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Misurabilità ESG, un nuovo approccio nel libro di Dal Fabbro

Misurabilità ESG, Luca Dal Fabbro pone l'accento sull'importanza di trovare una misura univoca della sostenibilità

In un periodo storico come quello in cui stiamo vivendo, nel quale istituzioni e imprese stanno investendo enormi risorse, materiali e immateriali, nella transizione ecologica ed energetica, con l’obiettivo di traghettare la società verso un modello di economia più sostenibile, diventa fondamentale discernere le attività che sono realmente sostenibili da quelle che, invece, lo sono solo in apparenza. La stessa notizia di pochi giorni fa relativa alle indagini aperte dalla Polizia tedesca a carico di Deutsche Bank per greenwashing inizia a far capire a tutti che il tema della sostenibilità è molto serio e importante e come tale va affrontato da ogni impresa, al fine di evitare pesanti ripercussioni anche sui risultati finanziari.

Quando un’azienda si può definire sostenibile? La spiegazione di Luca Dal Fabbro

Luca Dal Fabbro, presidente dell’istituto di ricerca ESG European Institute, nonché manager di lungo corso nelle principali aziende di utilities italiane (Iren, Enel, E.ON, Snam), da alcuni anni sta promuovendo la diffusione di concetti relativi all’Economia Circolare e alla Sostenibilità aziendale, con lavori di ricerca e convegni atti a coinvolgere imprese, cittadini e istituzioni. Come ci spiega Dal Fabbro, il concetto di sostenibilità di un'impresa si è notevolmente evoluto negli ultimi decenni e si tende a ritenere sostenibile ogni attività che possa produrre effetti positivi sull’ambiente, sull’economia e sulle comunità che sono coinvolte, internamente ed esternamente, con le attività aziendali. Per tenere in considerazione tutti questi aspetti della sostenibilità è nato il concetto di ESG che è l’acronimo di Environmental, Social e Governance, che sono i tre ambiti chiave su cui analizzare la sostenibilità di un’azienda.

Quando si parla di sostenibilità, oggi, ci si riferisce quindi non solo alla sostenibilità ambientale, ormai considerata quasi una conditio sine qua non, ma si considera anche l'impegno dell'azienda nel migliorare lo stato di benessere dei propri dipendenti e delle comunità, combattendo discriminazioni e collaborando ad un benessere collettivo che vada oltre il solo concetto finanziario del termine benessere. Il concetto di ESG, dunque, è la naturale evoluzione della teorizzazione della responsabilità sociale d'impresa (CSR), che viene meglio scomposta per essere più facilmente analizzata e misurata.

Conviene investire in Sostenibilità?

Uno dei punti chiave dell'intero dibattito relativo agli investimenti in sostenibilità è la loro convenienza. Troppo spesso, infatti, si tende a guardare la sostenibilità come un'antagonista del profitto, quasi che le due entità non possano coesistere. Questo è, probabilmente, il più grande scoglio culturale da superare e abbattere se si vuole davvero dare una svolta all'economia mondiale, orientando l'intero sistema produttivo verso un modello più sostenibile e circolare. Sostenibilità e profitto possono coesistere. Anzi, le recenti sfide imposte dal climate change e dalla crisi energetica internazionale stanno dimostrando a tutti come le aziende che non abbiano investito negli anni in riqualificazione energetica stiano vivendo maggiori difficoltà e rischino addirittura l’interruzione delle attività produttive per la crescita fuori controllo dei costi energetici.

Gli investimenti in efficienza energetica e rinnovabili sono solo una parte degli investimenti in sostenibilità, ma probabilmente sono quelli che richiedono maggiori risorse economiche e per i quali, fortunatamente, esistono varie forme di incentivi statali di cui poter beneficiare. Per tutti gli altri interventi, soprattutto quelli attuati nell’ambito del Social e della Governance, la sfida è più manageriale e organizzativa e richiede competenze specifiche da allocare in nuove figure quadro manageriali che sappiano guidare internamente il cambiamento verso la sostenibilità.

