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Economia
Novartis, impegnati a sostenere il SSN Italia fanalino di coda nella ricerca
Pasquale Frega, Country President e Amministratore Delegato di Novartis Farma

Pandemia, un anno da dimenticare, per le vittime, i malati, l’economia a rotoli a livello mondiale. Un anno che ha mostrato da un lato tutte le criticità  e le diseguaglianze sociali nel mondo e dall’altro la forza e la capacità di ricerca espressa da quelle che vengono impropriamente chiamate BIG Pharma, le grandi multinazionali che, a livello globale, operano per la salute. Da una parte viste come le salvatrici e dall’altra contestate per l’idea che vogliano fare solo profitto.

Su questo e altro ne parliamo con Pasquale Frega, Country President di Novartis Italia e AD di Novartis Pharma. Con circa 2.330 collaboratori, in Italia Novartis è una delle maggiori aziende del settore farmaceutico, con una solida leadership nell’ambito delle terapie più innovative e in quello dei farmaci equivalenti e biosimilari. Nel panorama nazionale è tra le aziende maggiormente impegnate nella Ricerca & Sviluppo, in particolare nelle attività di sviluppo clinico, area nella quale ha in previsione un investimento di 250 milioni di euro nel prossimo triennio.

Presidente vi considerate salvatori o profittatori in questa pandemia?

“Credo che tutti possano concordare che il nostro lavoro abbia avuto un impatto positivo sull’umanità. Senza il nostro impegno in termini di uomini, knowledge e tecnologie oggi saremmo ancora nel mezzo della pandemia e al collasso economico dei sistemi industriali. Ed allora con questa premessa ritengo accettabile che le aziende possano fare profitti pur con la consapevolezza morale di aver messo sul mercato vaccini a prezzi sostenibili”

Come Novartis è stata impegnata in questo anno?

“Innanzitutto abbiamo siglato due accordi con Pfizer-Biontech e Curavac in Svizzera ed Austria per la produzione di quantità ingenti di vaccino . Poi insieme a due importanti coalizioni europee ed internazionali ci siamo impegnati a collaborare per lo sviluppo di farmaci antivirali per la lotta al Covid-19 mettendo a disposizione le nostre librerie scientifiche. Insomma siamo nel cuore della battaglia.

Siamo anche molto coinvolti su un altro versante importantissimo: quello della assistenza ai pazienti che trattiamo ogni giorno. Sappiamo tutti quanto grave sia stato il 2020 non solo per il virus ma per i milioni di visite ed esami  annullati con il SSN al collasso. Per questo abbiamo rafforzato il nostro impegno sull’home delivery soprattutto per quanto riguarda le terapie salvavita.

In linea con la nostra idea di CSR abbiamo donato quattro ambulanze per il Covid, 1 unità trasfusionale mobile per la Croce Rossa Italiana e 1 milione di euro alla Regione Campania nel pieno della crisi pandemica”.

Avete anche programmi di più ampio respiro?

“Certamente. Ci tengo a ricordarne uno che è quello focalizzato a risvegliare la cultura scientifica nel nostro paese denominato “Scienza da vivere”. Abbiamo visto che tra gli italiani c’è ancora poca conoscenza e poca fiducia nella scienza ufficiale. Soprattutto nella prima fase molti erano restii al vaccino e in diversi casi anche negazionisti ed allora, in collaborazione con il Ministero della Cultura, stiamo cercando di accrescere l’alfabetizzazione scientifica del cittadino italiano”.

Perchè l’Italia non riesce a sostenere la ricerca  di un vaccino nazionale?

“E’ inutile ricordare che siamo il fanalino di coda nella ricerca al livello europeo e tra i paesi industrializzati. Il nostro 1,4% sul GDP non può competere con il 3,4% della Germania e il 4,1% di Israele ad esempio. La cultura scientifica anche nel mondo politico non è sufficiente. Vengono i brividi a pensare di come la prima azienda italiana che aveva fatto un test sul Covid-19 sia finita in un ciclone mediatico senza fine e soprattutto senza sbocco.Il Governo precedente è stato miope con un approccio a volte antindustriale.

Vorrei ricordare che gli Stati Uniti hanno sostenuto le farmaceutiche americane con milioni di dollari, così come hanno fatto Gran Bretagna e Germania. Da noi Reitera avrebbe dovuto finanziarsi la ricerca con soldi propri e solo dopo, in un secondo tempo, avrebbe (forse) ottenuto gli aiuti del Governo. Una sorta di  rimborso spese. Inaccettabile. E’ utile, purtroppo, ricordare che l’Italia è l’unico paese europeo a non avere una sua produzione sul territorio nazionale per quanto riguarda la ricerca sul Covid-19.

E il 2021 vi vedrà impegnati dove?

“Continueremo a lavorare nello sviluppo di terapie innovative dove penso avremo buone novità. Ricordo che Novartis ha una delle pipeline più innovative al mondo. E sarà sempre alto il nostro impegno nel sostenere il sistema sanitario nazionale. Soprattutto adesso con i sostegni economici del Recovery Plan è importante sviluppare sempre più il rapporto pubblico/privato. Noi vogliamo essere a disposizione del Paese per migliorare il sistema di cure nella direzione indicata dal Governo”.    

 

 

 

 

 

 

 

   

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