e trasformare la restante parte di Mps in una bad bank nazionale fondendola anche con Amco. La bad bank nazionale è indispensabile, in quanto la mole di moratorie e nuovi finanziamenti (pari complessivamente a circa 400 miliardi) con molta probabilità si trasformerà in nuovi non performing loan, stimabili in circa 130 miliardi”.

mps
 

Gli analisti di Equita evidenziano che lo schema proposto favorirebbe in maniera decisiva l'exit strategy del Mef, ma secondo Equita "presenta ostacoli difficilmente superabili, a cominciare dal trasferimento delle passività alla good bank rispetto al bad bank che aprirebbe ulteriori fronti legali anche alla luce delle recenti emissioni effettuate dalla banca. L’alternativa sarebbe quella, per lo Stato, di farsi carico dei rischi legali della banca, soluzione che presenta costi diretti (vedi entità delle cause miliardarie) e indiretti (onere trasferito sui contribuenti) molto elevati".

La proposta dell’ex presidente della Commissione Finanze della Camera ha però trovato la contrarierà dei sindacati. ”La Segreteria Nazionale Uilca e il Coordinamento Uilca del Monte dei Paschi di Siena sono fermamente contrari alle proposte avanzate nei giorni scorsi dalla presidente della Commissione d'inchiesta sulle banche sull'ipotesi di uno smembramento dell'Istituto toscano”, ha tuonato infatti Massimo Masi, segretario generale della Uilca (la sigla che rappresenta i lavoratori del credito aderenti alla Uil), puntualizzando che "noi siamo, e lo ribadiamo nuovamente e con forza, a favore del risanamento e del rilancio della banca senese. Lo dobbiamo alle lavoratrici e ai lavoratori che in questi anni hanno dimostrato un attaccamento incredibile alla propria azienda; ai milioni di clienti della banca e all'economia del nostro Paese".

"L'ipotesi di conferire alla Banca Popolare di Bari, che tra l'altro non ha ancora completato il proprio iter di risanamento, le filiali del Sud del Monte dei Paschi di Siena - ha continuato il sindacalista - ci vede perplessi e contrari: la nuova Banca Popolare di Bari dovrà, come abbiamo detto più  volte, essere aggregatrice delle realtà bancarie del Sud. Siamo convinti quindi della necessità di una proposta, possibilmente da parte di banche italiane, volta a dar vita al terzo polo bancario nazionale, alla stregua di quello che sta accadendo in Spagna”.

"La politica e il Governo devono saper affrontare questa situazione anche con proposte innovative e non solo con le solite politiche di retroguardia. Già in passato, in occasione della fusione tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza, avallata dal governatore del Veneto Luca Zaia, abbiamo avuto modo di constatare come da due debolezze non possa nascere una banca forte. E la storia, purtroppo, ci ha dato ragione", ha concluso Masi.

 

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