La normativa vigente in tema di Risultati Non Finanziari

Oltre ad un tema di convenienza diretta su profitti e processi, c’è un ulteriore tema da non sottovalutare, ovvero il rispetto delle normative. Su questo fronte, anche la normativa europea sta evolvendo e sta normando nell’ambito della rendicontazione dei risultati non finanziari delle aziende. La direttiva NFRD, Non Financial Reporting Directive, impone già alle grandi aziende, inclusi gruppi assicurativi e bancari, di produrre dei report, da affiancare ai bilanci finanziari, relativamente alla compliance ESG, ovvero del rispetto dei parametri di sostenibilità ESG. L’eventuale compliance ai criteri ESG, inoltre, non è solo un vessillo da esibire con gli stakeholders, ma diviene a pieno titolo un lasciapassare per accedere a canali di finanziamento nuovi e diversi, ovvero fondi di investimento ESG, secondo la classificazione della nuova normativa SFDR. Tali fondi, conosciuti anche con Fondi ex articolo 8 e 9, permettono alle aziende di accedere a capitali nuovi a condizioni più vantaggiose e, allo stesso tempo, consentono agli investitori di ottenere maggiori garanzie di eticità dei propri investimenti, oltre a sicurezza e remunerazione. A questo punto diventa chiaro quanto la compliance ESG non sia più soltanto un’attestazione di merito, ma un vero visto per nuove importanti opportunità di crescita.

L'importanza della misurazione della sostenibilità

Dare una misura precisa della sostenibilità di un'azienda e dunque del rispetto dei parametri ESG (ESG compliance) diviene quindi essenziale per una valutazione interna ed esterna del grado di sostenibilità e degli eventuali miglioramenti. Il vero problema, allo stato attuale dei fatti, è che la compliance ESG non viene ottenuta con uno strumento univoco, ma si può decidere quale framework di misura utilizzare, tra i vari standard presenti a livello internazionale. Questo comporta che alcune aziende possano risultare compliant se analizzate con uno standard e non compliant se analizzate con un altro, e questa situazione diventa paradossale.

La presenza di disomogeneità in questi standard ha spinto l’ESG European Institute, presieduto da Luca Dal Fabbro, ad avviare una profonda analisi del quadro attuale degli strumenti di misurazione ESG. Troppi standard, infatti, fanno riferimento ad aspetti materialistici e specifici del settore preso in analisi, rendendo di fatto difficili da comparare aziende che operano in campi differenti. L’obiettivo invece del lavoro dell’ESG European Institute, i cui risultati sono contenuti nel nuovo libro “ESG. La Misurazione della Sostenibilità”, edito da Rubbettino Editore (2022) è proprio quello di provare a trovare un approccio maggiormente concentrato sui parametri sector agnostic e comuni a tutte le realtà aziendali. Solo concentrandosi su fattori applicabili a tutte le imprese, infatti, diventa possibile dare una misura univoca della sostenibilità, facilmente comparabile anche tra aziende che operano in settori diversi tra loro.

I 21 fattori ESG univoci

Entrando nel merito dei risultati dello studio dell’ESG European Institute, i ricercatori hanno individuato 21 fattori sector agnostic comuni a tutti gli standard più diffusi, che consentono quindi di produrre una rendicontazione non finanziaria oggettiva e comune a tutte le aziende. L’utilizzo quindi di uno strumento universale può apportare maggiore chiarezza sia per le aziende che per gli investitori. Anche la Commissione Europea si è resa conto di questa disomogeneità e, negli scorsi mesi, ha avviato un processo di analisi degli standard ESG esistenti, al fine di produrre delle normative più specifiche che contrastino fenomeni di ambiguità e di greenwashing, esattamente come si propone di fare l’ESG European Institute.

Compliance ESG integrata e trasparente per investimenti più sostenibili

Se la normativa europea finalmente evolverà verso standard univoci di rendicontazione ESG, come il metodo proposto nel libro curato da Dal Fabbro, sarà più facile discernere le aziende realmente sostenibili da quelle che usano la sostenibilità solo come leva promozionale. Questo porterà gli investitori ad allocare meglio gli investimenti, indirizzando più rapidamente l’economia verso quella transizione ecologica tanto auspicata, e verso un modello di economia sempre più circolare, che produrrà benefici non solo sul clima e sull'ambiente, ma anche sulle persone e sulle comunità.

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