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Sorgenia, presentati i primi risultati del progetto #RigeneraBoschi: gestione sostenibile per foreste più forti e resilienti
De Censi (Sorgenia): "Oggi l’azienda dispone di risultati per capire come gli ecosistemi reagiscono agli stress climatici per affrontare meglio emergenze legate a cambiamento climatico e incendi"



Sorgenia, diffusi i primi risultati del progetto #RigeneraBoschi realizzato dall’Università degli Studi di Milano: utilizzati gli innovativi sensori Tree Talker
Resi noti i primi risultati del progetto #RigeneraBoschi, promosso da Sorgenia e realizzato dall’Università degli Studi di Milano: confermano l’andamento positivo della gestione sostenibile dei boschi, che favorisce la crescita e la resilienza degli alberi rispetto alle aree lasciate a libera evoluzione, soprattutto in condizioni di stress climatico.
Il progetto, coordinato dal professor Giorgio Vacchiano, docente di Gestione e Pianificazione Forestale, utilizza gli innovativi sensori Tree Talker, dispositivi grandi quanto uno smartphone applicati ai tronchi per rilevare ogni ora parametri vitali come accrescimento del diametro, flusso linfatico, attività fotosintetica e stabilità meccanica. In totale sono 36 i sensori installati in cinque boschi italiani, individuati con la collaborazione di PEFC Italia: il Parco Nord Milano (Lombardia), il Bosco di Forlì-Bertinoro dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero (Emilia-Romagna), l’Unione dei Comuni montana Colline Metallifere (Toscana), il Parco naturale regionale Bosco Incoronata (Puglia) e il Parco Nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata.
In ciascun sito i sensori sono stati posizionati in due aree: una lasciata a crescita spontanea e l’altra gestita con interventi calibrati in base alle caratteristiche ecologiche e ai benefici ambientali e sociali attesi. Il report non include ancora i dati dell’area toscana, dove la gestione è programmata per novembre, rendendo per ora impossibile un confronto diretto.
Dalle oltre 7.000 ore di monitoraggio per sito emergono dati significativi. In quattro aree su cinque, gli alberi gestiti crescono di più: il massimo incremento è stato registrato nel Parco del Pollino, con un +43% su base annua. Inoltre, gli alberi gestiti risultano più stabili e resistenti agli stress ambientali: oscillano meno in caso di caldo e siccità, mostrando una maggiore resilienza. Fa eccezione il bosco dell’Incoronata, in Puglia, dove le piante crescono meno nella zona gestita. Una dinamica complessa che, secondo le prime ipotesi, potrebbe essere legata alla presenza di eucalipti invasivi nella parte gestita, i quali rallenterebbero la crescita delle querce autoctone. Saranno necessarie ulteriori indagini per confermare o meno questa spiegazione.
Il monitoraggio evidenzia anche come la gestione selvicolturale possa agire da medicina preventiva per i boschi. A Forlì-Bertinoro, ad esempio, il diradamento selettivo ha ridotto la competizione tra pini neri, che hanno mostrato una crescita superiore nell’area gestita. “È come togliere persone da una stanza sovraffollata: chi rimane respira meglio e ha più spazio per muoversi”, ha spiegato Vacchiano, sottolineando che ridurre la densità arborea non impoverisce il bosco, ma ne rafforza la struttura, favorendo chiome più ampie, radici robuste e maggiore resistenza agli eventi estremi.
Per quanto riguarda il flusso linfatico, i dati confermano andamenti stagionali: picchi in primavera con velocità di 30-40 cm/ora e rallentamenti estivi dovuti alla siccità. L’effetto della gestione varia in base al contesto: nelle aree con buona disponibilità idrica, come il Pollino, gli alberi gestiti mantengono flussi più costanti; nei siti più aridi, invece, la maggiore luce può tradursi in maggiore vulnerabilità.
Sul fronte della fotosintesi, gestito e non gestito mostrano andamenti simili, ma nei boschi gestiti l’attività fotosintetica tende a essere più alta in estate, migliorando le condizioni generali delle piante. Anche qui si registra un’eccezione: a Forlì, il bosco non gestito mostra un rapporto luce/fotosintesi migliore in estate, probabilmente grazie all’ombra che mitiga lo stress idrico, mentre l’eccessiva apertura del gestito potrebbe favorire la siccità.
Le prime evidenze confermano dunque che ogni bosco richiede interventi specifici, calibrati in base al contesto ecologico, alla disponibilità d’acqua e alla composizione vegetale. L’obiettivo è sviluppare linee guida adattative per massimizzare i benefici della gestione e ridurne gli impatti in un’ottica di sostenibilità a lungo termine.
Il monitoraggio proseguirà nei prossimi anni, coprendo più cicli stagionali e integrando i dati dei Tree Talker con analisi meteorologiche, del suolo e del carbonio. L’espansione della rete di rilevamento e l’affinamento degli algoritmi di analisi permetteranno di chiarire le cause delle eccezioni e ridefinire i protocolli di ricerca, contribuendo a una migliore comprensione del ruolo della gestione forestale nella lotta al cambiamento climatico.
Michele De Censi, Amministratore Delegato di Sorgenia, ha spiegato che: “A un anno dall’avvio di #RigeneraBoschi, i dati raccolti e analizzati ci restituiscono una prima fotografia dello stato di salute di alcune delle nostre foreste. Oggi l’azienda dispone di risultati che saranno affinati nelle fasi successive per capire come gli ecosistemi reagiscono agli stress climatici, così da fornire un contributo per affrontare meglio emergenze legate a cambiamento climatico e incendi”. De Censi ha sottolineato inoltre che, oltre alla dimensione scientifica, Sorgenia “continua a lavorare a stretto contatto con le scuole in attività di educazione ambientale rivolte ai ragazzi”, considerate un’occasione preziosa per incontrare le comunità locali e accrescere la consapevolezza collettiva sul ruolo delle foreste nella vita quotidiana.
Giorgio Vacchiano, docente di Gestione e Pianificazione Forestale all’Università di Milano, ha spiegato che: “Le eccezioni e i dati incerti non devono spaventare: fanno parte della normale complessità ecologica e indicano dove concentrare nuove ricerche”. Ha osservato che la gestione forestale tradizionale deve adattarsi a pressioni climatiche inedite, affermando: “Solo con un approccio flessibile e adattativo potremo garantire boschi resilienti anche in futuro”. Vacchiano ha sottolineato come, per la prima volta, sia possibile incrociare dati su crescita, fotosintesi, flusso linfatico e oscillazioni del fusto, ottenendo così uno sguardo integrato capace di anticipare le risposte dei boschi al cambiamento climatico.
Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia e partner del progetto, ha concluso che lo studio conferma scientificamente come una selvicoltura “climaticamente intelligente” sia utile sia all’uomo sia alla stabilità del bosco. Ha ricordato che un bosco abbandonato è più soggetto a frane e incendi ed è poco ospitale, mentre uno gestito con cura e tagli pianificati da esperti è più resistente, produce materie prime e offre maggiori opportunità di fruizione turistica e ricreativa. Per Brunori, la multifunzionalità è la scelta più adatta per valorizzare e tutelare il patrimonio forestale italiano.