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Enel, presentato lo studio sul ruolo strategico dell’idroelettrico per l’Italia
Bernabei (Enel): "Lo studio mette in risalto che l’attuale incertezza normativa sulle concessioni sta ritardando fino a 6 anni investimenti necessari per tutto il sistema"

Enel, presentato al Forum TEHA lo studio sull’idroelettrico come pilastro della sicurezza energetica nazionale
Il futuro dell’idroelettrico in Italia, fonte storica e centrale per il sistema energetico nazionale, dipende in larga misura dal quadro normativo e regolatorio legato alle concessioni. Diventa dunque imprescindibile definire regole chiare e stabili che consentano di stimolare nuovi investimenti e di rafforzare il ruolo di questa risorsa come prima fonte rinnovabile del Paese, a garanzia della sicurezza energetica, della sostenibilità ambientale e della crescita industriale. Obiettivi raggiungibili solo a condizione che vengano superate le attuali complessità regolatorie e che venga pienamente valorizzato un asset strategico per l’Italia. In tale direzione assume importanza il tema della gestione delle concessioni, che richiede un’attenta valutazione di tutte le opzioni disponibili.
Accanto alle tre strade oggi previste dalla normativa – gare dirette, società miste e partenariato pubblico-privato – lo Studio introduce la possibilità di una nuova soluzione, la cosiddetta “quarta via”, che prevede la riassegnazione delle concessioni agli attuali gestori attraverso un rinnovo o una rimodulazione delle condizioni di esercizio, subordinata alla presentazione di un piano industriale e a una revisione complessiva ed equilibrata del sistema dei canoni.
Questa prospettiva emerge dall’analisi contenuta nello Studio “Energia dall’acqua, forza e sicurezza del Paese: il ruolo strategico dell’idroelettrico per l’Italia”, curato da TEHA in collaborazione con Enel e presentato in anteprima durante la 51ª edizione del Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di TEHA, in una conferenza stampa a cui hanno partecipato Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House – Ambrosetti e TEHA Group, Salvatore Bernabei, Head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel, e Guido Bortoni, Presidente di CESI ed ex Capo Dipartimento Energia del Governo Italiano, nonché già Presidente di ARERA.
Nel corso della presentazione, Salvatore Bernabei ha sottolineato che “lo studio evidenzia come il settore idroelettrico rappresenti un pilastro per la sicurezza energetica del Paese e per questo vanno create le giuste condizioni per il suo sviluppo. Si tratta di una tecnologia a prevalenza di costi fissi, che richiede elevate competenze tecniche, capitali ingenti sia in fase iniziale che di mantenimento, e presenta quindi lunghi tempi di ritorno dell’investimento. A questi costi si sommano poi i canoni, che negli ultimi anni sono aumentati fino a sei volte. La produzione idroelettrica è inoltre caratterizzata da una importante variabilità, con periodi di siccità sempre più frequenti che impattano fortemente sulla produzione. Lo studio mette in risalto che l’attuale incertezza normativa sulle concessioni sta ritardando fino a 6 anni, investimenti necessari per tutto il sistema”.
Dal canto suo, Lorenzo Tavazzi ha evidenziato che “per l’Italia l’idroelettrico rappresenta una tecnologia strategica, coprendo circa il 15% dei consumi elettrici nazionali. La sua valenza non è solo di carattere energetico, socio-ambientale ma anche industriale, infatti l’idroelettrico attiva una filiera tecnologica complessa, dal valore di oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export”.
L’idroelettrico, che da più di un secolo costituisce una colonna portante del sistema energetico nazionale, acquisisce oggi un ruolo ancora più strategico alla luce dell’intensificarsi dei cambiamenti climatici e delle incertezze geopolitiche. Con 22,9 GW di potenza installata, l’Italia si colloca al terzo posto in Europa, dietro soltanto a Norvegia e Francia. Nel 2024 la produzione ha raggiunto oltre 53 TWh, coprendo il 15% dei consumi elettrici complessivi e il 46% della generazione da fonti rinnovabili, confermandosi così la principale fonte “verde” del Paese. Oltre a contribuire alla stabilità e alla flessibilità della rete elettrica, questa tecnologia si distingue per la ridotta intensità carbonica e per una minore dipendenza da materie prime critiche, risultando quindi più resiliente agli shock esterni. Il suo impatto positivo riguarda anche la gestione delle risorse idriche, riducendo i rischi legati a piene e siccità.
Il settore genera inoltre un indotto industriale e tecnologico rilevante, valutato in oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export. La filiera, che comprende circa 150 tecnologie, vede l’Italia tra i primi tre produttori europei nel 70% di esse, e costituisce quindi anche un importante motore di competitività industriale e di occupazione qualificata, con competenze che spaziano dalle turbine idrauliche fino alle apparecchiature di rete.
Tuttavia, lo studio mette in evidenza una criticità significativa: l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029. In assenza di un intervento rapido che dia certezza normativa e regolatoria, il rischio è quello di un rinvio degli investimenti di almeno sei anni, con conseguenze negative sulla capacità produttiva, sulla sicurezza energetica e sulla competitività industriale e occupazionale del Paese. La situazione si inserisce in un contesto europeo caratterizzato da un approccio asimmetrico: l’Italia è infatti l’unico Stato ad aver aperto in maniera così ampia il proprio mercato, mentre altri Paesi hanno mantenuto assetti più protettivi, con concessioni di durata superiore ai 40 anni previsti in Italia, arrivando fino a 75 anni in Francia e senza limiti temporali in Norvegia e Svezia. Nonostante la Commissione europea avesse avviato nel 2019 una procedura di infrazione contro l’Italia, il procedimento è stato successivamente archiviato, considerandolo non prioritario.
Alla luce della prossima scadenza delle concessioni, lo studio analizza in dettaglio le possibilità di riassegnazione. Secondo la normativa attuale, esse possono avvenire attraverso procedure competitive, società miste pubblico-private o partenariati pubblico-privati. A queste si aggiunge l’ipotesi di una “quarta via”, basata sul rinnovo o sulla rimodulazione delle condizioni di esercizio a fronte di un piano industriale, accompagnata da un riequilibrio del sistema dei canoni.
Secondo lo studio, questa soluzione potrebbe garantire un migliore equilibrio tra efficienza, stabilità, competitività e sostenibilità, abilitando investimenti fino a 16 miliardi di euro aggiuntivi rispetto allo scenario attuale. I benefici sarebbero tangibili: un incremento della produzione idroelettrica del 5-10%, una riduzione delle emissioni di CO₂ fino a 4,5 milioni di tonnellate, un aumento di 2 punti percentuali della quota rinnovabile nel mix elettrico, risparmi per la collettività stimati in 1,1 miliardi di euro, un contributo di 18,5 miliardi di euro al PIL e la creazione di circa 20.800 nuovi posti di lavoro, con la salvaguardia di quelli già esistenti.
Lo studio sottolinea anche che, tra le soluzioni già oggi previste, il Partenariato Pubblico-Privato (Project Finance) si distingue per la qualità e l’efficienza del processo. In questo modello, il progetto industriale è elaborato dal proponente privato, riducendo per i soggetti pubblici l’onere della predisposizione tecnica e accelerando i tempi di selezione delle proposte.
L’adozione della “quarta via” o, in alternativa, di un modello di PPP, accompagnata da una riforma equilibrata dei canoni, rappresenterebbe un’occasione concreta per rilanciare il comparto idroelettrico, valorizzando il ruolo delle Regioni e delle Province Autonome e favorendo investimenti decisivi per la transizione energetica e per la sicurezza del sistema nazionale.